Capitolo 9.

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SIERRA'S POV

Era tristissimo vedere Cole in galera, era un bravo ragazzo e non lo meritava. Sapevo benissimo che Ethan non era morto per colpa sua, volevo solo che uscisse da lì per stare con Autumn.
L'ultima volta che vidi Autumn mi lasciò il suo numero, in modo tale da poterla tenere informata su Cole e per sentirci in caso avessi avuto bisogno di una mano con il bambino.
Digitai il suo numero.
<<Autumn, ciao tesoro. Ti va di prendere un caffè oggi?>> Le chiesi
<<Ciao Sierra, come stai? Certo, penso proprio di essere libera per oggi pomeriggio>>
<<Ci vediamo alle cinque P.M. all'Amrican bar, okay?>>
<<Alle cinque P.M. va benissimo, d'accordo>>
Le avrei dato la lettera di Cole e avremmo passato un po' di tempo insieme.
Erano le quattro P.M. e non avevo niente da mettere.
Aprii l'armadio e mi sedetti sul letto, stetti a contemplarlo nella speranza che mi venisse un'idea su come vestirmi.
Decisi di mettere un paio di jeans bianchi con una piccola strappatura sulla coscia e due sui ginocchi, una maglia a maniche corte rossa e con le spalle di fuori e le converse rosse.
Finì di sistemare i capelli che legai in una coda abbastanza alta alle quattro e trenta P.M., era tardissimo.
Sfrecciai con l'auto all'American bar e arrivai in venti minuti, erano le quattro e cinquanta P.M.
Autumn non c'era ancora, dunque mi sedetti e l'aspettai. Ero davvero cambiata dalla morte di Ethan, sorridevo poco ed ero molto dimagrita, cercavo di riprendermi, ma quando muore la persona che ami e il padre di tuo figlio è difficile riprendersi, ma non volevo mica che Cole se ne facesse una colpa.
Mentre ero immersa nei miei pensieri vidi arrivare Autumn. Aveva un vestitino blu con degli stivaletti primaverili. Perché a quella ragazza stava tutto bene?
<<Ciao Sierra, scusa per il ritardo. Ho trovato traffico durante il tragitto, penso aspetti da un po'>>mi disse
<<No no Autumn, tranquilla>>
<<Sediamoci dai>> continuai
<<Come sta il bambino?>> Mi chiese
<<Guarda non parliamo del bambino, non ce la faccio più. Si sveglia ogni notte perché vuole il latte, piange sempre e non c'è qualcuno che mi aiuti>>
<<E i tuoi?>>
<<Mi avrebbero aiutata con i soldi, ma non con il bambino. Mi hanno detto che qualche volta l'avrebbero tenuto, ma nulla di più. Fanno già tanto per me>>
"Capisco il pensiero dei tuoi, dovrai pur abituarti"
<<Si, esatto, meglio così>>
<<Oh Autumn, ho una cosa da darti>> le dissi
<<Cole mi ha risposto alla lettera? Ti prego, dimmi di sì>>
Vedevo la felicità nei suoi, quella felicità negli occhi di chi ama.
<<Sei meravigliosa, Autumn>>
<<Perché me lo dici?>> Mi chiese lei ridendo
<<Perché tu non hai bisogno di parole, tu usi gli occhi. Ti basta uno sguardo per incantare tutti>>
<<Sierra dai, ma che dici>> rise ancora
<<La vuoi o no la lettera?>> Le chiesi cambiando discorso
<<Si Sierra, grazie mille per ciò che hai fatto e che farai ancora>>
Stemmo lì per un'altra ora e mezza, poi andammo a casa.

AUTUMN'S POV

Non avevo mai corso così con l'auto. Stavo per investire un passante, sono passata con il rosso e per poco non m'inseguiva la polizia.
Tutto questo per leggere la lettera di Cole.
Arrivata a casa mi sciolsi i capelli, tolsi le scarpe e corsi sulla tetto di casa, il mio posto preferito prima di incontrare Cole.
Cominciai a leggere: Promesso, amore mio, te lo prometto ora e sempre. Non c'è nemmeno bisogno che tu me lo dica. Non ti dimenticherei a priori.
Non farò passare né 10, né 20, né 30 anni prima di fermarmi a pensare a colei che adorava i miei occhi. Mi fermo e mi fermerò ogni giorno a pensarti. Tu non lo sai, ma non passa un solo giorno in cui io non ti pensi almeno un po'. Vorrei tenerti la mano e guardarti mentre parli appassionatamente dei tuoi sogni, almeno un'ultima volta. Non ti dirò mai un "arrivederci", perché "arrivederci" significa andare via, e andare via significa dimenticare. E io non ti dimentico.
Voglio solo che non mi dimentichi
che il tempo passi senza scalfire il ricordo che hai di me
che tra qualche anno tu non pensi "è stata una cosa come un'altra che è passata come passa tutto"
perché adesso è molto più di questo
perché in qualche modo so che in un modo o nell'altro per me sarai sempre molto più di questo
più di un passatempo, più di un errore che dimentichi nel tempo, più di una chiacchierata al bar con qualche amico dove finisci dicendo "si, una volta mi hanno spezzato il cuore ma ora è tutto apposto"
voglio che stai bene e che non fai più caso ai tuoi scheletri nell'armadio, che ti svegli già ridendo e che di domenica esci col sole a farti scompigliare i capelli dal vento, voglio che anche quando amerai un altro e si sveglierà di fianco a te tu non ti dimentichi i miei occhi fermi sui tuoi punti deboli a cercare un modo per farti sentire bellissima anche quando ti senti triste e stanca e che tutto pesa troppo. Voglio questo: che non ti dimentichi come ci siamo sentiti
i viaggi dentro alle cicatrici, le tue mani sui miei lividi e i momenti a sentirci veramente
vivi quando tutto il resto sfumava e la mia paura del futuro se ne stava lì ferma tra i sogni che mi disegnavi con gli sguardi e mi finivano tra i capelli
ti prego, dimmi che non te lo dimentichi
quanto amore ci ho messo a guardarti, a stringerti i polsi, a trattenere ogni respiro che mi hai dato nella bocca perché era aria per chi come me a tratti non respira oppure respira a scatti.
voglio che non mi dimentichi
che ti ricordi le cose che ci siamo detti
che mi porti dentro come le foto più belle dentro ad un cassetto: okay, non sono sempre con te ma ti ricordano che è stato bello.
Perché è stato bello, giuro, è stato così bello che non voglio più raccontarlo. Che se lo racconto mi fa male il petto.
E vorrei solo avere ancora un po' di tempo con te solo per guardarti ridere mentre il sole ti esplode negli occhi.
Ma non è possibile, e voglio che non mi dimentichi
che non ti dimentichi quelle sensazioni, quegli attimi, i capelli, i colori, i baci sulla pelle come pioggia e grandine.
saremo speciali ancora, ma nei ricordi
non ti dimentico
prometti di non dimenticarmi.
Quella lettera me la sarei tenuta cara, era l'unica cosa che avevo di Cole.
Avevo una domanda, una sola: se l'amore è una cosa bella, perché soffriamo?
Non ho una risposta, non la ho adesso e non l'avrò mai. Ma posso provare a fare un pensiero.
Soffriamo perché siamo incapaci di tenerci stretto qualcosa più grande di noi, perché abbiamo paura di sbagliare, paura di non essere ricambiati, paura. Quanto è brutta questa parola, anch'io avevo paura prima di incontrare Cole, ma non so esattamente di cosa. In quel momento, quando lui era nella mia vita, era tutto a posto. Capivo tutto e tutto riprendeva un senso quando guardavo nei suoi occhi. Quegli occhi, raccontavano la storia della sua vita. Gli occhi di ognuno di noi raccontano della nostra vita, ma prima ancora raccontano di noi. Cosa raccontano i miei?
Penso raccontassero di una bambina che sprigionava gioia da tutti i pori, ma a questa bambina era stata tolta l'unica cosa per la quale valeva la pena, la speranza che ogni bambino ha nell'amore. Che cosa meravigliosa il sentir parlare i bambini dell'amore. Sono così piccoli, così ingenui e così dolci. Vogliono il principe azzurro e non pensano più a niente. Vedete? Dovremmo essere tutti un po' bambini, loro sono quelli che sanno veramente cos'è l'amore, perché la verità viene detta dai bambini, e loro sanno amare.
Quella bambina aveva sempre capito tutti con uno sguardo, ma non ha mai capito se stessa. Le serviva uno specchio, per guardarsi e comprendersi meglio. E se invece lo specchio fosse stato lei? E se fossimo tutti degli specchi? Allora tutti sapremmo parlare di noi stessi, ma nessuno riesce a parlare di se senza dire almeno una finta verità.
Non parliamo mai di noi stessi fino in fondo, nemmeno di cosa proviamo.
Io riuscivo a vedere il mondo solo insieme a Cole, era lui che volevo. Volevo quegli occhi. Mi sono innamorata di quegli occhi che mi parlavano senza dire una parola, che mi accarezzavano dolcemente il viso, mi sono innamorata di quegli occhi e di tutte le volte in cui guardandoli ho scordato cosa volessi dirgli.
I suoi occhi mi chiedevano "a cosa pensi?"
Ma io non rispondevo, non sapevo cosa rispondere. Dunque, un giorno decisi di rispondere "a niente, mi riesce solo quando c'è silenzio ed io vi guardo". I nostri occhi parlavano, ed erano meglio delle parole che in quei momenti avremmo potuto dirci noi stessi.
Inoltre quei baci, quei baci. Dio ha inventato gli occhi, ma ha inventato anche i baci. Anche loro raccontano, ci dicono tutto senza dirci niente.
Raccolsi tutti questi pensieri in una lettera che io stessa il giorno dopo portai al carcere.
Mi svegliai di buon mattino e andai a consegnare la lettera.
Giunta lì firmai le carte e dissi al poliziotto di darla a Cole, quella non l'avrebbe mai rifiutata.

COLE'S POV

<<Brooks, letterina per te>> mi disse il poliziotto di colore
<<Per me?>>
<<C'è un altro Cole Brooks per caso?>>
<<Direi proprio di no>> risposi
<<E allora tieni, prendi>>
Me la passò ed io la presi
Sopra c'era scritto: 𝓐𝓾𝓽𝓾𝓶𝓷
Stavo già sognando.
Ne lessi il contenuto. Fanculo alla prigione, alla polizia, a mio padre e a tutti. Ero dentro quattro mura che puzzavano di muffa, mentre fuori c'era lei, e la mia vita senza lei non aveva alcun senso.
Una sera Autumn mi disse: <<Cole, vieni qui. Quando il tempo complicherà le cose, ricorda: siamo solo pelle. E quando la distanza vorrà spegnerci, ricorda: siamo come stelle>>
Sembrava quasi conoscere il fatto che le cose si sarebbero complicate, non in questo modo, ma lo sapeva. Sapeva tutto, cazzo. Sapeva leggermi negli occhi e nel cuore, ma la cosa non mi metteva paura, anzi, avere qualcuno in grado di comprendere la tua mente è un altro tipo di intimità. Questo succede tra simili.
Non le scrissi una lettera stavolta. Quella volta decisi di scriverle una poesia, potrà sembrare una cosa un po' demenziale, ma per me non lo era affatto.
Presi la penna che mi aveva dato il poliziotto e scrissi la poesia: "Tra simili ci si riconosce al volo,
si riconosce uno sguardo, la felicità
il suono delle impronte e
i respiri.
Due simili temono di scoprirsi,
hanno paura di essere differenti.
Essendo simili, sogneranno di trovare
qualcuno come loro.
Cominceranno a cercare ovunque
a partire dai sogni,
voleranno in alto
tenendosi per mano
e con le mani legate a dei palloncini
arriveranno sulla luna.
Ritorneranno al luogo di partenza
i sogni,
luogo in cui tutto il male
vola via
e in cui il gioco dell'incontro
è per pochi intimi.
E così saranno destinati
ad un'eterna complicità"
Non importava quello che avevamo passato, importava solo ciò che avevamo creato.
Sierra non tornò subito a trovarmi. Tornò dopo circa una settimana.
In questa settimana non feci granché, ma d'altronde cosa si può fare in una prigione?
Mi svegliavo, mi lavavo, prestavo il servizio che bisogna dare quando si è in prigione, mangiavo, tornavo in cella, la cena e poi di nuovo dietro le sbarre. Ogni giorno sempre la stessa storia per i successivi 8 anni della mia vita.
Arrivò il solito poliziotto di colore a dirmi che Sierra era venuta a trovarmi, dunque venni condotto nella sala delle visite.
<<Ciao Sierra>> le dissi
<<Ciao Cole>>
<<Come stai?>> Le chiesi
<<Sto bene, tu come stai?>>
<<È una domanda inutile, non credi?>> Dando il tutto quasi per scontato
<<Si scusami, hai ragione>> mi rispose
<<Tieni, questa lettera è per Autumn>>
Gliela passai attraverso il cassetto, in modo tale che potesse prenderla.
<<Sto facendo da intermediario in questo periodo>> mi disse ridendo
<<Sierra, non farti problemi. Se ti scoccia puoi anche dirmelo, sai, non mi sorprenderebbe>> le dissi triste, le avevo già fatto abbastanza.
<<Ma no Cole, ma che dici! Lo farò sempre con piacere>> mi disse sorridendomi.
Subito dopo le arrivò una chiamata.
<<Pronto... si, mamma, dimmi. Colton? Cos'ha? Cazzo! Arrivo immediatamente>>
Quasi urlò
<<Sierra, cos'ha il bambino?>>
<<Ehm... non respira bene. Cole, torno presto, scappo!>>
<<Fammi sapere come sta, ti prego>> la implorai. Dovevo sapere tutto di quel bambino, era fin troppo importante per me.
Tornai in cella poco dopo, ero stanco. Non so di cosa dato che non facevo quasi nulla per tutto il giorno. Era la stanchezza della muffa, del letto chiodato, di quella specie di tuta gialla e soprattutto chissà chi l'aveva messa prima di me, la stanchezza di quella vita e di stare rinchiuso là dentro. Ma ormai era quella la mia vita. Dovevo stare lì per obbligo, e volevo starci per Ethan, anche se sapevo che lui avrebbe voluto tutto il contrario per me.
Mi manca Ethan, mi manca Autumn, mi manca Greg. Mi mancano le mie persone.
E la colpa era solo e solamente mia.

AUTUMN'S POV

Il poliziotto mi assicurò l'arrivo a destinazione della lettera. Era stato proprio bella scriverla, c'erano tanti dei miei pensieri dentro, chissà che se gli sarebbe piaciuta.
Tornai a casa con calma data la corsa dell'andata. Ero sempre più a pezzi e nessuno mi capiva. Cazzo mi lamento se ero io la prima a non lasciarmi capire.
Forse non ero io a non voler essere capita, volevo solo che qualcuno imparasse a farlo senza che gli venisse spiegato come fare, senza bisogno di conoscermi a fondo.
Ma so che l'unica a capire la gente con un solo sguardo ero io. Ma perché avevo questo dono?
Non poteva darlo ad una delle mie amiche? O a mamma e papà? No, sarebbero stato fin troppo bello.
La mia vita continuò così per un bel po'.
Tornai al carcere tutti i giorni per un mese, e poi ogni settimana per un anno.
Ma nulla, non ottenevo mai nulla. Sempre e solo un bel vaffanculo.

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