I didn't want to remember.

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"One love, we get to share it."

"I need to take back, the light inside you stole. You're a criminal."

Giacevamo sul sofà, esposti alla luce del sole che dalla finestra del salotto nasceva e si posava delicatamente sui nostri corpi aggrovigliati. Appena ripresi conoscenza, sentii un peso sul mio fianco e un soffio caldo sul collo. Sbarrai gli occhi non appena la mano addormentata di Justin si mosse sul mio bacino. Imprecai sotto voce, ripensando alla sera prima, alla sua rissa, ai miei occhi sui suoi, le lacrime, il suo abbraccio e tutto quelle cose sdolcinate da diabete.

Mi girai velocemente nella sua direzione, percependo molto più ampiamente il piccolo spazio in cui avevamo passato la notte. Uniti come fossimo un puzzle, senza mai dividerci.

In quel momento mi veniva da chiedermi: Avevo dormito così bene tra le sue braccia, che non riuscivo a non sorridere guardandolo dormire?

Mi morsi il labbro mentre il suo faccino continuava a sonnecchiare, ignaro della mia presenza. In quel momento resistetti dalla voglia di prendere il cellulare e scattargli una foto. Un risolino uscì dalla sua bocca, accompagnata dalle curve sul suo volto che si alzarono.

Si era reso conto che lo stavo guardando sorridendo come un ebete, oppure stava sognando qualcosa di molto provocante. E allora, nuovamente mi veniva da chiedermi: Da quant’è che lui era sveglio ma fingeva di dormire per restare in quella posizione con me?

I maschi.

Lasciai furtivamente il tessuto della coperta che ricopriva il divano quella mattina a cui ero prontamente aggrappata, toccando con i glutei il tappeto rosso peloso che giaceva sul pavimento.

«Che diamine!» Urlai quando la mia nuca incontrò non poco violentemente il dannato tavolino posto al centro della stanza.

Rimasi a terra, accarezzando il punto dolente dietro la mia testa, dove sarebbe sicuramente sorto un bozzo.

«Fissare la bellezza nuoce gravemente alla salute.» Scherzò lui, continuando a ridere e porgendomi una mano.

«Vaffanculo!» Ribadii, spingendo la mano libera in terra e rifiutando la sua offerta. Non avevo idea di cos’altro dire. Mi dichiaravo colpevole dentro la mia testa, ma non lo avrei mai ammesso ad alta voce.

«Non ti stavo fissando!»

Lo rincorse la mia voce, mentre si dirigeva nella sua stanza e fuoriusciva con dei pantaloncini indosso.

Aveva dormito solo con i boxer?

Probabilmente si accorse delle domande contorte che mi stavo ponendo nella mia mente, mentre fissavo il suo cavallo, e l’area intorno, ripetutamente.

«Andiamo, non dirmi che non hai mai visto un ragazzo in boxer.» Disse, tornando a sedersi sulla sua precedente postazione.

Gli sorrisi acidamente, ovviamente provocando ancora più divertimento da parte sua.

Mi risedetti a gambe incrociate sulla stoffa morbida sotto di me e fu allora che notai la sua canotta, precedentemente bianca, adesso macchiata di un rosso sul fianco. Inarcai le sopracciglia, mettendo a fuoco l’immagine finché non mi precipitai accanto a lui, ponendo prontamente una mano sulla ferita aperta.

«Fermo Justin, la ferita si è riaperta!» Affermai, trattenendo un suo braccio con la mano e allungai l’altra per raccogliere dal tavolino tutto il necessario per medicare. Levai la precedente fascia bianca, disinfettai il taglio, di cui ancora mi chiedevo come se lo fosse procurato, -in realtà non volevo saperlo- e la sostituii con una nuova pulita. Quando mi gettai all’indietro con il peso del corpo, sentii un braccio afferrare il mio e trattenermi davanti a lui.

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