|| 𝚂𝙴𝚂𝚃𝙾 𝙶𝙸𝙾𝚁𝙽𝙾 ||

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Thor strigliava il suo cavallo prediletto, soffocando continui sbadigli senza grandi risultati, mentre il sole batteva incessante sul tetto di legno e paglia delle scuderie. Voleva apparire fiero e capace sotto lo sguardo curioso della zingara, ma la lunga festa della serata precedente lo aveva sfinito e, benché si fosse imposto un coprifuoco, aveva tirato troppo tardi. Ma nonostante il sonno, riusciva ad impressionare la ragazza.
“Vedi, sono buoni.” stava rassicurando Grazia, la danzatrice migliore dell'intero universo e la fanciulla più delicata e fine che Thor avesse mai conosciuto, che a quanto pareva non aveva mai visto un cavallo in tutta la sua vita. Durante le precedenti serate gli aveva raccontato di creature assurde e feroci di qualsiasi genere e misura, ma per assurdo la giovane fanciulla sembrava intimorita da quelle docili bestie, ancora mezze addormentate nonostante si stesse rapidamente avvicinando il mezzogiorno.
“Thor.” lo interruppe lei, puntandogli contro i suoi enormi occhi dolci, che facevano sciogliere tutti coloro che avevano il privilegio di incrociarli. Iridi di un rosso pallido, sfumato in rosa all'esterno e non dissimile dal colore di un tenero bocciolo di rosa.
“Dimmi.” Thor aveva smesso di dare del voi a Grazia già da un paio di giorni, come faceva invece con tutte le altre ragazze, quando era stato sicuro che il loro legame fosse sufficientemente saldo da non dover ricorrere più a tali tipi di corteggiamento. Lo riteneva un passo importante all'interno di una relazione tra maschio e femmina, uno di quei passi che suo fratello proprio non era capace di capire e che reputava stupidi ed inutili.
“E' vero quello che dicevi ieri sera?” domandò flebilmente la giovane.
Per un istante, la mano che brandiva la spazzola con cui Thor stava strigliando il suo destriero si bloccò. Il ragazzo si era svegliato nel suo letto quella mattina, sudato e con un gran mal di testa – all'incirca come dopo ogni buona festa – e aveva ben presto scoperto che ricordava molto poco della serata precedente, da quando aveva mandato giù il primo sorso di vino.
“Qu...quando?” chiese, schiarendosi la voce per nascondere un tremolio tra le sue parole. Non ricordava profondi discorsi insieme alla ragazza, sicuramente non qualcosa che potesse dar pensiero alla giovane danzatrice. Grazia si mosse un po' a disagio, avvicinandosi con cautela al giovane dio.
“Quando i tuoi amici ti hanno ricordato il tuo impegno....il tuo proposito.”
Il figlio di Odino sentì le dita tremare. Ricordava di aver chiesto la mattina precedente ai suoi amici, in caso si fosse tirato indietro all'ultimo, di impedirgli di abbandonare l'idea di provare la sfida della principessa, in qualsiasi caso. Ora la terribile idea di potersi essere presentato a lei in condizioni vergognese, ubriaco e stanco, gli scuoteva le membra. Voleva credere di essersi opposto, di non aver davvero gettato al vento in quella maniera la sua unica possibilità. Tacque, invitando con il suo silenzio Grazia a continuare.
“Volevi davvero provare la sfida della principessa.” dichiarò la zingara, con voce più sicura. “L'hai sempre detto, ti si leggeva negli occhi. Ma...” la ragazza lasciò che le sue parole sfumassero, mentre si avvicinava ancora al principe, che cominciava a sudare freddo. Non ricordava di aver passato nemmeno un minuto nella tenda della principessa, non ricordava di aver visto una ragazza tanto perfetta davanti a sé, non si ricordava di aver dato un verdetto allo Sciamano, davanti a Zekos e asgardiani. Non ricordava nulla. Ma purtroppo per lui, una cosa del genere era già successa in passato. Ora le parole di Grazia erano l'unica cosa che avrebbe potuto confermare le sue peggiori paure o annullarle in un istante. In entrambi i casi, Thor sentiva qualcosa di diverso nel modo di approcciarsi all'idea – forse troppo utopizzata – della principessa, così come nel rapporto con Grazia. Era come se, in fondo al suo cuore, il pensiero di aver già fallito la prova, sotto quel consistente strato di vergogna ed imbarazzo, celasse del sollievo.
“Ma ieri hai detto di no.”
Thor non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo.
Pensò che se lui era tanto ubriaco da non riuscire a ricordare alcunché, allora anche i suoi fedeli compagni di avventure dovevano essere in uno stato altrettanto pietoso, perciò il loro concetto di “convincerlo a non desistere” doveva essersi limitato ad una battuta accompagnata da una pacca sulla spalla e sfociata in una risata colletiva, che subito doveva aver fatto dimenticare a tutti la principessa e la sfida. Tuttavia Thor sentì il cuore più leggero, sapendo di non aver disonorato in alcun modo il nome di suo padre, presentandosi ubriaco davanti alla futura regina degli Zekos. Odino non glielo avrebbe mai perdonato. Ma, nonostante il sollievo e la gioia per quella notizia, il peso imminente della sfida – che il ragazzo si sentiva quasi obbligato ad affrontare – ancora gravava su di lui. Il principe smise di strigliare il suo cavallo e gettò la spazzola nel secchio traboccante di utensili e arnesi vari specifici alla cura del destriero, voltandosi verso la ragazza, felice come non mai di averla intorno. Gli aveva tolto un gran peso dallo stomaco, su quello non c'era alcun dubbio.
“Credo sia stato meglio, non dovevo essere nella mia forma migliore.” ironizzò il biondo mentre, con un fugace sorriso rivolto alla ballerina, afferrava uno straccio e comincava a pulirsi le mani dallo sporco lasciato sulle sue dita dall'animale e dai vecchi strumenti che stava usando.
“Hai detto che avresti rinunciato alla sfida per sempre.” continuò lei, mentre una nota di tensione si faceva più evidente nelle sue parole. Thor rise, dando le spalle alla zingara e piegandosi a frugare nel secchio, alla ricerca del pettine apposito per la criniera fine e perfettamente curata del suo amico quadrupede. Come per i suoi, Thor aveva sempre avuto una grandissima cura per i “capelli” del proprio animale, che si trattasse di un cavallo o di un animale più piccolo, come un gatto o un cane, anche se essi erano molto più rari a palazzo e decisamente più nello stile del fratello.
“Ero ubriaco marcio, Gracie, chissà quante altre sciocchezze avrò...”
“Hai detto che avresti rinunciato per me.”
Sputò quelle parole come se le stessero bruciando la bocca, quasi non vedesse l'ora di liberarsene. Ed effittivamente, parvero rodere anche il principe di Asgard.
Thor perse la presa sul pettine, che scivolò per qualche centimetro nella criniera del maestoso animale, impigliandosi in un paio di grossi nodi e rimanendo appeso di traverso alla chioma del cavallo, in bilico. Thor non aveva intenzione alcuna di voltarsi, non ne sarebbe nemmeno stato capace. Riusciva soltanto a rimanere immobile, gli occhi sbarrati a fissare il collo del cavallo davanti a sé senza vederlo davvero, il cuore che gli martellava nelle orecchie. Sobrio o meno, mai aveva detto una cosa del genere ad una ragazza e di certo non aveva mai nemmeno lontanamente pensato di lasciar perdere la principessa degli Zekos per un'altra ragazza.
Eppure l'aveva detto. Aveva detto a Grazia che avrebbe rinunciato alla prova per lei. E lei ora gli stava domandando ciò che anche lui cominciava a chiedersi: lo pensava veramente?
Si accorse solo in quell'istante che prima o poi sarebbe dovuto giungere a quel punto, inesorabilmente. Se avesse tentato la sorte con la principessa avrebbe implicitamente detto a Grazia che, in fin dei conti, quel bocciolo di sentimento che era nato tra di loro non era reale, era qualcosa di calpestabile e che sicuramente non aveva intenzione di prendersene cura. Ma se invece avesse deciso di scegliere Grazia, allora avrebbe dovuto rinunciare alla possibilità di diventare il re del Popolo Perfetto, o almeno di provare ad esserlo. Non poteva amare Grazia e sperare di sposare la principessa Esmeralda.
E fino a qualche momento prima, se gli fosse stata posta la richiesta, lui avrebbe trovato ridicola l'idea di rinunciare a tale opportunità. Ma l'aveva detto. Un angolo del suo cervello, un pezzetto del suo cuore, avevano covato quell'idea in segreto, facendola crescere fino al punto di fargliela dire ad alta voce, in un momento in cui verità e bugia non esistevano più, realtà e pensiero non avevano più un confine ben delimitato.
“Thor...” la voce di Grazia vacillò, mentre la zingara faceva un passò avanti. “So che non eri in te e posso capire se tu...”
“No.”
Thor mise a fuoco il mondo intorno a lui e prese un profondo respiro. Per la prima volta nella sua vita, dinnanzi ad un dilemma del cuore, aveva guardato al comportamento di suo fratello. Loki non aveva mostrato alcun interesse per la principessa, forse rendendosi conto fin da subito di quanto sciocco fosse sperare davvero di riuscire in un'impresa del genere, e si era invece concentrato totalmente su quella zingara dagli occhi viola, quella Sosia di cui spesso Thor aveva sentito parlare all'accampamento e che tutti dipingevano come scorbutica e scostante. Non era abituato a parlare di donne con il fratello, sapeva bene che i sentimenti di Loki erano rinchiusi con pesanti lucchetti all'interno del suo petto e non avrebbe mai avuto nemmeno il coraggio di parlargliene, eppure era più che sicuro che il minore dei figli di Odino avesse aperto il suo cuore alla zingara scorbutica. E per quanto fosse incline ad ammetterlo, Loki era da sempre migliore di lui nel prendere decisione, sapeva sempre cosa fosse meglio per se stesso e per chi aveva intorno e le sue soluzioni erano le più sagge e razionali. Forse, dopo quell'accesa discussione mattutina nella stanza del giovane dio degli inganni, Thor aveva davvero cominciato a capire – forse persino a condividere – il pensiero del fratello. Perciò, per una volta, Thor decise che doveva essere lui il fratello bisognoso di un modello da imitare.
“Lo penso davvero. Non sosterrò la prova della principessa, Grazia.” rispose Thor, sentendo la sua voce molto più sicura di quanto avesse previsto. Quel lieve sollievo che aveva avvertito nel pensare di aver già sostenuto la prova in un momento di debolezza totale lo pervase e si rese conto che forse avrebbe dovuto prendere quella decisione molto tempo prima, così da potersi godere appieno quei pochi giorni che gli erano stati donati in compagnia di Grazia e della sua tribù. Finalmente il ragazzo si voltò, regalando un caldo sorriso alla ragazza, evidentemente sorpresa.
“Non ne ho bisogno.”
La zingara sorrise e gli si fece accanto in un istante, esitando un istante prima di prendergli il volto nelle sottili mani e baciarlo. Fu uno scambio veloce, molto meno significativo di altri baci che Thor era riuscito a rubare dalle labbra della danzatrice prodigio, e che terminò in fretta, sfociando in un abbraccio un po' scomodo. E mentre Thor la abbracciava sentiva inevitabilmente un'ondata di rimorso lacerargli lo stomaco, avventandosi sul suo ventre in maniera quasi dolorosa. Ma sapeva che non si sarebbe rimangiato la parola. Avrebbe convissuto probabilmente per sempre con il rimorso di non aver potuto vedere la giovane dalla belezza perfetta, ma sentiva che sarebbe stato peggio perdere un legame di cui aveva già la certezza, piuttosto che qualcosa di impossibile.
E sapeva che di quello non se ne sarebbe pentito.

“Veramente?”
“Te lo posso giurare.” rispose Grazia, con un sorriso enorme che non era riuscita a cancellare dal proprio volto. Sosia lasciò correre lo sguardo sull'orizzonte, senza sapere cosa rispondere.
“Be'...wow.” disse infine, facendo ridere la sorella.
“Sono contenta per te, Grazia.” si corresse, con un sorriso affettuoso, piegandosi in avanti e appoggiando i gomiti sulle ginocchia, unendo poi le mani in aria, come faceva spesso quando era distratta.
“Abbiamo fatto il punteggio massimo, non è così Sosia?” chiese ridendo la danzatrice, bevendo un sorso del suo tè e fissando la sottile linea che divideva la prateria sconfinata dal cielo ancora chiaro di Asgard.
Le due ragazze si erano allontanate di un poco dall'accampamento, arrivando ai margini del bosco e trascinando sul terriccio un albero caduto, così da potersi creare una panca ai limiti della foresta, da dove poter osservare la vasta terra di Asgard e parlare in tranquillità, senza orecchie indiscrete o interruzioni varie. Da quando si erano allontanate già tre volte avevano sentito il loro popolo accogliere nuovi uomini venuti a provare a risolvere il loro enigma irrisolvibile, ma nessuna delle tre volte doveva essere andata bene, come c'era da aspettarsi.
Sosia aggrottò le sopracciglia, mandando giù un sorso del tè che si erano portate dietro dalla tenda di Grazia prima di rispondere.
“Cosa intendi?” domandò dopo aver deglutito, apparendo per la prima volta quasi ingenua agli occhi dell'amica e sorella, che rise di gusto.
“Avanti Sosia, non vorrai farmi credere che non ti sia accorta di ciò che sta accadendo tra te e il principino pallido!”
Le sopracciglia di Sosia, se possibile, si aggrottarono ancora di più e la sua espressione divenne sin buffa.
“Tra me e Loki non c'è assolutamente niente. È un ragazzo molto sveglio e un soggetto veramente interessante, ma questo non basta per attirare la mia attenzione.” disse. Grazia la studiò attentamente, riconoscendo quel tono di voce e quelle parole così fredde ed estrane, che probabilmente non avrebbe mai usato per descrivere il principe in un contesto diverso. Ma Grazia la conosceva, poteva vantarsi di essere una delle zingare che meglio sapeva interpretare il brutto carattere di Sosia, sempre così sarcastica e chiusa, e sapeva benissimo cosa stava facendo in quel momento: si chiudeva in se stessa, negava qualsiasi rapposto, fingeva di non essere interessata a nulla di ciò che le veniva proposto, così da non dover soffrire quando questo le sarebbe stato strappato via.
“E comunque, io non posso innamorarmi.” aggiunse la ragazza.
Ecco, avrebbe voluto rispondere Grazia, sapevo l'avresti detto. Era quello il nocciolo, lo era da sempre.
“Sai che non è così.” ribatté la danzatrice, rigirando l'indice nel suo tè e osservando i cerchi e le spirali che andavano creandosi. “Tu puoi amare meglio di chiunque altro all'accampamento.”
“Ma a che fine? Non posso avere relazioni durature. Nemmeno tu puoi.”
Grazia sospirò. Quella conversazione non avrebbe mai portato a nulla, ne era perfettamente consaevole. Eppure quella volta non voleva mollare. Aveva sentito quelle parole milioni di volte, ma questa volta non avrebbe lasciato correre.
“D'accordo, allora.” disse, alzandosi dal tronco con sorpresa della sorella, che subito mosse lo sguardo sulla compagna. “Non farlo. Ma credimi, Sosia, quel ragazzo ti guarda come se fossi la sua regina, anche se non credo se ne sia mai accorto. Forse siete entrambi troppo feriti per accettarlo.”
Sosia guardò la sorella tornare verso l'accampamento, senza volerla seguire, non immediatamente almeno.
Prima avrebbe dovuto digerire il macigno che Grazia le aveva gettato addosso.





























Jotunheim

ogni tanto sparisco, non so perché.

in ogni caso questa storia è un poco morta e nessuno commenta mai.
rippissimo, e io che avevo aspettative così alte, speriamo che almeno col tempo prenda un po' vita.

[soul stone.exe has stopped working]

||𝐏𝐄𝐑𝐅𝐄𝐂𝐓 𝐏𝐄𝐎𝐏𝐋𝐄|| 𝘓𝘖𝘒𝘐Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora