capitolo 18

418 20 2
                                    

18. CAPITOLO

Sentiva la stoffa dei pantaloni appiccicarsi alla sua gamba, nel punto in cui le sue calde lacrime cadevano bagnandola.

Nel contempo, il cuore gli si stringeva nel petto, serrato in una morsa senza via d’uscita.

L’ultima cosa che desiderava era ridurla in quello stato, sofferente e sola, specie dopo averle promesso di proteggerla.

Aveva fallito miseramente.

Lui, che si era prefissato di proteggerla da qualunque forma di male avesse incontrato sulla sua strada, era finito col diventare il peggiore di questi.

Chissà se sarebbe mai più riuscita a non vederlo come un mostro…

Ma nella sua vita si era tanto odiato come in quel momento.

Desiderava solo fare a pezzi tutto, liberare quel dannato demone che viveva dentro di lui e che lo costringeva, alle volte, alle azioni più turpi.

L’ennesimo singhiozzo raggiunse le sue orecchie, alimentando la rabbia.

Voleva abbracciarla, stringerla, dirle che sarebbe andato tutto bene.

Ma non poteva cancellare quello che aveva fatto, così come non poteva reprimere il desiderio di lei.

Forse era questo che lo sconvolgeva più di ogni altra cosa: il desiderio.

Mai per nessuna donna aveva provato un simile trasporto, nella vita aveva sempre cercato di reprimere quel genere di sentimenti che distoglievano le sue attenzioni dall’obiettivo che si era prefissato.

E l’unica volta in cui si era concesso di lasciarsi andare, era stato posseduto dal desiderio carnale, che consuma gli uomini senza troppi preamboli.

Nami era bella, testarda, forte e al tempo stesso fragile, come tutte le donne.

Era impossibile non desiderarla.

Anche in quel momento, rannicchiata ai suoi piedi, il profumo di mandarino che emanava arrivava fino alle sue narici, stordendolo.

Che parole poteva dirle per avere il suo perdono?

Non aveva importanza trovarle, perché lei lo aveva già perdonato.

Gli aveva detto di non avercela con lui, di voler mettere a posto le cose.

In realtà era lui che non riusciva a perdonare se stesso.

Per questo l’aveva cacciata, oltre che per timore di poter rifare quello che aveva fatto alla festa.

- Ti prego…- la sentì sussurrare in preda ai singhiozzi che le scuotevano il corpo.

Si girò ad osservarla, trovandola con gli occhi annebbiati dalle lacrime fissi su di lui.

- Zoro…non mandarmi via…- strinse la presa sui suoi pantaloni.

Non proferì parola, limitandosi ad assottigliare lo sguardo in segno di profondo rammarico.

- Ho bisogno di te adesso…- lo implorò.

Fu quella frase a smuoverlo, nonostante i dubbi attanagliassero ancora la sua mente.

Anche quella notte gli aveva detto le stesse cose.

Aveva chiesto il suo aiuto, e ora lo stava facendo di nuovo.

Stand By MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora