Don't bring me back.

1.1K 33 4
                                    

"And you can tell everybody,  this is our song."

Rivolsi alla foto un ultimo sguardo, supplichevole, desideroso, come in attesa che mi parlasse, che mi dicesse cosa avrei dovuto fare. Come se Ben fosse stato ancora lì con me a consigliarmi, a gridarmi di fronte ai miei sbagli, a combattere al mio fianco. Mi sentivo persa, come se ogni passo che facessi, fosse sbagliato.

Dopodiché, la riposi nella tasca capiente della mia felpa verde di Oxford e trascinai i miei piedi raccolti in dei calzini, per le scale che conducevano alla cucina. Marylin era intenta a cucinare quelli che, a malincuore, credo fossero ali di pollo. Sembrava aver constatato il mio sguardo disgustato, quando gettò la padella sui fornelli non poco delicatamente e alzò le mani in aria.

«D’accordo forse non mi è venuta molto bene la carne, ma abbiamo sempre l’affettato.» Disse speranzosa, accordando con i miei pensieri. Tanto non avrei mangiato lo stesso.

«Non è un problema, mi sorprende solo che una cuoca brava come te, abbia combinato quel disastro.» Indicai il tegame arrugginito e bruciacchiato, contenente dei pezzi neri di carne, mal riposto sulle piastre nere che scricchiolavano. «Cos’era quello, pollo?» Chiesi, mettendomi a sedere di fronte a lei e ridendo sotto i baffi. Quando vidi il suo sguardo sorpreso e molto stanco, diedi un colpo di tosse e mi ricomposi sulla sedia.

«Scherza pure, ma se non fosse per me tu non mangeresti un buon piatto da tempo. Tua madre non è mai stata brava in cucina, devi ammetterlo.»

Feci spallucce, cucinava quasi sempre carne, pasta e verdura in giorni stabiliti. Tanto io non mangio nemmeno se cucini tu, pensai rivolgendole un sorriso amaro. Non c’era niente da fare, potevo anche mangiare cercando di non pensarci troppo, era ormai qualcosa di abitudinario. Appena il cibo entrava nel mio stomaco, faceva il viaggio inverso, perciò avevo quasi paura di mangiare in sua compagnia. Perché se avessi avuto il bisogno di correre al piano di sopra all’improvviso, non avrei nemmeno avuto delle spiegazioni valide.

Quando mi resi conto di non aver ascoltato le parole di mia zia, le chiesi di ripetere.

«Ti ho chiesto se hai dormito bene ieri notte.» Disse con poca convinzione, come se fosse indecisa se continuare la frase o no. «Ultimamente ti sento rigirarti nel letto, o per il corridoio. Va tutto bene?»

Incapace di reggere il suo sguardo, fissai le mani sul tavolo e ripensai alla bottiglietta arancione di sonniferi che trovai nel bagno qualche settimana prima e che aprii per rubare solo una di quelle pastiglie bianche, e mi ripromisi che le avrei usate solo in caso di urgente bisogno. Poi quell’urgente bisogno si era trasformato in paura, poi in una piccola dipendenza e mi ripetevo: Lo fai per essere sicura di addormentarti. Ma era molto più di quello.

«Certo, è tutto apposto.» Risposi frettolosamente e annuendo a un sorriso. Cercai di cambiare subito discorso. «Ieri sera» Alzai lo sguardo su una lei che preparava intenta due panini. Avrei dovuto dirle che non lo avrei mangiato, ma non riuscii a fermare le mie parole che uscivano come sgorgate d’acqua da un rubinetto. «L’ho sentito rientrare silenziosamente e mi chiedevo se… fosse andato tutto bene.»

Nonostante avessi parlato con il massimo della calma e delicatezza che avevo in corpo –il che non doveva essere molta, visto il mio carattere brutale-, riuscii a vedere le sue mani sussultare e i suoi movimenti stabilizzarsi.

«Zia, mi dispia—»

«E’ andato tutto alla meraviglia. Ma tu non saresti dovuta essere sveglia a tarda ora.» Si affrettò a rispondere, e ricominciò a imburrare e farcire i due panini. Non riuscii a non sorridere alla sua premura nella voce.

«Anzi, devo dire che ultimamente è stranamente tranquillo. E tu hai detto che nemmeno tu ci parli da molto, quindi ho cercato di prendere il discorso con lui» E a quelle parole, guizzai con gli occhi sulla donna, che mi notò e cercò di rassicurarmi. «Ovviamente non gli ho chiesto perché non ci picchia più. Ma ci ho parlato da adulto a adulto» Da mostro a vittima, pensai. E nonostante quello, Marylin non aveva mai pronunciato quelle parole così direttamente. Un gesto mi colse di sorpresa. «E mi ha detto che ha trovato qualcos’altro con cui sfogarsi.» E pensare che quello sfogo, ero io. Il codardo non aveva proferito parola, ovviamente. Ma vederla così tranquilla e spensierata come se fossimo tornati una famiglia normale e amorevole, mi fece stringere il cuore. «E questo mi fa piacere.» Sorrise a gran volto e poi mi porse un piattino bianco, con un panino pieno di roba da mangiare dentro.

The monsterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora