Capitolo 6

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«Pronto»
«Allora sei viva» rispose una voce bassa e calda, piacevole.
«Chi parla?»
«Derek, tuo fratello» provai a parlare, ma non riuscii a dire nulla, non riuscivo ad emettere alcun suono.
«Ci sei ancora?»
«Sì, quando possiamo incontrarci?»
«Non ora, non è sicuro per te, so che stai da Deaton...»
«Sì, è come uno zio per me, perché non è sicuro?»
«Non avrei nemmeno dovuto chiamarti...» come se nulla fosse dopo aver sospirato chiuse la chiamata.

Una carezza...
Mi svegliai di soprassalto. La finestra era aperta e le tende svolazzavano al leggero vento, avevo i capelli sparsi sul cuscino, ma una ciocca era ben sistemata dietro l'orecchio, avevo il telefono ancora in mano e quasi scarico. La mia fronte era imperlata di sudore, andai in bagno a sciacquarmi il viso.
Tornata in camera la finestra era chiusa, le coperte ordinatamente ripiegate in fondo al letto e il telefono in carica.
Non ricordavo nulla di quello che era successo, ma il nome di mio fratello continuava a ronzarmi in testa.

Venni "svegliata" dal suono di un clacson. Avevo passato tutta la notte a girarmi e rigirarmi. Mi preparai e una volta scesa non trovai Scott e Stiles sulla solita jeep, ma un'auto sportiva nera.
«Dai, ti accompagno io a scuola, sali, ma attenta ai sedili sono in pelle!» Peter aveva sporto la testa fuori dal finestrino.
«Preferisco andare a piedi, ma grazie.» con passo svelto iniziai a camminare in direzione scuola mentre mio zio mi seguiva in auto.
«Dai non fare la bambina!» strinse il pugno, sapevo cosa fosse, ma non mi importava, non mi faceva paura.
«Non accetto passaggi né da sconosciuti né da persone poco raccomandabili.»
«Quale dei due sarei?»
«Entrambi?» alzai le spalle. Lo sentii sbuffare qualcosa o meglio qualcuno, Peter, mi prese di peso e mi caricò nella sua macchina al lato passeggero.
«Questo è rapimento!»
«Allacciati la cintura e chiudi quella bocca.»
«Apri lo sportello.» aveva messo la sicura per non aprirlo da dentro.
«Non posso farci nulla se non sai aprire una portiera.» un fastidioso ghigno si dipinse sul suo volto.
«Oh, so aprirla, ma non ti piacerà affatto e poi dovresti comprare un finestrino nuovo.» inchiodò all'improvviso.
«Devo solo farti vedere una cosa di famiglia, ma se proprio non vuoi tu riporto a scuola.» strinse le mani sul volante, aveva le vene gonfie a fior di pelle.
«Di cosa si tratta?»
«Lo vedrai.» i suoi occhi cambiarono colore per un solo momento, poi tornarono scuri.

La professoressa di biologia, la signora Martin, stava spiegando qualcosa sul metabolismo cellulare aerobico. Scott e Stiles, seduti allo stesso banco, ascoltavano annoiati.
Isaac lanciò un biglietto sul loro banco.
Avete visto Victoria oggi a scuola?
Stiles si girò.
«No, quando siamo passati a prenderla Deaton ha detto che era già uscita perché voleva venire a piedi o una cosa così.»
«Ma arrivati a scuola non l'abbiamo trovata.» si girò Scott.
«Non mi piace la cosa, non è mai stata la ragazza che marina la scuola.» continuò Stiles.
«Non lo puoi sapere, l'ultima volta che l'abbiamo vista aveva 6 anni.» controbattè Scott.
«Okay, grazie ragazzi.» rispose Isaac tornando a guardare il libro di biologia come se fosse la cosa più interessante che ci fosse. Non era bravo in biologia.
Stiles si girò di nuovo.
«Cos'è successo tra voi due?»
«È lei.» Scott si girò, aveva sentito, ma come Stiles non capiva a cosa si stesse riferendo.
«La ragazza dei miei sogni, è lei.»

Mi portò in una casa nel bosco, il legno era mal messo, sembrava che qualcuno l'avesse bruciato.
«Cos'è questo posto.»
«Nessun ricordo? Forse eri troppo piccola.» mi indicò l'auto.
«Piccola per cosa?»
«Non sei ancora pronta, torna in auto, ti porto a scuola.»

Entrai alla seconda ora, avevo saltato biologia. Avevo letteratura. Non ero pronta per tutte quelle oche starnazzanti.
«Sulle schede che sto facendo girare ci sono due poesie che dovrete sapere a memoria, tranquille sono entrambe molto corte.»
«Mattina e Soldati di Ungaretti?»
«Le conosci già?» sorrise il prof in modo ammiccante.
«A memoria» ogni ragazza mi avrebbe ucciso con lo sguardo se avesse potuto.

A pranzo mi sedetti ad un tavolo vuoto, Isaac seduto ad un altro tavolo con tutto il gruppo si alzò e si sedette di fronte a me.
Gli diedi uno schiaffo sulla guancia. Tutti ci guardarono, ma appena alzai lo sguardo di fuoco su tutta la mensa ognuno tornò al proprio piatto.
«Me lo merito.» si massaggiò la guancia.
«Scusa» non parlavo né lo guardavo, ma sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso.
«Non vuoi parlarmi? Lo capisco, sai?»
«So che baciare una ragazza come te comporta dei rischi e ho avuto paura.»
«So che non avrei dovuto farlo, torniamo come prima?»
Continuava a parlare, non volevo ferirlo, ma lui aveva ferito me e non riuscii a fermarmi.
«Prima? Prima come? Ti rendi conto che ci siamo conosciuti una mattina e che la sera stessa tu mi hai baciato?» stavo urlando, tutta la sala stava ascoltando, anche chi non ci guardava.
«Io in questo mese mi sono riempita di domande, ma tu hai avuto paura e sei scomparso poi torni qui e pretendi che ti perdoni e che torniamo come prima, ma prima cosa, come, quando e dove?» mi alzi di scatto in piedi.
«Attento, perché tu non mi conosci, ma io mi vendico. Sempre» lasciai la mensa con tutti gli sguardi addosso, ma il suo non c'era, lui non mi stava guardando.

Andai nel bagno, un po' cliché, ma avevo solo bisogno di rimanere da sola.
Poco dopo entrò "casualmente" Allison, si lavò le mani, controllò il trucco e sistemò i capelli.
«Non sono stupida»
«Non l'ho detto né pensato.» Allison si girò verso di me.
«Perché sei qui? Niente scuse»
«Isaac ha i suoi problemi, dovresti ascoltare quello che ha da dire.»
«Lui è chiuso con tutti, ma se vuole è davvero dolce e lo è solo quando è innamorato. E lo so perché durante la pausa con Scott ci ha provato con me, ma io ero ancora innamorata di Scott, infatti poi siamo tornati insieme.» alzai gli occhi al cielo, non può dirmi cosa fare.
«Non voglio e non sono qui per decidere per te né per comandarti, ma solo per darti un consiglio, ascoltalo, tutto qui.»

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