|| 𝚂𝙴𝙲𝙾𝙽𝙳𝙾 𝙶𝙸𝙾𝚁𝙽𝙾 ||

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All'alba del secondo giorno dall'arrivo degli Zekos su quel nuovo pianeta, un secondo asgardiano si presentò alle porte dell'ancampamento dei nomadi, impavido e sicuro di poter superare quella prova. Il sole era appena spuntato al lontano orizzonte, tingendo di magnifici colori sui toni dell'arancio il cielo sopra le teste degli Zingari, quando l'uomo dai lunghi capelli castani aveva fatto il suo ingresso nel territorio occupato dal Popolo Perfetto, venendo accolto dal medesimo rituale riservato al primo uomo che aveva tentato la sorte, fallendo miseramente allo scadere della sua ora, la sera precedente. Il nuovo arrivato sfilò tra i resti dei focolari della nottata passata con il mento alto e sguardo fiero, guadagnandosi diverse occhiate cupe dagli Zekos che, riuniti dove la notte prima c'erano stati grandi fuochi, consumavano la prorpia colazione.
“Illuso.” lo apostrofò con una smorfia di disgusto una delle ragazze che, sedeta sulle ceneri di quello che era stato il focolare principale, addentava un pezzo di pane ai cereali, tenendo in equilibrio sulle ginocchia una scodella di legno contenente latte di yak ancora caldo, che una delle zingare anziane le aveva diligentemente scaldato pochi minuti prima. I suoi fratelli e sorelle, suoi coetanei, erano ammassati come lei sui tronchi cavi adibiti a sedie, piuttosto che in piedi appoggiati alle prime tende dell'accampamento o semplicemente abbandonati sul terreno duro della prateria, con le spalle ricurve sulle loro ciotole antiche.
“Detesto quelli che si presentano così, sono quelli che preferisco veder fallire.” commentò a bassa voce, rigirando un piccolo cucchiaio legnoso nel suo latte, facendo ammollire il pane nel liquido biancastro, mentre a qualche metro da loro l'asgardiano richiudeva la tenda dietro di sé.
“Come quel tuo amico, quel principe dai capelli d'oro?” domandò retoricamente uno dei suo fratelli, rivolgendosi ad una delle altre zingare che sbadigliavano nelle loro zuppe, reduci da una notte insonne. “Qual'era il suo nome? Thor, forse?”
La ragazza in questione si limitò a lanciare un'occhiataccia al ragazzo, mentre il suo viso spariva dietro la ciotola di legno consumata dal tempo e lo zingaro sghignazzava allegramente.
La prima zingara ad aver commentato il numero due si pulì la bocca con il dorso della mano, dopo aver ingurgitato tutto il suo latte di yak, lasciando qualche rimasuglio di pane inzuppato abbarbicato ai pendii della sua ciotola.
“E' un illuso pure lui.” dichiarò, attirando su di sé lo sguardio contrariato della zingara che aveva tanto destato l'attenzione del principe asgardiano la sera precedente, con le sue danze aggrazziate e i suoi passi coinvolgenti. “Se ne va in giro, sorridendo a tutte quante, come se quello privo di difetti fosse lui.”
“I principi sono tutti così.” dichiarò con tono saggio il ragazzo che aveva acceso quel dibattito, scuotendo leggermente la sua lunga cascata di treccine castane, intrecciate da fili d'argento.
“Lo pensavo anche io, ma...” la ragazza esitò, prendendo tempo mentre ripuliva l'interno della sua scodella. “Suo fratello, che ci crediate o meno, è diverso da qualsiasi reale io abbia mai incontrato. Pensate che non mi ha rivolta una sola domanda a proposito della principessa.” confessò infine, facendo scivolare la propria ciotola sulla pila di stoviglie sporche, abbandonate al centro delle ceneri del fuoco da tutti coloro che prima di lei avevano terminato la loro colazione. Lo zingaro dalle lunghe treccine argentate alzò le sopracciglia sottili, socchiudendo gli occhi scuri come l'ebano in una magnifica espressione maliziosa, rivolta alla sorella.
Oh oh, la veglia festiva deve avermi dato le allucinazione, perché mi par proprio che la nostraCuore di Marmo abbia trovato il suo abile scultore!” esclamò in tono canzonatorio il ragazzo, più vicino all'età adulta rispetto alla sorella, eppure molto più immaturo e provocatorio. La zingara posò i suoi cupi occhi viola sul volto ghignante del ragazzo ed un sibilo acuto preannunciò l'arrivo della sua risposta, mentre una freccia le spostava leggermente le ciocche scure, sfrecciando oltre il capo dello zingaro e mancando di un soffio una delle sue treccine bicolori.
“Sosia!” il grido di rimprovero proveniente da uno degli adulti fece ridere il gruppetto, mentre zingaro che l'aveva vista minacciare per l'ennesima volta suo fratello con copie più che reali divere e proprie armi si allontanava trasportando una pila di ciotole da lavare.
“Ho capito,” rise lo zingaro appena minacciato, piegandosi all'indietro per poter raccogliere la freccia che aveva rischiato di conficcarsi al centro dei suoi occhi, incastrata nel terreno alle sue spalle. “Non si parla del Viso Pallido.”
Per qualche istante regnò il silenzio sul gruppo di giovani e bambini, che lasciarono spazio al rumore dei mestoli di legno sulle scodelle e delle bocche che aspirano zuppe calde per riscaldarsi dai freddi della notte. Alla fine, a spezzare quel momento, fu uno dei ragazzini più giovani e arzilli, che salto su uno dei tronchi, accovacciandosi al fianco del fratello e puntando i suoi vispi occhi gialli, simili a quelli di un felino, sul gruppo di zingari.
“Veniamo a noi: chi credete abbia più possibilità di indovinare?” sussurrò eccitato, guardando uno per uno i commensali, aspettando qualche scommessa interessante. I ragazzi iniziarono a borbottare qualche pallido parere, ripetendo tutti quanti che necessitavano almeno di un altro paio di giorni per farsi un'idea precisa della fauna asgardiana interessante, ma vennero tutti interrotti dalla più grande delle zingare, che si scostò dalla tenda dove aveva passato gli ultimi minuti ad ascoltare i discorsi dei fratelli. Si fermò alle spalle del piccoletto, mostrando il suo miglior sguardo severo, da giovane donna quale stava per divenire, pronta a portare avanti la stirpe degli Zekos.
“Smettila, Sorte, penso che tu ti sia già arricchito a sufficienza sull'ultimo pianeta, con le tue sciocche scommesse.” lo richiamò severa, ottenendo una risposta mezza bofonchiata dal ragazzino, qualcosa che assomigliava molto ad un “finché mi pagano non sono sciocchezze”, che tuttavia la zingara decise di ignorare.
La ragazza che per prima aveva commentato l'arrivo del numero due, quella che lo zingaro adulto aveva chiamato Sosia, si alzò dal suo posto sul tronco, che le venne abilmente sottratto in un batter d'occhio da uno zingaro più piccolo, che cominciava a stare scomodo per terra, e una volta in piedi all'interno del cerchio di ceneri del focolare si stiracchiò pigramente la schiena, reprimendo un grosso sbadiglio.
“Penso che andrò a caccia.” dichiarò al resto del gruppo, tendendo poi un braccio verso la lunga fila di tende, le dita sottili e macchiate da qualche disegno ad henné tese nell'aria. Qualche protesta da parte degli Zekos capitati sulla sua traiettoia preannunciarono l'arrivo di un arco in metallo, proveniente da un lontano pianeta in cui le armi tecnologiche andavano molto di moda, che si bloccò una volta arrivato in pugno alla ragazza. La giovane fuoriuscì dal cerchio di tronchi, piegandosi a raccogliere la faretra che qualcuno aveva lasciato fuori dalla propria tenda il giorno prima, nella confusione della festa, e gettandosela sulla schiena.
“Sosia...” la richiamò il fratello con le lunghe treccine, ruotando il busto e rivolgendo un'occhiata seria alla sorella, resa molto meno credibile da un baffo di latte sopra il labbro superiore.
“Quando farò ritorno, impiccherò chiunque osi svegliarmi.” chiarì la zingara, senza voltarsi verso i fratelli, scavalcando il corpo dormiente di qualche bambino crollato durante la lunga notte di festa.
“Dovresti attendere un adulto.” le ricordò la sorella maggiore, senza però mettere troppa autorità nel proprio tono, ben sapendo che erano parole sprecate con Sosia.
“Sono più adulta di tutti gli adulti, non necessito di un cane da guardia.” gridò in risposta la ragazza, ormai al limiti dell'accampamento, accelerando poi il passo in modo da non poter sentire un'eventuale risposta degli altri zingari, e proseguendo spedita verso la sua meta.
Avanzò per svariato tempo nella prateria, diretta al bosco vicino al quale era stato collocato l'accampamento, in posizione strategica affinché gli Zekos avessero accesso alla parte più selvaggia di Asgard, potendo cacciarsi il proprio cibo e sentirsi in maggior contatto con la natura del pianeta. Sosia aveva sempre trovato sollievo nelle battute di caccia e aveva una vera e propria collezioni di riconoscimenti da parte del suo popolo per tutte le straordinarie e bizzarre creature che era riuscita a catturare sui diversi pianeti, assicurando il pranzo a molti zingari. La ragazza si addentrò nel bosco inizialmente con passo deciso e rapido, poi con andatura felpata e lenta, divenendo silenziosa come un predatore esperto e leggera come un soffio di vento. Teneva l'arco in spalla, così che i movimenti le fossero più semplici e nessuna bestia potesse intravedere il movimento dell'ingombrante oggetto, se non un attimo prima della propria morte. La natura pareva perdere la sua voce intorno a lei, talmente cauta da non far scricchiolare una sola foglia.
Aveva sempre ritenuto che il mattino fosse il momento migliore della giornata per andare a caccia, quando gli animali diurni si erano appena destati e uscivano allo scoperto in cerca di acqua che placasse la sete che si era risvegliata in loro durante il sonno. E difatti Sosia puntò da principio verso il più vicino corso d'acqua che riusciva a percepire da lontano, udendone il canto e riconoscendo i tipici profumi che in terre come quelle accompagnavano le fonti. Si appostò dietro un cespuglio che le donasse una buona visuale sull'intero corso d'acqua e, come un buon cacciatore sapeva fare, attese. Il tempo passò e le aspettative della zingara non vennero deluse: una maestosa cerva, probabilmente sveglia da poco, uscì dalla selva che si stendeva sull'altra sponda del piccolo fiume, avvicinandosi alla sponda e guardandosi nel riflesso dell'acqua per qualche istante, prima di poter cominciare a bere. Con un gesto talmente rapido da risultare quasi invisibile all'occhio umano, Sosia imbracciò l'arco e incoccò una prima freccia, tendendo la corda con le tre dita coperte dalle protezioni che gli Zekos avevano ereditato dalla cultura midgardiana, ma ad un istante dal lasciare andare il dardo dritto verso la bella cerva, la zingara si voltò con uguale velocità di poco prima, mirando invece alle proprie spalle. La punta in metallo della freccia si arrestò ad un soffio dal naso affilato di un giovane, accovacciato su un solo ginocchio alle spalle della zingara. Due brillanti occhi smeraldo si incrociarono, così da poter fissare l'asta che gli veniva puntata al centro della fronte, facendola vibrare con due dita.
“Non ti hanno mai insegnato che prendere alle spalle un predatore può costarti la vita?” domandò retoricamente la ragazza, mentre sentiva la sua meravigliosa preda sfuggire dietro di lei, spaventata dalla sua stessa voce.
“Suppongo sia un buongiorno.” la salutò con ironia il ragazzo, mentre Sosia riconosceva in quel volto pallido e scarno i lineamenti del principe di Asgard. La zingara abbassò l'arma, rilassando l'arco e stringendo in un pugno la freccia, mentre si rimetteva l'arco in spalla, alzandosi da dietro il suo nascondiglio ormai inutile.
“Si può sapere cosa diavolo ci fai qui?” domandò la ragazza, mentre anche Loki si rimetteva dritto, spolverandosi il lungo soprabito verde scuro, del medesimo colore delle foglie del bosco.
“E' pur sempre il mio pianeta.” fece notare lui, alzando uno scuro sopracciglio nella direzione della ragazza. Sosia lo scrutò torva per un istante, decidendo interiormente se avrebbe ucciso quel ragazzo per il suo carattere o perché le aveva fatto perdere un'ottima preda.
“In ogni caso,” continuò lui, facendo qualche passo indietro, calpestando il terriccio umido mentre l'estremità del cappotto frusciava contro la corteccia degli alberi che sfiorava con le pallide dita. “Più avanti, in quella direzione – indicò alla propria destra – si trovano le stalle e le scuderie. Io e Thor avevamo in programma di fare una cavalcata, lui voleva impressionare una delle tue zingare e io volevo godermi una magnifica giornata di sole; ma ho sentito un rumore passando per di qui, così ho voluto indagare.”
La ragazza lo scrutò ancora per qualche istante con le sopracciglia aggrottate, poi rilassò i muscoli delle spalle, incrociando le braccia abbronzate dai raggi di innumerevoli astri differenti, rivolgendo al ragazzo uno sguardo più dolce.
“Auguro a te e a tuo fratello una buona cavalcata. Credo che entrambi abbiamo impegni da rispettare.” concluse il loro discorso, facendo un cenno con il capo verso la selva alle proprie spalle, accennando alla caccia che ancora doveva portare a termine. Sul volto di Loki si formò un piccolo ghigno.
“In realtà, trovo molto più divertente rimanere qui.”
La ragazza inarcò un sopracciglio nella direzione del principe.
“Ascoltami, Fiocco di Neve, io ho un lavoro da svolgere e se tu non te ne andrai gentilmente, farò ricorso ad altri mezzi.” lo avvertì, anche se un vago senso di divertimento stava impossessandosi della sua solita serietà. Odiava che qualcuno interrompesse la sua caccia, ma la sfacciataggine e il carattere anomalo di quel giovane iniziavano a divertirla, facendole prendere in considerazione che forse avrebbe potuto essere più del semplice principino con cui aveva scambiato qualche considerazione astronomica durante la prima sera di festeggiamenti.
“Non mi colpiresti mai.” la tentò lui, con arrogante sicurezza. Sosia si mosse in un battito di ciglia, strisciando il piede destro al suolo e colpendo alle caviglie il principe di Asgard, facendogli perdere l'equilibrio all'indietro, ma afferrandolo per la camicia verdognola a metà della sua caduta, tenendolo sospeso in posizione precaria; un solo movimento, e sarebbe rovinato a terra. Il ragazzo serrò entrambe le mani sul polso che lo tratteneva, guardando la zingara da quella posizione che gli faceva dolere il collo.
“Sai, cominci a starmi quasi simpatico.” dichiarò lei, vedendo un sorriso tirato formarsi sul volto teso del ragazzo, che sentiva il terreno mancargli sotto i piedi.
Lo tirò leggermente verso di sé, così da rimetterlo dritto in piedi, per poi voltarsi e sparire nella boscagli mentre il ragazzo ancora si risistemava, stabilizzando il proprio equilibrio appena ritrovato. Sosia proseguì la sua ricerca all'interno del bosco, sempre seguendo il corso del ruscello, sentendo lentamente i passi di Loki sparire in lontananza e lasciandola concentrare completamente sul trovare una nuova preda. Dopo svariato tempo e una pazienza infinita, un secondo cervo, questa volta maschio, si avvicinò a quello stesso ruscello, qualche decina di metri più a sud rispetto a dove Sosia aveva incontrato la sua prima mancata vittima. Per la seconda volta, la ragazza tese l'arco in direzione dell'assetato animale, intento ad abbeverarsi al fresco corso d'acqua.
“Sei troppo lontana.” sussurrò una voce bassa e profonda, indubbiamente maschile, all'orecchio della zingara, e per un istante la sua mano tremò. Anche senza voltarsi riconobbe il ragazzo che la stava nuovamente importunando, identificando la sua voce e ricordando il suo profumo, che aveva notato la prima volta che si era seduta al suo fianco, davanti al focolare.
“Io non sbaglio mai.” ribatté lei seria, in un bisbiglio appena udibile, tendendo ancora di più l'arco. Le sue dita si staccarono dalla corda, nel medesimo momento in cui una delle mani del principe le spostavano il gomito, facendole mancare il bersaglio, il quale scappò impaurito dalla freccia conficcatasi in un tronco appena sopra le sue maestose corna.
Sosia si voltò di scattò verso il ragazzo, che le mostrò un altro ghigno soddisfatto. Sì, ora era sicura del perché volesse ucciderlo.
“Sei l'essere più odioso dei Nove Regni.” lo apostrofò, lo sguardo tagliente e la voce vibrante di irritazione, che furono come dolci ricompense alle orecchie del principe, all'evidente ricerca di guai.
“A me è proprio parso di vederti sbagliare.” la canzonò Loki, che accoglieva le parole irritate dell'irrascibile guerriera come dolci noti.
Lei impugnò di nuovo l'arco, puntando una nuova freccia al centro degli occhi del giovane, ma scostò subito la mira quando intravide un movimento alle sue spalle, puntando l'animale che si era fatto l'argo nella boscaglia. Senza una parola fece per lasciare andare la cocca, intenzionata a catturare qualcosa ora solo per rivincita sul ragazzo, che però era altrettanto determinato. Loki scattò in avanti, deviando il suo secondo dardo e facendo cascare all'indietro la ragazza, che trascinò con sé il principe. L'arco scivolò qualche metro verso il ruscello e la faretra si aprì per l'impatto, spargendo frecce sul terreno spugnoso, mentre Sosia si trovava schiacciata sotto il leggero peso di Loki.
“Piccolo bastardo!” esclamò lei, spingendolo di lato, così da liberarsi e potersi rimettere in piedi, scattando verso arco e frecce, per inseguire una preda qualsiasi, ma venendo rallentata dal giovane dio, dando così il via ad un bizzarro inseguimento, in cui la fanciulla mirava uccelli e lepri selvatiche e il ragazzo la gettava a terra, la spingeva contro un albero o semplicemente la afferrava per i fianchi e la tirava indietro, facendole scivolare l'arma dalle mani.
“Scommetto che prima di sera non ne prenderai nemmeno uno.” le gridò, durante l'estenuante inseguimento tra gli alberi della foresta.
“Io non perdo mai!” gridò lei di rimando, mentre un piccolo sorriso le increspava le labbra.






























Jotunheim

bene ragasuoli,
il mio intento iniziale era quello di postare a giorni alterni, ma visto che i capitoli sono ben ventotto, così facendo mi ritroverei a settembre con ancora capitoli da postare.
perciò tonto a fare alla vecchia maniera con un capitolo al giorno.

prime impressioni su questa storia?

cosa pensate dei personaggi?

||𝐏𝐄𝐑𝐅𝐄𝐂𝐓 𝐏𝐄𝐎𝐏𝐋𝐄|| 𝘓𝘖𝘒𝘐Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora