Capitolo 12

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Sbattei la portiera con poca grazia e dissi chiaramente ad Isaac di aspettare in macchina, ma cinque minuti dopo aver iniziato a riempire uno scatolone coi miei pochi vestiti lo vidi entrare nella mia camera. Si appoggiò allo stipite della porta e appena chiusi lo scatolone lui lo prese e scese senza dire una parola.
Lo raggiunsi al fianco dell'auto e aprii bocca, ma Isaac mi precedette.
«Sto rispettando le tue condizioni, okay? Ti sto lontano e rispetto i tuoi spazi, chiudo la bocca e non dico una parola rispettando il tuo silenzio.» dice solo per chiudere il baule violentemente al che io faccio un passo indietro.
«Scusa...» mugugna.
«Ti avevo anche chiesto di rimanere in auto.» dico solo e faccio per salire, ma mi blocca contro lo sportello ancora chiuso.
«Volevo solo aiutarti.» dice guardandomi negli occhi.
Abbassa la testa fissando non so cosa a terra.
«Io capisco che tu abbia un passato difficile, che tu abbia bisogno di tempo e spazio, ma non puoi fare l'egoista fregandotene di chi hai attorno. Perché io non ce la faccio più ci ho provato, ma non riesco più a starti lontano e tu oggi mi hai chiamato e dato speranza e quando mi hai sfiorato... so di non esser stato l'unico a sentire quei brividi e sai di non potermi mentire e tu che non mi fai cambiare una canzone d'amore alla radio e tu che mi guardi credendo che io non me ne accorga e quel bacio a cui continuo a pensare e le tue labbra morbide che mi mancano da morire e di cui ho paura di scordare il sapore e che ora vorrei dannatamente assaggiare di nuovo... io non resisto più senza te, forse non lo sai ma io ti sogno da molto prima di incontrarti fin quando da bambino mio padre mi chiudeva nel congelatore nel seminterrato durante le notti di luna piena e io sono fottutamente innamorato di te e...» avevo gli occhi lucidi e le guance bagnate dalle lacrime. Isaac aveva ragione e nessuno mi aveva mai fatto quell'effetto... non avevo mai sorriso con qualcuno senza neanche conoscerlo, nemmeno con Scott e Stiles, ma quel giorno a scuola con Isaac... sarà stata la luna piena o qualcosa nell'aria, ma...
Non riuscivo più a starlo a sentire così d'impulso mi sporsi in avanti e lo baciai... non so come, non so perché, so che quella non ero io o meglio ero io, ma non mi sentivo io, forse una nuova me.
Isaac si spinse di più contro di me ed io non potei fare altro se non allacciare le gambe intorno al suo bacino e le braccia attorno al suo collo.
«Aspetta, ferma o potrei non essere più in grado di fermarmi. Credo sia meglio portare le tue cose a casa.» annuii e salii in macchina. Isaac per tutto il tragitto tenne una mano sul mio ginocchio e io mi sentivo strana. Non ero mai stata così bene né con qualcuno né nella vita in generale. Tutto sembrava andare per il verso giusto e mi sarei solo dovuta aspettare qualcosa di brutto, ma ora qui con Isaac non ci riuscivo proprio e... stavo sorridendo! Da quanto non capitava per davvero, senza che io fingessi.

«Vuoi una mano per sistemare le cose?» chiede Isaac fermando l'auto. Scuoto la testa e mi sporgo per essergli più vicina.
«No, tranquillo, ci vediamo domani.» mi allontano e apro la portiera per scendere, ma è chiusa.
«Dove credi di andare così in fretta, non mi hai nemmeno salutato.» si sporge verso di me e mi prende il viso tra le sue mani per poi baciarmi. Fa scendere la sua mano sul mio fianco e l'altra dietro la testa, ma poi io mi stacco. Ha le labbra gonfie e probabilmente anche le mie lo sono.
«Ci vediamo domani.» gli dico dopo che ha smesso di fissarmi le labbra ed è tornato a guardarmi negli occhi.
«È una promessa?» stavo per scendere, ma la sua domanda mi fa voltare nuovamente. Leggo nei suoi occhi la paura di perdere qualcun altro.
«È una promessa.» gli lascio un veloce bacio sulle labbra e scendo.

Derek non è ancora tornato e ne approfitto per sistemare l'armadio, non che io sia ordinata, ma le magliette buttate alla rinfusa dentro starebbero meglio piegate.
Non è molto grande, l'armadio, ma per la quantità di vestiti che abbiamo va più che bene, anzi avanza pure qualche cassetto. Se portassimo la stessa taglia rischieremo di confondere le maglie: tutte nere per entrambi.
Mentre sistemo tra i vestiti trovo una scatola in legno con un triskelion inciso sul coperchio. Non è una semplice scatola, non si apre sollevando il coperchio, deve avere sicuramente qualche incastro.
Dopo qualche minuto che ci provo riesco ad aprirlo e sembra essere vuoto, ma lo rovescio comunque. Cinque artigli cadono sul pavimento e qualcosa mi dice che non sono di una persona qualunque.

Non sto bene, devo... devo avere un problema perché ultimamente mi sento male troppi spesso.
La testa inizia a girarmi e non faccio in tempo ad aggrapparmi a qualcosa che mi sento cadere, tutto diventa nero, sento un grande tonfo e poi più nulla.

POV Derek
Entro in casa chiamando mia sorella, ma non sento nessuno rispondermi. Vorrei raccontarmi che magari è uscita, ma so che tipo è molto simile a me e lei non esce.
La trovo sdraiata a terra davanti all'armadio con qualcosa che non avrei voluto trovasse, non così presto, almeno.
La scuoto leggermente mentre continuo a chiamarla e dopo poco apre gli occhi e prova ad alzarsi sulle braccia, ma le tremano talmente tanti che ricade, ma io la sostengo.
«Hey, piano, hai preso una bella botta, ma guarirai okay?» la prendo in braccio mettendo un braccio sotto le sue ginocchia e uno dietro la schiena e la stendo a letto.
«Scusami, ti sto causando solo problemi da quando sono arrivata...» del sangue inizia a uscirle dalle labbra.
«Hey, hey... non parlare, okay? Non mi stai dando alcun problema, non potrei essere più felice che tu sia qui con me... e farò di tutto pur che tu stia bene.»
«D-derek credo di avere qualcosa che non va... continuo a star male e non credo sia colpa della ferita...» tossisce di nuovo e altro sangue le esce dalla bocca, ma non è più rosso come prima bensì è nero come la pece.

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