“Be' Vera, credo proprio che tu mi debba una bella somma.”
Sorte guardò compiaciuto verso la sorella maggiore, allungando una mano verso di lei, in attesa che gli venisse dato il denaro che gli spettava. Solo più un'ora li separava dall'alba del quattordicesimo giorno e nessun asgardiano era stato in grado di dare la corretta risposta all'enigma impossibile, andando così contro la misteriosa previsione della zingara. Poco distante da loro, Sosia scostò lo sguardo sul terreno, cercando di nascondere il tormento interiore dietro una maschera liscia e fredda, di pura indifferenza. Melodia, notandolo, le si strinse accanto, passandole un braccio intorno alle spalle e appoggiando la guancia sul capo della ragazza, senza conoscere ciò che veramente frullava per la testa della sorella, ma ben riuscendo a percepire la sua tremenda angoscia.
Vera rivolse uno sguardo di fuoco al fratellino minore, voltandosi poi verso Sosia e posandole impacciatamente una mano sul braccio, con un piccolo sorriso rassicurante sul bel volto ancora acerbo.
“Non perdere le speranze, d'accordo?” cercò di rincuorarla la ragazza, ma Sosia si sottrasse al suo tocco, così come a quello di Melodia, tenendo lo sguardo basso, le iridi viola spente.
“Non ne provo più ormai da molto tempo.” mormorò la giovane, sparendo attraverso la folla di zingari che, in piedi dove fino a quella mattina si erano trovati i focolari dell'accampamento, attendevano il giungere dell'alba, raccolti il gruppetti misti anche ad asgardiani. I tre adolescenti guardarono la sua schiena sparire attraverso la folla, pensando con sconforto che probabilmente il molto di Sosia era in grado di durare molto più di ciascuna delle loro vite. La zingara dagli occhi viola proseguì la sua strada senza meta, zigzagando tra coppie che si dicevano addio e comitive di amici che si abbracciavano con gli occhi colmi di lucida virilità. Ma ovunque guardasse, l'unico volto che voleva vedere non era presente. Analizzava il marasma di persone dalla doppia etnia con precisione quasi maniacale, sentendo il cuore sussultare ad ogni paio di iridi verdi che incontrava, piuttosto che a tutte le chiome scure come l'ebano che riusciva a scorgere sopra le teste della folla. Ma nessuno di loro era mai Loki. Scorse i tronchi pieni di bimbi che, seduti uno accanto all'altro con il capo chino, ancora troppo ingenui per capire la situazione e soffrirne, muovevano ad alternanza le gambe, sbattendo poi i talloni contro la base degli alberi che per due settimane avevano fatto loro da seggiole. Ai limiti di quella sorta di grosso ritrovo agganciò con lo sguardo la riccia chioma di sua sorella Grazia, che versava silenziose lacrime stretta tra le braccia di Thor. Quando Sosia passò accanto ai due poté chiaramente vedere che anche i bellissimi occhi chiari del giovane dio erano arrossati. Lui le fece un debole sorriso tremante, riconoscendola, e poi tornò a nascondere il viso tra la chioma della sua aggrazziata amante. Sosia proseguì il suo tragitto privo di destinazione, fino a quando un secco colpo a tutti gli Zekos ben familiare non attirò l'attenzione collettiva, chiamando il silenzio. La folla parve dividersi in due scomposti rettangoli, mentre dall'unica tenda rimasta ancora in piedi usciva per intero il Gran Sciamano, scrollandosi di dosso i bianchi veli della tenda di quella che era conosciuta nell'universo come Esmeralda, che non sarebbe uscita da essa che un istante prima di scomparire dalla vista degli asgardiani. Mentre lo Sciamano avanzava nel corridoio che la marea di persone gli aveva appositamente creato, i sovrani di Asgard fecero altrattando, piazzandosi a metà della camminata e attendendo che fosse lo Sciamano il primo a parlare. Il Capo degli Zekos tese una mano verso Odino, che la accettò subito, stringendola vigorosamente mentre un lieve sorriso si faceva spazio tra la folta barba grigia del Padre degli Dei. I due popoli osservarono in religioso silenzio i loro capi salutarsi, con una sorta di profonda ammirazione per quei due potenti esseri che avevano avuto l'onore di incontrarsi ben due volte nelle loro lunghe vite, ma che ora sapevano, loro malgrado, che tale fortuna non avrebbe potuto capitare ancora.
