Che cos'è l'amor?

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Che cos’è l’amor? Su Estelle, il romanzo fiaba di Massimo Piccolo e sul genere fiabesco.

“…Nella realtà siamo deboli: per questo gli eroi delle favole sono forti e invincibili; nella nostra attività e nel nostro sapere siamo limitati e ostacolati dal tempo e dallo spazio: per questo gli eroi delle favole vivono in eterno, sono contemporaneamente in cento posti diversi, leggono l'avvenire e conoscono il passato.” Sándor Ferenczi

Estelle – storia di una principessa e di un suonatore di accordìon, edito da Cuzzolin, è il romanzo d’esordio di Massimo Piccolo, scrittore e giornalista napoletano classe 1976.
Il romanzo è ambientato «tanto tanto tempo fa, in un castello a picco sul mare», e racconta la storia della principessa Estelle, figlia del re Gustav IV e di Alessaija, «che tutti chiamavano, semplicemente, la regina Bianca per il colore candido della pelle che nemmeno il sole più alto riusciva a scaldare».
Estelle eredita dalla madre la bianchezza della pelle, il candore del viso e l'avversione ai raggi solari. Quando ha 5 anni sviene trafitta da un raggio di luce e il padre, per non perdere anche la figlia dopo aver già perduto la moglie, dà l'ordine di alzare tre fila di mura altissime al perimetro del castello e stendere su di esse file di veli bianchi a coprire il cielo e rendere la luce del sole sopportabile. E ancora, fa intarsiare tutte le finestre che non siano rivolte verso Est così da rendere opalino il riflesso di luce attraverso i vetri. Estelle, da qui in poi, vivrà in questo ambiente perfetto ma senza mai poterlo abbandonare.
Siamo già davanti ad uno degli snodi cruciali della storia e ad uno degli elementi classici del genere fiabesco: quella che gli studiosi di folclore, in età romantica, definivano teoria della compensazione di cui parla anche Propp in Radici storiche dei racconti di fate (1946).
Secondo questi studiosi, la narrazione fiabesca si innesta su un desiderio e ne diventa sua realizzazione più compiuta; i repertori della fiaba tratteggiano un mondo perfetto in cui la natura asseconda e soddisfa tutti i bisogni dell’uomo, un mondo alieno dalla realtà storica (anche se non sempre direttamente all’inizio della fiaba) e da qualsiasi conflitto sociale. Si tratta di un terreno comune a tutte le fiabe, in cui gli elementi naturali e artificiali si armonizzano in base ai desideri e ai bisogni umani: le fiabe raccontate in tempi di carestia possono muovere da essa ma fanno poi riferimento all’abbondanza dei raccolti e alla generosità della terra, allo stesso modo quelle narrate in tempi di guerra si ambientano invece in tempi di pace e prosperità.
Finanche nel Decameron, la più grande opera pop della nostra letteratura, vediamo valere questa legge della narrazione popolare: sono gli anni della peste nera ma l’ambientazione in cui la brigata si intrattiene nei racconti è una tranquilla e idilliaca campagna fuor di Firenze. Relegazione del negativo e annichilimento di esso dal quotidiano.
Volendo poi ricercare analogie, quello che avviene con l’ambientazione delle fiabe somiglia a un procedimento tipico delle scienze biodinamiche, in cui per la sopravvivenza di una determinata specie (vegetale, animale o microbica che sia) si procede alla creazione artificiale di un ecosistema volto a garantirne la sopravvivenza e le migliori condizioni di vita.

Estelle cresce e diventa adulta all'interno della sontuosa gabbia costruita dal re suo padre, mosso da un disperato amore verso la figlia e dalla paura di restare solo. Ad accoglierla ad ogni suo risveglio ci sono i profumi provenienti dal meraviglioso giardino del castello costellato di boccioli e fiori «sbarcati da ogni terra conosciuta, che variavano in mille colori».
Per la principessa arriva poi il tempo di scegliere il suo sposo e allora il re suo padre invita a corte tutti i principi e i nobili delle più importanti casate per una festa di tre giorni in cui Estelle avrebbe fatto la conoscenza del suo futuro marito, sempre che quest’ultimo avesse accettato di vivere il matrimonio tra le mura del palazzo di re Gustav IV. Ma la bellezza della principessa Estelle non lasciava intravedere alcun dubbio in merito all’accettazione di questa clausola.
Nel palazzo ornato a festa sfilano eleganti gli invitati e gli ufficiali dei regni vicini e lontani, ogni parola dell’autore in questo passo trasuda sfarzo, lusso e ricercatezza di costumi. I profumi che arrivano dalle cucine del palazzo e i cibi che percorrono i corridoi sono irresistibili, le pietanze elencate dall’autore con sapienza e maestria.
Il cibo costituisce un altro elemento chiave non solo della fiaba di Piccolo ma del genere fiabesco in generale, in quanto esso ha nella narrazione un forte valore semantico: i frutti della terra (patate, pomodori, peperoni, cavoli ecc.) sono sinonimo di povertà, quelli degli alberi rappresentano invece la magia (la mela di Biancaneve, le tre melarance dell’omonima fiaba italiana), i timballi e le preparazioni grasse significano ricchezza, mentre il dolce è correlativo oggettivo della felicità. Nulla di effettivamente innovante, si dirà, ma il problema della fiaba non è mai stato il nuovo e la sua produzione, bensì l’originario e la sua manutenzione (Paesaggi della fiaba. Luoghi, scenari, percorsi, pag.36).
Non a caso l’innamoramento di Estelle avviene in presenza d’un dolce, il montblanc, che la principessa mangia insieme a Juan, suonatore di accordìon dell’orchestrina di Rodrigo de Peñalosa, arrivata a palazzo per accompagnare le danze dei nobili. Il giovane suonatore si introduce furtivamente nelle cucine reali spinto dalla fame e dalla curiosità e rimane affascinato da una «fila lunghissima di soffici piramidi avorio di montblanc».
Una cucchiaiata dopo l’altra Juan si accorge che qualcuno sta facendo lo stesso all’altro capo di quelle ghiotte piramidi, scoprendo poi che la sua compagna nel dolce, dunque nella felicità, è proprio Estelle. Alla vista della bellezza della ragazza, Juan non riesce a proferire parola e proprio nella dolcezza e nel silenzio il sentimento amoroso irrompe nella fiaba e non ne uscirà più.

La fiaba di Piccolo sorprende per le sue descrizioni e ancor di più per la maniera in cui tratta la tematica amorosa, sciolta dal vincolo dell’idillio a lieto fine: l’amore esiste anche quando non trionfa.
Il personaggio di Estelle acquisisce complessità pagina dopo pagina e quasi fuoriesce dal canone voluto dal genere, rivelando così importanti elementi circa la genesi della fiaba, una fiaba pensata come traduzione scritta d’un immaginario, quello dell’autore, che trova nello schema fiabesco la sua ambientazione ideale.  

Bibliografia:
Massimo Piccolo, Estelle, Cuzzolin, 2018.
Cambi-Rossi, Paesaggi della fiaba: luoghi, scenari, percorsi, Armando editore, 2006.
Vladimir Jakovlevič Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, traduzione di Clara Coisson, Einaudi, 1949.

Vincenzo Borriello

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