Strobo

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Sei entrato parecchie volte dentro i miei sogni. Mi sei apparso sempre con la faccia scavata.

Ho sognato quei tuoi occhi, che mi facevano paura e tenerezza; la tua pelle scura, uguale alla mia.

Le tue mani, che raccoglievano pezzo dopo pezzo il tuo mondo.

Ho sognato di entrarti dentro la pancia; per nascondermi, per sentirti parte della mia vita.

Riuscivo a sentire il tuo calore, la tua carne che mi ripudiava; che voleva stare altrove piuttosto che con me.

Ho sognato la tua pace, assecondata dalla follia. Il casino, i giorni in cui ballavamo; in cui ancora eravamo felici.

Ho sognato i nostri dialoghi, la tua musica, io così piccola che imparavo a suonare i tuoi strumenti.

Poi i dialoghi diventarono monologhi, distanti da te e silenziosi.

E adesso, indosso pure i tuoi vestiti. E mi sento come te: introversa, maledetta, asciutta.

Indosso le tue lacrime, che non stanno bene sul mio viso. Indosso le tue mani, i tuoi anni, il tuo lascito al mondo.

Io, sono me stessa.

Ma riflesso alla specchio vedo te.

Ti osservo precipitare nel tuo orgoglio, dentro il tuo rancore.

Osservo i tuoi occhi che mutano; che da arrabbiati diventano subito tristi. E mi sento a casa. Perchè era tutto ciò che vedevo ogni giorno; avrei voluto soltanto curarle quelle lacrime e comprenderle, in tempo.

Ma ripensandoci, sono stata immonda.

Il vero mostro sono stata io; e non mi credevo e non ti credevo e non capivo, che il vero problema fossi io.

Mi sono urlata allo specchio tutte le mattine, mi sono picchiata ogni giorno; ho sputato sulle mie ali ad ogni alba, alla vista di ogni tramonto avrei voluto pugnalarmi, ma continuavo a pugnalare solo il tuo addome, le tue spalle.

E ti perdevo, senza accorgermene. Ti perdevo e non volevo nemmeno fermarti.

Ti ho perso e adesso ho scordato quasi il tuo viso.

Lo ritrovo esatto solo in questa mia dimensione.

Ma sei sempre arrabbiato.

Mi rincorri, sembra che quasi tu voglia picchiarmi.

Sei più giovane, non ti ho mai conosciuto così.

E ogni volta che scappo da te, sento che non ti appartengo. Come se non ti avessi mai fatta felice e forse, il problema è questo.

Non ti ho mai reso fiero, felice per quel che ho fatto, per tutte le azioni che ho compiuto. E dietro ogni minima cosa che faccio, mi sento persa dentro la tua strada. Non mi sento più legata al tuo sangue, perchè mi hai dissanguata troppo presto.

A volte, ci sei e tenti pure di uccidermi.

Mi sento soffocata, dalle tue mani, che poi diventano come le mie.

Altre, rivedo le nostre poche foto, dove nessuno dei due sorride mai.

Errati dentro quel fotogramma, scomparsi dietro le nostre facce; nascosti dietro i nostri nomi, i falsi sorrisi, l'essere cupi: questo ci ha sempre aiutato ad essere simili.

Da te, ho preso tutte le tue movenze, il corpo, i lineamenti e i comportamenti, ma nonostante ciò io sono un'estranea.

Non mi riconosco, non l'ho mai fatto e adesso, non ho neanche più le armi per tentare di farlo.

Guardiamo la luna assieme, ma tu non parli mai.

Soffriamo il caldo assieme, ma non ci scopriamo.

Vorrei rubarti ancora le sigarette, che fumavo in cucina nascosta da tutti.

Vorrei ancora addosso i tuoi rimproveri e i tuoi sguardi di odio.

Vorrei ancora parlarti, dirti come mi sento.

Vorrei dirti che non credo alla vita dopo la morte.

Vorrei dirti di quanto io mi sento persa, nebulizzata.

Di quanto i miei organi stiano marcendo anno dopo anno.

Di quanto sto bene quando piove e di quanto, io non entri dentro il mondo che c'è fuori di me.

Che prova ad esprimersi, con bulimia di colori, ma io ci soffro perchè sono convessa ai suoi angoli.

Ho solo pugni sugli occhi che nascondono la mia anima che è a corto di te e di macchie pulite.

Ho le visioni, dietro i miei occhi.

Dentro di loro, vedo noi. Che forse ci abbracciamo, che forse ancora ci parliamo.

E vorrei essere con te, lì dove sei tu, se esisti ancora premetto.

Per abbracciarti e chiederti scusa.

Per quanto sono stata arida in questi sedici anni; per quanto non mi hai trovata.

Scusa quando scappavo da tutti e preferivo gli estranei a te.

Scusa, se non abbiamo mai fissato l'orizzonte assieme. Avrei voluto essere perfino il tuo sole, il tuo colore più bello; avrei voluto curare il tuo daltonismo e dirti con cura, che tutti i colori potevano essere tuoi. E avrei voluto non ridere quando vedevi il rosso dentro il verde.

I tuoi colori, erano i più sinceri che i miei occhi abbiano mai visto.

Tu vedevi ciò che gli altri, potevano solo immaginarsi sotto i pensieri.

Avrei voluto colarmeli addosso quelle sfumature finte e diventare come te.

Avrei voluto vedere il tuo nero, essere il tuo rosso, scorrerti dentro il sangue, dentro le vene sulla fronte. Pomparti dentro il cuore e bagnarti ogni volta che scendevano lacrime.

Avrei voluto salvarti dalle tigri dentro il tuo cranio; dal tuo mare mosso che navigavi ogni giorno sui tuoi passi.

Avrei voluto spararti per farti soffrire meno quel venerdì.

Avrei voluto iniettarti un pò dei miei giochi, dei miei agogni, del mio umore irrisorio.

Avrei voluto salvarti, scaldarti; salvarti da me, da te stesso e dai santi che abbiamo pregato insieme dentro quel mese e mezzo di luci avide, che si spegnevano lentamente.

Avrei voluto dirti che eri tutto ciò che chiedevo, ogni giorno ed ogni notte.

I miei occhi fin da bambina ti hanno sempre ingannato; hanno ingannato i tuoi segmenti di vita, hanno mentito ai tuoi spettri. E dei nostri silenzi, adesso rimangono solo discorsi errati, tenebre dove sono rimasta da sola.

Avrei potuto essere la tua nave, per proteggerti dalle onde. Mi sono bucata il cuore con le tue schegge e i miei zigomi comunque sia sono rimasti aridi e mi hanno lasciato sempre più vuota.

Tu mi hai dato la vita ed io, te l'ho strappata via senza curarmi di ciò.

Sei stato il mio bersaglio, il mio tempo perso, la mia croce, la mia fiamma, il mio palco, il mio odio e il amore. Ma adesso, per riassumerti tutto; vorrei solo scrivermi sul petto il tuo nome con un cacciavite.

Sono impanicata, sto per svegliarmi e tu, stai andando di nuovo via. Un'altra volta.

Per l'ennesima volta. Non mi lasci contenuta.

Mi sto contorcendo lo stomaco, sento i tuoi dolori addosso.

Tu sei la mia infezione.

Sei la mia corrente ed io, mi sto perdendo di nuovo.

Torna il silenzio, io non strillo più.

Vorrei che ancora fossi sotto al mio tetto, per non sentirmi sola.

Vorrei non sentirmi gelata quando parlo di te.

E vorrei la tua faccia, dopo questo sogno, infilarsi nuovamente dentro questa terra.

Ma sento il solito scossone e mi sveglio.

Tu sei scomparso ed io, sto scomparendo.


LagerWhere stories live. Discover now