“Addio, mio vecchio amico.” sorrise lo Sciamano, mostrando sul suo volto da ragazzino un largo sorriso e puntando i propri occhi ciechi sul volto antico e saggio di Odino.
“Asgard vi accoglierà ancora con il dovuto rispetto e la dovuta gioia.” rispose esso, lasciando andare la mano dello Sciamano. “Anche quando io non sarò altro che un ricordo e, se gli dei lo vorranno – e lo spero per voi -, anche quando lo sarai tu.”
Il Grande Sciamano fece una rapida risata, annuendo divertito, con una felicità in pieno contrasto con i sentimenti che dominavano la folla.
“Spero davvero che tu non sia in torto.”
Lo Sciamano fece un ampio gesto verso il percorso alle proprie spalle, invitando re e regina a seguirlo verso un posto più discreto in cui poter conversare quell'ultima volta, magari scambiandosi segreti antichi e ricordando tempi ormai dimenticati. Mentre i primi mormorii si riaccendevano tra Zekos e asgardiani, una voce, forte e decisa, fece voltare le schiene dei tre.
“Voglio provare.”
Un fiotto di sussurri e mormorii scosse la folla, mentre alla fine dello stretto corridoio tra le persone compariva una figura alta e sottile, che si stagliava verso il cielo ormai sbiadito.
“Cosa...” domandò, infinitamente sorpreso Odino, riconoscendo nell'ospite a sorpresa il figlio. Loki avanzò di un passo.
“Tra un'ora sorgerà il sole, questo vuol dire che c'è tempo per un ultimo uomo.” ripeté il ragazzo. “Voglio tentare.”
Lo Sciamano gli rivolse un sorriso tutt'altro che sorpreso e, nel più totale silenzio, gli indicò la candida tenda con un ampio inchino.Quella fu per Sosia l'ora più lunga che si fosse mai travata a trascorrere. Il suo sguardo continuava a saettare verso l'uscio della tenda, mentre restava rannicchiata su se stessa sopra uno dei tronchi, i gomiti che cominciavano a lasciarle segni rossi grossi come medaglioni sulla pelle delle ginocchia e la testa stretta tra le mani tremanti. Intorno a lei, i suoi fratelli non avevano la più pallida idea di cosa poterle dire per rincuorarla. Alle sue spalle Sorte continuava a lanciare sguardi torvi a Vera, che teneva il mento alto e l'espressione fiera. Non aveva mai sbagliato nemmeno una predizione.
Melodia scavalcò il tronco su cui ormai quasi da un'ora sedeva sua sorella, piegandosi verso di lei e rivolgendole un timido sorriso.
“Andrà tutto come deve andare.”
“E perché, com'è che dovrebbe andare?”
Nessuno rispose e Melodia si limitò a rimanere al suo fianco, spalla contro spalla, mentre la zingara teneva lo sguardo fissò sull'orizzonte, che si stava lentamente tingendo di arancio. Era sempre più questione di minuti, e poi il sole avrebbe fatto capolino oltre la lontanea linea spezzata che era la pianura, annunciando la partenza degli Zekos. E più il cielo si faceva chiaro, più lo stomaco di Sosia pareva contorcersi e l'ansia inzupparle l'animo. Le sembrava fosse passata un'intera vita dal momento in cui Loki era sparito sotto gli spessi strati di veli candidi, dove da tempo immemore zingare nate sotto il nome di Perfezione ingannavano gli stolti candidati con una completezza a cui era impossibile trovare difetti. Il Gran Sciamano restava in piedi ad un paio di metri dalla tenda, appoggiato al suo bastone in paziente attesa di vedere la soglia di essa scostarsi.
Quando ormai l'infinito di quei momenti sembrava protarsi senza misura nei cuori di tutti coloro che erano lì riuniti, la tenda si aprì e Loki uscì, pronto a dare il suo verdetto. Sosia balzò in piedi, mettendosi in prima fila ad osservare ciò che stava per succedere, affiancata da Vera e dallo scontroso Sorte.
Lo Sciamano attese che Loki si accomodasse sul tronco di fronte a lui e poi gli propose la solita, tremenda ed infinitamente odiata domanda.
“Sai dirmi quale sia il peggior difetto della principessa degli zingari, futura regina degli Zekos?”
Un silenzio carico di tensione calò sulla folla, mentre i bagliori dell'alba crescevano alle spalle di quello che era il trecentosettimo asgardiano a tentare la sfida. Loki rimse immobile per lunghi istanti, come se stesse pensando alla risposta. Quando finalmente aprì le labbra per parlare, Sorte strinse forte la mano di Melodia, che sussultò sorpreso.
“La ragazza dentro quella tenda è senza dubbio priva di qualsivoglia difetto.” dichiarò il principe, mentre già lo sguardo di tutti gli asgardiani presenti si abbassava, deluso. Ma il giovane non si mosse di un millimetro e così fece lo Sciamano, ben sapendo che la sua risposta non era ancora terminata.
“Ma non è una regina.”
Il silenzio era straziante. Melodia sentì la mano della sorella tremare nella propria e ricambiò la stretta, cercando di trasmetterle un po' di conforto. Il Gran Sciamano rimase immobile a fissare Loki con quelle sue iridi biancastre, quasi poltigliose, il volto immobile come una maschera. Sembrava quasi che i due si stessero sfidando a chi avrebbe ceduto per primo, cominciando a ridere o annunciando che stavano solo scherzando e che in realtà nemmeno quella era la risposta corretta. Poi, incredibilmente, un sorriso increspò le labbra del capo del Popolo Perfetto.
Lo Sciamano piegò le ginocchia, sollevando il bastone da terra e abbassando il capo.
“Salve, Re degli Zekos.”
Esplosero le urla. Grida, applausi, persino lacrime. Un'intero popolo che ruggiva una gioia antica, qualcosa in cui si era smesso di sperare da tempo immemore e che stava ora facendo tremare tutti quei corpi ancora increduli. Con il cuore che pareva sul punto i scoppiarle nel petto, Sosia si liberò dalla stretta di Melodia e corse verso il ragazzo, che si era nel frattempo alzato, tra i mormorii confusi e gli sguardi stupiti degli asgardiani, per cui ancora gran parte della storia era ignota. Lo sguardo smeraldo di Loki si accese non appena incontrò gli occhi di Sosia, che gli gettò le braccia al collo e, per la terza volta da quando si erano conosciuto, fu la prima a baciarlo, mentre il ragazzo la afferrava per la vita e la sollevava da terra, non riuscendo a trattenere un enorme sorriso.
Quando i piedi della zingara tornarono a toccare terra, tra le urla e la gioia generale, Loki appoggiò la fronte a quella della ragazza, afferrandole il volto con le mani inruvidite dalle spesse garze, mentre il suo cuore rallentava lentamente i battiti impazziti. Quello che uscì dalle sue labbra fu soltanto un sussurro, rivolto esclusivamente a quella che, come Kalì-Aka aveva voluto, era la sua eterna anima gemella.
“E salve anche a te, Regina degli Zekos.”F I N E
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||𝐏𝐄𝐑𝐅𝐄𝐂𝐓 𝐏𝐄𝐎𝐏𝐋𝐄|| 𝘓𝘖𝘒𝘐
Fanfictie《"Asgard..." chiamò in un sussurro, simile al soffio di vento che muove le fronde dei pini centenari nei boschi più grandi. "Non mi ha mai deluso."》 →|AU (non tiene conto degli eventi di "Thor")