«Sei così brutto che mi hai spaventata a morte.», dico arrabbiata.
Non volevo farmi toccare dal quel Mendes.
«Ieri non sembrava che fossi così brutto. Comunque un grazie lo gradirei.», dice incrociando le braccia.
Mi ha salvato da aver una gamba rotta oppure una costola, ma poi penso alle parole dette poco fa:
«Non sono un baby-sitter.», urlo dentro dalla rabbia.
Me ne vado senza rispondergli, avanzando verso la palestra infondo al corridoio, ma lui mi si piazza davanti, bloccandomi la strada, metto le mani sui fianchi.
«Ti sposti?», borbotto, alzo lo sguardo per guardarlo, il mio nasino tocca il mento del riccio, sento il calore del suo respiro scaldarmi il viso, riabbasso la visuale e vedo solamente il bianco splendente della sua camicia.
«Finché non mi dici grazie no.»
«Parla quello che prima mi fa: dammi le chiavi. Senza un per favore o un per piacere.», dico spostandomi a destra, lui mi risbarra la strada.
«Dove stai andando?», chiede.
«Cercherei di andare in palestra, solo che un energumeno non mi fa passare, dico alzando lo sguardo e guardandolo male.
«Ah, fa pure palestra questa ragazzina.»
«Esatto. Vedi questo bel culo di questa ragazzina? Non vorrei che si afflosciasse, quindi potresti spostarti?», dico spavalda, il moro gira intorno a me per poi andare dietro, sento i suoi occhi posarsi sulle mie chiappe. Non credevo avrebbe mai avuto il coraggio di guardarmi davvero, il mio viso inizia ad andare in fiamme.
Deglutisco.
«Vedo, vedo, anche più bello di quello della mia ragazza, ma comunque, o grazie o niente.», si rimette davanti a me, guardo sotto e noto che ha le gambe aperte, come un fulmine mi abbasso e gli passo attraverso, corro fino alla porta in vetro della piccola palestra e la chiudo dietro alle mie spalle.
«Cher!», sento dall'altra parte.
Predo la scheda appoggiata sul tavolino che mi ha fatto il personal trainer poco tempo fa e inizio a fare tutti i miei esercizi dal primo fino all'ultimo.
Metto su la musica della radio a tutto volume e dopo un'ora e mezza, sono stremata e sudatissima.
Prendo un asciugamano per il sudore poi esco.
Sobbalzo, per la seconda volta quell'uomo mi ha spaventata.
«Per caso ti sei trasferito nel mio appartamento?», dico, è seduto di nuovo davanti le scale e sta ancora guardando la carta straccia di prima.
«Sto lavorando.», risponde alzando lo sguardo leggermente.
«Non puoi lavorare a casa tua?», dico.
«Abiti proprio sotto di me sfortunatamente.», continuo.
«C'è Hailey.», risponde il moro.
«Hai paura che ti rimetta di nuovo la mano sotto la sua gonnnellina?», dico prendendolo in giro. Mi guarda abbastanza vergognato.
«È difficile lavorare con lei attorno, fa un sacco di rumore e ha sempre la musica accesa.»
«Poi il nostro appartamento non è immenso come il tuo, quindi se dovessi chiudermi in una stanza non potrei perché ne abbiamo solo una.», continua.
«Mia madre non c'è, non credo che ti sottrerá una cifra allucinate dal tuo stipendio, vai a casa e vai a fare quel che ti pare.», dico tamponandomi con l'asciugamano la tempia.
«Poi domani mattina vieni e lavori tranquillamente in studio.»
«Si ma devo aspettare ancora le chiavi! Ma chi è che non tiene una seconda copia?», chiede.
«Mia madre.», rispondo.
«Vieni domani mattina a prenderle. Mamma se sei un rompiscatole.», continuo furibonda.
«Domani mattina presto tua mamma deve andare a St. Paul per una sfilata di moda privata.», dice guardando attentamente le carte.
«E te non vai?»
«Non sei mica suo socio?»
«Si ma lei è il capo, io devo stare qua a controllare che tutto fili liscio, abbiamo ancora da cucire tre paia di cose per la fashion week a New York di gennaio.», dice alzandosi raccogliendo poi, tutta la carta. Ma un foglio vola via, lo raccolgo e cavolo se disegna bene questo Mendes, glielo porgo.
«Mmh.», mormoro, poco mi importa, ora devo solo pensare a farmi una bella doccia calda.
«Siete strani. Allora vieni stasera a prenderle.», continuo, ma nemmeno il tempo di sentire una sua risposta che il suono frustrante di un campanello rimbomba per tutta la casa.
Ovviamente non è quello del terzo piano, ma esattamente quello del primo, sbuffo. Ho le gambe stremate, non ho voglia di farmi due piani a piedi, ma vado solo perché la persona che suona, continua a suonare ininterrottamente.
Quando arrivo apro il portone incavolata. Ma una chioma bionda mi scaccia via l'umore arrabbiato.
«Hey, Cher, hai visto Shawn? È da tutta la mattina che sono via, siamo usciti insieme poi non l'ho più sentito.», dice Hailey davanti ai miei occhi, e menomale che era a casa.
«Si, è qua da me, dice di star lavorando.», rispondo.
«Allora perfetto, lo lascio in pace, ci vediamo cara.», dice mostrandomi un sorriso smagliante.
Cosa? Non se lo porta via? Scompare dalla mia vista entrando nell'appartamento davanti al mio.
Sbatto il portone e vado in camera mia.
Shawn POV's
Non so per quale motivo io sia rimasto qua, invece di tornarmene a casa quando Cher mi ha detro che sua madre era partita. Ma sono rimasto solo perché mi piace dar fastidio a questa stupida ragazzina.È scesa dalle scale a vedere chi fosse a suonare, e cavolo se c'ha un bel culo. Queste nuove ragazzine sono troppo piccole per essere così.
Guardo l'orologio Armani al polso. Tredici e trenta, un po' di fame mi è venuta, credo che ascolterò il consiglio di Cher e credo che me ne andrò a casa, a farmi i fatti miei.
La sto aspettando da dieci minuti quassù, scendo a cercarla.
«Cher! Vado, vieni a chiudere.», urlo, ma nessuna risposta, anche dopo aver ripetuto la stessa frase per cinque volte.
Apro le porte una per una. Chissenefrega della privacy. La sto chiamando da un sacco di tempo.
Alla quarta camera divento rosso come un peperone, non credevo di trovarla in questo stato, chiudo subito la porta.
Se mi avesse visto avrebbe fatto un casino gigantesco secondo me, ma non è successo, quindi posso stare calmo. Il cuore prima stava accelerando tanto e per fortuna ora si sta calmando pian pianino.
Era in piedi davanti a me e a occhi chiusi ascoltava la musica dal lettore cd, aveva i capelli raccolti in una crocchia disordina e il suo corpo era coperto da zero strati di tessuto, sembrava una giostra dei divertimenti, tutta curve e rollercoster.
Appoggiato al muro scuoto la testa da questo stupido pensiero strano e ritorno con i piedi per terra perché questa è una stronza del cazzo e anche una diciassettenne.
Busso.
«Vieni a chiudere sta cazzo di porta che vado a casa.», dico scocciato, perché si e no l'ho aspettata e cercata per venti minuti.
Esce dalla stanza in pigiama, la seguo lungo il corridoio, va verso un'altra porta e la apre, ma quante entrate ci sono in questa casa?
Esco e senza salutarci veniamo divisi da una porta in ferro che sbatte, scendo al piano di sotto ed entro finalmente nel mio appartamento.
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Otto. (Shawn Mendes)
FanfictionCherlyin Martial Dubois, figlia di due stilisti molto famosi in America conosce Shawn Mendes, un giovane uomo adulto, che dopo la separazione dei suoi genitori la madre decide di farlo diventare suo socio. Tra di loro c'è tensione, non hanno un buon...