Cioccolata scaduta (Capitolo II)

0 0 0
                                    

A scuola Balik risaltava agli occhi perché era l’unico a non avere la pelle rosa: gli altri ragazzi –e anche io in
realtà, devo ammetterlo- lo fissavano ogni volta che passasse per i corridoi con quella cartella della Seven
più grande di lui. Non ho mai ritenuto che il fatto di fissarlo fosse un segno di atteggiamento razzista: credo
che se io fossi andato in una scuola africana e fossi stato l’unico a non avere la pelle scura, probabilmente
sarei stato fissato dagli altri con la stessa intensità con la quale noialtri fissavamo Balik. Lui questo lo capiva,
sapeva di essere colorato diversamente e stare al centro dell’attenzione neanche gli dispiaceva
particolarmente. Penso invece che non sia mai stato in grado di capire e di motivare perché i ragazzi della
terza media, quelli più grandi grossi e stupidi, che erano più vicini ai “grandi” con l’età e quindi più simili a
loro, un giorno gli avessero rubato la cartella e gliel’avessero riempita di scatole e barattolini vuoti di
medicine e farmaci e di un biglietto allegato con su scritto “queste gli africani non le possono prendere
perché bisogna avere lo stomaco pieno per farlo”. Al di là della battuta rubata da qualche film, giornale o
cellulare –di cui ancora non capivamo il funzionamento- era disturbante lo sguardo compiaciuto e fascista
della maestra, che fu turbata solo dal fatto che Balik non si turbò affatto: durante l’ora di religione, anzi, da
cui il mio amico Cioccolata era esentato perché non era cristiano, il mio compagno-bambola prese le
confezioni di quei farmaci, le aprì strappando ai lati il cartone e insieme con i barattoli ci costruì un campo
da calcio. Non mi era chiarissimo a cosa servissero i barattoli rotondi, però perdonai quello scarso realismo
architettonico.
- Mi passi un fazzoletto?
Mi chiese frenetico ed emozionato.
- Babacar! Ti sei fatto esentare dalla lezione per disturbare i compagni?
- Scusi, maestra. Ho solo chiesto un fazzoletto.
Seduto di fianco a lui, vidi Balik appallottolare la carta che gli avevo prestato per farne una
rappresentazione poco realistica in miniatura di un pallone da calcio. S’era tirato la sedia più vicina al
banco, aveva drizzato la schiena, poi le dita chiuse a segno di pace, quindi lasciando sporgere solamente
indice e medio, le aveva lasciate cadere dall’alto verso il basso a simulare le gambe di due giocatori di
calcio.
- Quando Dio ha confidato a Mosè la Verità sul popolo degli Ebrei sul Monte Sinai ha praticamente sancito
che quel popolo era quello prescelto per la Terra Promessa.
Mano sinistra aveva preso palla: la muoveva con agilità, passando tra gli ostacoli di cartone e di plastica
riciclata. Muoveva gamba sinistra e destra in maniera circolare intorno al pallone per confondere mano
destra, capitano e unico giocatore della squadra avversaria, che lo aspettava di fronte con aria inespressiva
di sfida.
- Il popolo degli Ebrei ha sempre voluto ritornare in Palestina, nonostante la diaspora e le dispersioni che ha
dovuto subire. Le guerre che si sono create in quella terra sono nate perché gli Ebrei rivendicavano quello
che era storicamente di loro proprietà.
Mano sinistra avanzò lento, studiando la postura di mano destra, che invece era ferma immobile sul campo
a studiare l’avversaria. Mano sinistra iniziò con le finte: gamba sinistra, gamba destra, ancora gamba destra.
Mano destra si sbilanciò, provò l’azzardo di rubare il pallone all’avversaria allungando la gamba.
- Dal 1948 è nato lo Stato d’Israele, che ancora oggi è un campo di guerra e di conflitto.
Tunnel! Che spettacolo! Il pubblico degli occhi di Balik e dei miei era in visibilio. Mano destra fece per
voltarsi ad inseguire l’avversario ma non ci fu più niente da fare: gol! Vittoria della squadra di casa!
Un gol a zero allo scadere dei minuti di gioco regolamentari, in perfetta sincronia con la campanella che
segnò la fine della lezione e della giornata di scuola.
All’uscita, quel giorno, Balik si rivolse a Stefano, il capobullo, che aveva ideato lo scherzo delle medicine:
- Ho costruito un campo da calcio bellissimo. L’ho messo sotto al banco. Domani ci facciamo una partita
insieme e se vinco vieni a mangiare da me, così conosci i miei zii.
- I genitori non li hai?
- Stanno ancora in Africa.
Fui geloso di non essere stato sfidato alla partita e di non essere mai stato invitato a casa di Balik, dato che
conoscevo abbastanza bene i suoi zii, ma poi mi ricordai di essere l’unico a conoscere la sua storia e che,
per quanto fosse drammatica per un bambino di soli dodici anni, fosse troppo straordinaria per non essere
raccontata ad anima viva.

Ciro Terlizzo

23PugnalateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora