-Vola via-

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'Ci sono volte in cui vorrei sentirmi altrove; ma in questo aquilone io, ripongo tutte le mie speranze e le mie storie.

Ho deciso di portarli tutti con me a volare, così in alto da non poter più raggiungermi; da non riuscire più a solcare il mio occhio da bambino gremito di paure.

Mi sentivo così intrappolato, che ho convissuto il mio decennio con la convinzione che il mio corpo fosse composto da cera; che accanto ad una fiamma si sarebbe sciolto.

Dentro il mio stomaco: la mia finestra. Che ho lasciato sempre aperta, in ogni momento, per scrutare gli altri miei coetani, le loro storie, i primi baci e le prime carezze.

Anche solo vederli giocare, per me è sempre stato sintomo di calore e di casa.

Anche solo vederli litigare, mi ha sempre mandato in panne il cervello.

Restavo sul davanzale di quella maledetta finestra con le grate, a mangiare la mia infanzia, che scappava via da me come una povera malcapitata dal suo amore buono. E la divoravo con le mani sporche; sperando in una morte, in un mio eterno spegnimento.

Ma cosa avrei lasciato a mio papà e a mia mamma?

Un sole spento di un bambino un po' paffutello, pieno di turbamenti; dei disegni tutti astratti, dei dolci che non sono mai stato in grado di mangiare; il mio aquilone, così storpio ed incapace di prendere il volo e sparare a raffica il suo vento in faccia ai miei compagni.

Cosa avrei mai potuto lasciare se non la mia faccia sui fogli disparati per la città.

Sui fogli di ricerca, la mia faccia sarebbe brillata; pensavo, perdendomi.

Invece la mia faccia è rimasta con me, poggiata sulla sabbia ospite di un mare non così lontano da casa mia, che offre un letto spoglio e freddo alla riva, che ogni tanto si accinge verso la parte più civile per cercare calore e riparo.

Ma il mio corpo rimane lì, steso sul quel letto naturale e riscaldato da quel sole che è finalmente scappato dai miei disegni.

Il mio corpo, abbracciato dal mio aquilone che vola sopra la mia testa, colpita dai miei drammi.

E vola così in alto che quasi mi scordo che sono morto.

Vola così bene, che quasi mi scordo del mio corpo e di quella finestra che è rimasta aperta.

Ma io rimango fermo qui, con la speranza che qualcun'altro solo come possa vedere la mia testa che è fuggita altrove, prima che essa provi a decomporsi.

Vorrei che mi scoprissero, prima dell'arrivo degli insetti, prima che quel mio aquilone scappi via dalla mia parte di cielo, spezzando il filo che lo collega ancora al mio dito, spezzando il suo ultimo legame con la mia infanzia; volando altrove, non curandosi della direzione.

Ma io, adesso, disteso su questa riva fredda vorrei riavere indietro il mio cuore.

Non so con chi sia, ma sono consapevole che qualcuno l'abbia portato via, colpendolo.

Forse lo troverò dentro la testa di qualcuno, intrappolato.

O forse l'ho venduto io, per farmi questo.

In effetti cosa siamo, quando decidiamo di scindere il nostro cuore dal nostro corpo?

Cosa divoriamo se non abbiamo più un senso per pompare sangue?

Perché dovrebbe scorrere il sangue dentro di noi, se non c'è più un'apice, un capo reparto che si offre per berlo?

Sono andato alla ricerca della mia luce ma, sono così piccolo che mi sono perso dentro questo buio.

E tutte le rifiniture del mio ultimo tramonto le ho perse.

Ma vi prego, trovate la mia luce. È altrove, dietro il vostro capo.

Dentro le vostre storie.

Lei, corre con i vostri pensieri, urla assieme alle vostre corde vocali, piange ai vostri compleanni e vola, assieme agli aquiloni moribondi che, ormai, non vi piacciono più."

"

LagerWhere stories live. Discover now