Il cielo in una stanza

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CUORI IN TEMPESTA

Il Cielo In Una Stanza

"Non è mai notte quando vedo il tuo volto; perciò ora a me non sembra che sia notte, né che il bosco sia spopolato e solitario, perché per me tu sei il mondo intero; chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi?"

-W. Shakespeare

Sono le tre del mattino quando chiudo il diario della nonna.

Ho le mani che mi tremano e le guance bagnate di lacrime. Mi bruciano gli occhi e sento all'altezza del petto una sensazione di profondo vuoto. La stessa che provo quando finisco di leggere un romanzo che mi è entrato nel cuore. Fa male e bene allo stesso tempo.

Ho letto il diario personale di mia nonna, della madre di mia mamma. Ho letto della suo primo incontro con quello che è mio nonno, di come lui si fosse innamorato di lei fin dal primo istante in cui i loro sguardi si erano incontrati, dell'evolversi dei loro sentimenti, del loro amore, un amore puro, gentile, che sa di tempi andati. Ho avuto modo di scoprire com'erano le sue giornate, com'era la sua vita, ho colto le sfumature del suo carattere, trovandola così simile a me nella caparbietà e nell'orgoglio.

E poi...

... Santa Monica.

Mio nonno chiamava la donna di cui era innamorato con un nomignolo stupido e un po' sprezzante, ma alla luce dei fatti anche così dolce. Voleva solo attirare la sua attenzione, pensando di farla divertire.

Perché questa storia mi ricorda tanto la mia?

Gioacchino e il suo modo di chiamarmi per tanti anni. Monica la monaca, Santa Monica. Quanto dobbiamo essere state simili io e lei?

Sono contenta che nell'ultima pagina abbia precisato che avrebbe tollerato che qualcuno leggesse il suo diario solo se quel qualcuno fosse stato sangue del suo sangue. Io sono sangue del suo sangue e questo mi fa sentire meno in colpa. Per tutto il tempo ho avuto l'impressione di essere una spettatrice invadente che stava scavando più a fondo di quando avrebbe dovuto. Però non mi pento e se tornassi indietro lo farei di nuovo; questo diario è per me adesso un tesoro di inestimabile valore. Mi ha permesso di scoprire com'era mia nonna, che mi ha lasciato quando ero solo uno scricciolo, ma anche di osservare più da vicino mio nonno.

La sua scrittura, così scorrevole e pura, mi ha permesso di immaginare tutto per bene. Ho visto davanti a me un giovane Marcello, dagli occhi profondi e la pelle baciata dal sole, ho visto i suoi sorrisi sornioni, i suoi sguardi dispettosi, gli sono stata accanto nei momenti in cui, un po' goffamente, provava a corteggiare mia nonna, quando le ha detto che era la ragazza più bella che avesse mai visto, quando le ha regalato quella collana comprata dopo tanti sacrifici.

Sono stata al loro matrimonio, o almeno, anche se la nonna non lo ha descritto, me lo sono immaginata perfettamente. La nonna, con un abito bianco come la neve, ricamato sulle braccia e più stretto sulla vita, con il velo candido e lungo a coprirle i capelli scuri e soffici. Le sue guance scarlatte, i suoi occhi colmi di amore e timidezza. Il nonno, con il completo elegante, i capelli un po' sbarazzini, la cravatta che proprio non voleva essere ben ordinata, la sicurezza apparente e l'imbarazzo e la paura nel cuore.

Altre lacrime scorrono dai miei occhi ed io non le fermo. Ho il cuore colmo di così tante sensazioni che ho voglia di piangere fino a quando non ce ne sarà più nemmeno una da versare.

Quanto sono stata fortunata ad avere la possibilità di vivere tutto ciò?

Ma, soprattutto, perché sono stata lontana da mio nonno per tutto questo tempo? Perché ci siamo sentiti solo per telefono in tutti questi anni?

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