Hard

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Sentivo che il liquido dentro la boccetta il quale ormai aveva raggiunto lo stomaco, stava arrivando al cervello. La mano pesante percorreva il tratto dalla bocca fino a terra continuamente. Il mio alcoolitro era ormai alle stelle. In fondo, quello faceva dimenticare realmente. Era tutta la sera che rimanevo seduta accanto ai secchioni, con la schiena poggiata contro il metallo verde  e i piedi rispettivamente su quello davanti. Per la maggior parte del tempo ridevo, per il resto parlavo da sola. Più o meno di cazzate di quel genere nella mia vita ne facevo di continuo.

Sfoggiai il miei denti bianchi illuminati dalle poche luci della strada che ci possono essere alle due della notte. 

«La cosa più divertente..sono quelle presuntuose delle cheerleader. Vorrei soffocarle con i loro stessi pon-pon.»

La mia voce si era fatta roca sia per il sonno che per l’alcool ingerito. Portai nuovamente il beccuccio del vetro alle labbra, trascinando le gambe al petto. La boccetta era quasi finita; mi maledii, in un modo che pensavo fosse mentalmente, ma in realtà era ad alta voce, per non averne comprate due. Non feci molto caso alla figura che si stava avvicinando al contenitore di rifiuti, appena poco prima di me. Ma di sicuro, lui mi notò.

«Samantha?»

«Oh, Justin. Vuoi unirti a me?» Chiesi porgendogli la boccetta vuota.

«Ma che diavolo ci fa —Sei ubriaca?» Chiese retoricamente, sentendo il contenuto scosso nel vetro, ormai arrivato al termine.

«Noo. Io? Amo solo la mia cazzo di vita e per questo vengo a passare la notte qui.» Risi alla mia affermazione senza senso.

«D’accordo adesso ti porto a casa.» Fece per alzarmi ma lo bloccai con sguardo serio.

«No, o lui mi picchierà.» Mi strinsi il giacchetto sulle spalle, come una bambina impaurita si stringe nelle coperte, chiedendo al papà di controllare l’armadio.

Il suo sguardo era sconcertato.

«Lui chi? Sam, chi ti picchia?» Mi  chiese abbassandosi al mio livello come se stesse parlando con un bambino.

«Ho sonno, posso venire da te?» I miei occhi si illuminarono alle mie parole. Non mi resi bene conto di quello che stava accadendo; mi lasciai semplicemente prendere le mani dal ragazzo biondaccio che avevo di fronte per tirarmi su e incollare i miei arti al suo collo, mentre ci dirigevamo verso la sua abitazione.

Lasciai il suo fianco, quando trovai confortevole il suo letto coperto da un piumone. Mi accovacciai portando le mani sotto il viso e chiusi gli occhi.

«Sono stanca.» Mormorai mentre sentii il calore della sua figura affiancarsi alla mia sul materasso. 

«Tra poco dormirai.» Disse, portando le sue mani sulle mie scarpe, sfilandole.

La sua voce era così profonda, calda, dolce. Si prendeva cura di me come fossi un cucciolo.

Slacciò entrambi i lacci delle mie calzature e le lasciò in terra, sistemò una coperta sopra di me e si incamminò verso la porta, pronto per spengere la luce e lasciarmi lì da sola. Ma io non volevo quello, non con la mente poco lucida che mi trovavo in quel momento.

«No, aspetta. Rimani qui con me.» Lo fermai, estraendo un braccio dal tessuto che mi ricopriva tutta. «Raccontami qualcosa.» Sorrisi quando si incamminò verso il letto.

Si sedette accanto a me e io tirai su il mio busto per poggiarmi contro il muro. Bagnò le labbra con la lingua mentre trovava le parole giuste per parlare. Lo scrutai in ogni suo movimento.

«Sam, chi è che ti fa del male?» Chiese, spostando il suo sguardo incentrato su di me per sapere la risposta.

«Sai, ricordo ancora la prima volta che mi ubriacai» Cambiai totalmente discorso, abbassando lo sguardo. «O almeno, che provai gli stessi sintomi. Sai, giramento di testa, risata continua.» Risi.

The monsterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora