Loki trasse un lungo sorso dalla bottiglia che teneva in mano e poi la passò alla ragazza affianco a lui, esprimendosi in un'espressione disgustata.
“Odio l'alcool.” diachiarò schifato, mentre tornava ad appoggiare distrattamente gli avambracci sulle ginocchia piegate, mantenendo lo sguardo sul cielo davanti a loro.
Aveva condotto Sosia lontano dall'accampamento, sul grande tetto di una costruzione asgardiana abbandonata a quasi mezz'ora di cammino dal palazzo. Il principe aveva trafugato dalle riserve del padre un paio di bottiglie di vino e altri liquori particolarmenti forti, proveniente da tutti e nove i Regni, qualcuno anche da un pianeta al di fuori del loro sistema solare. Erano su quel tetto a guardare l'orizzonte e bere solo da qualche minuto e Loki ne aveva già abbastanza di quella prima bottiglia dal liquido caldo e appicicoso, che gli colava in gola attaccandosi alle pareti di essa e facendogli bruciare l'esofago, fino allo sterno.
“E allora perché continui a berlo?” chiese con una mezza risata la ragazza, buttando giù un sorso ben più lungo di quello del compagno e riappoggiando poi la bottiglia sul tetto, pulendosi le labbra apiccicose con l'interno del polso.
“Perché l'ho portato qui proprio per questo.” rispose il ragazzo con tono ovvio, facendo ridacchiare nuovamente la zingara che, in risposta, bevve un altro sorso e passò la bottiglia a Loki, come fosse un messaggio da condurre di mano in mano fino a raggiungere il destinatario. Il ragazzo studiò attentamente l'etichetta che l'aveva colpito, a primo impatto, a tal punto da fargli scegliere proprio quella bottiglia e non un'altra tra la miriade di diversi vini custoditi gelosamente da Odino e solitamente utilizzati in grandi banchetti e feste. Lesse soltanto la data di imbottigliamento e, con una grafia frettolosa ormai sbiadita dai secoli, il Regno dal quale proveniva o dove, in ogni caso, era stata rinvenuta.
“Sai una cosa Loki?” domandò ad un tratto la ragazza, facendo un cenno per riavere la bottiglia. Bevve un terzo sorso prima di continuare a parlare, voltandosi verso il ragazzo e puntando i suoi occhi ametista in quelli smeraldo dell'amico.
“Mi mancherai.”
Loki mantenne lo sguardo fisso in quello della ragazza, l'espressione seria ed immobile, come la superficie di quel piccolo lago sotterraneo che aveva scoperto secoli prima, custodendolo in seguito come il proprio rifugio ideale, l'angolo di paradiso che aveva giurato di non mostrare mai a nessuno. I suoi occhi divennero di vetro per un istante e Sosia riuscì, nonostante la fermezza del suo volto, a leggere con chiarezza quasi assoluta i veri sentimenti del principe. Fu questione di un solo istante, dopodiché Loki si accorse di aver abbassato le difese su uno degli innumerevoli fronti e sbatté un paio di volte le palpebre, facendo tornare le proprie iridi due semplici cerchi color smeraldo, e non più specchi in miniatura capaci di riflettera la propria anima.
“Anche tu mi mancherai, Sosia.” rispose infine il ragazzo, distogliendo finalemente lo sguardo da quello della zingara e tornando a guardare l'orizzonte azzurro. I raggi del sole battevano insistenti sulle loro schiene e Loki iniziava a sentire numerose goccioline di sudore scendergli lungo il collo, facendogli rizzare i fini peli sulla pallida pelle di esso.
“Dei, mi mancherai da impazzire.” aggiunse in un sussuro, prima di poter veramente pensare alle parole che stava sputando fuori, come se avessero deciso di non riuscire più a stare all'interno della sua gola. Si riprese la bottiglia e la portò alle labbra, reclinando la testa all'indietro e lasciando che il liquido cadesse nella sua bocca finché quasi non si strozzò. A quel punto si staccò dalla bottiglia e tossì un paio di volte, mentre si puliva le labbra con il dorso della mano. Il silenzio ricadde sui due, senza che nessuno osasse più dire una parola, entrambi ben consci che se avessero cominciato, probabilmente non sarebbero più stati in grado di fermarsi.
Dopo quelle che parvero ore, Sosia emise un basso verso di disdegno, riprendendosi la bottiglia e tracannando tutto ciò che ne era rimasto all'interno. Poi picchiò la bottiglia sul tetto tra loro due, abbastanza forte da produrre un suono stridente e tintinnante e far voltare di scattò il principe.
“Detesto quando va così.” esclamò la zingara, mentre un'evidente rabbia le cresceva nella voce. Loki guardò per un paio di istanti la bottiglia ormai vuota che traballava leggermente sul tetto di metallo, prima di stabilizzarsi e rimanere ferma tra i loro due corpi, pericolosamente vicina al bordo di quell'edificio abbandonato.
“Arrivo su un nuovo pianeta, ci sono tutte quelle feste e la musica...” proseguì la zingara, ritirando le gambe – che fino a quel momento aveva lasciato penzolare oltre il cornicione – sopra il tetto e mettendosi in piedi, seguita dallo sguardo del figlio di Odino. “E incontro un ragazzo.”
Sosia stappò una seconda bottiglia con un sonoro schiocco e Loki riuscì a vedere la schiuma salire all'interno del collo verdognolo di vetro, senza però raggiungere il foro rotondo in cima.
“E tutto va così dannatamente bene, non sembrano esserci problemi, e io sono felice.” proseguì, con sempre maggior enfasi, l'adolescente, attaccandosi alla nuova bottiglia e bevendo per lunghi secondi. Loki ne contò sei. Si chiese quanto vino riuscisse a mandare giù una ragazza come lei in sei secondi. Temeva troppo. O forse troppo poco.
La ragazza lo guardò per la prima volta dall'inizio di quell'assurdo monologo, a cui Loki prestava la sua totale attenzione, sorpreso da quel lato aggressivo e irato che Sosia stava tirando fuori all'improvviso.
“E tu – gli puntò il collo della bottiglia contro, tenendola per il fondo, e una gocciolina di un verde acido cadde sul tetto, ai piedi della ragazza – tu sei il peggiore di tutti, dannazione.”
Loki cominciava a sospettare che fosse l'alcool a parlare per lei, ormai. Non aveva controllato, purtroppo, se su quelle etichette ci fosse anche specificato quanto quegli alcolico fossero in grado di mandare fuori di testa una persona in poco tempo. E sopratutto temeva che l'organismo degli Zekos fosse ben differente da quello asgardiano, che era in grado di assimilare quantità di alcool spaventose prima di cominciare a manifestare i primi segni dell'ubriachezza.
“Tu, tu dannazione mi fai ammattire. Non mi è mai capitato uno così.” Sosia bevve ancora e Loki cominciò a sentire sempre più forte l'istinto di alzarsi e prenderle la bottiglia, timoroso che se avesse continuato così sarebbe svenuta, mentre farneticava senza sosta.
“E la cosa peggiore di tutte è che so che non può succedere. Nessuno di voi. Ed è orribile.”
Sosia si lasciò cadere al fianco di Loki, abbandonando la bottiglia al propria fianco e portandosi le ginocchia al petto, avvolgendosi le tibie con le braccia e fissando con sguardo assente l'orizzonte pomeridiano.
“Perché tutte le volte ci spero un pochino.” bisbigliò, completamente abbandonata da quella fiamma che sembrava averla posseduta per qualche lungo minuto e aveva lasciato attonito Loki, che non era riuscito a capire se la sua fosse una constatazione o una domanda. Riusciva a stento a capire cosa gli stesse dicendo la zingara.
“Ci metto secoli per dimenticarli, ma riescono a fare male lo stesso. Ogni volta temo di non riuscire a farlo, di non essere in grado di di andare avanti.”
Loki la guardò con un misto di enorme compassione e di profondo affetto. Non avrebbe mai potuto dire di sapere come si sentiva, questo era ovvio, ma in quei momenti in cui, solo nella sua stanza, pensava che le lancette stavano per terminare i minuti da segnare e lui e Sosia avrebbero dovuto separarsi per sempre, una parte di sé si spezzava.
“Non voglio dimenticare anche te Loki, tu sei un ragazzo che deve essere ricordato a lungo.”
A quel punto toccò a Loki bere, lunghe e lentissime sorsate, fino a che la gola non gli bruciò e dovette staccarsi di nuovo tossendo dalla bottiglia. La rimise sul tetto e guardò il cielo in silenzio.
“Cosa abbiamo intenzione di fare?” domandò dopo infiniti minuti di silenzio Sosia, serrando le mani sul cornicione e facendo sbiancare le nocche, che divennero pallide stelle; le guance di Loki si erano tinte ora di un lieve rossore dovuto al vino ingurgitato e alla forte tosse che gli aveva scosso per bene i polmoni.
“Mi baci?” propose Loki, con un filo di speranza mascherata sotto uno spesso strato di sarcasmo e un'espressione che rendeva difficile prendere sul serio le sue parole. La zingara soffiò divertita, alzandosi di nuovo e raccogliendo la bottiglia vuota e quella ormai agli sgoccioli che avevano abbandonato sul metallo liscio e luccicante del tetto, facendo risuonare i suoi passi sopra l'edificio.
“Hai bevuto troppo.” commentò divertita.
Loki si voltò un istante, per constatare che lei stava davvero dirigendosi verso la scala a pioli incastrata nel muro esterno destro dell'edificio e scattando in piedi a sua volta, riempiendosi le braccia con l'ultima bottiglia – rimasta intatta – che aveva portato con sé sin dalle cantine della reggia.
“Io ho bevuto troppo?” domandò con incredulità il ragazzo, seguendo la compagna verso terra, mentre un forte schianto di vetro contro la dura pietra annunciava che Sosia aveva lanciato la bottiglia ormai finita all'interno di una vecchia vasca prosciugata e usata come cassonetto da tutti coloro che passavano per di lì. “Hai farneticato per interi minuti e io sono quello che ha alzato troppo il gomito?”
Loki sentì la lieve risata di Sosia alle proprie spalle, mentre saltava giù dagli ultimi pioli e si sistemva meglio la bottiglia sotto braccio, cercando di evitare di farla frantumare ai suoi piedi.
“Certo che voi Zekos non lo reggete proprio l'alcool. Se avessi saputo fin da subito che bastavano un paio di bottiglie asgardiane per farti dichiarare...”
Loki aveva intenzione di lasciare quella frase a metà, anche senza che Sosia gli strappasse via dalle labbra una possibile conclusione. Con un gesto che lasciò totalmente stupito il giovane figlio di Odino, la zingara si voltò verso di lui e lo afferrò per un braccio con la mano libera dalla bottiglia, tirandolo verso di sé e premendo le sue labbra su quelle del dio, che riuscì a sentire il sorriso di Sosia nascosto dentro quel bacio. Per la sorpresa di quel gesto inaspettato a Loki sfuggì dalle mani l'ultima bottiglia di vino buono, che precipitò a terra e si frantumò tra i loro piedi, spargendo schegge di vetro ovunque sul lastrico della strada di periferia. Ma nonostante avesse sentito una dolorosa punta aguzza conficcarsi nella propria caviglia scoperta, la ragazza non si staccò dalle labbra del principe, portandogli una mano sul fianco e graffiando leggermente la sua camicia candida, che fuoriuscì dai calzoni per un lembo. Quando la caviglia cominciò a bruciarle troppo forte per essere ignorata, la zingara liberò finalmente il giovane dio da quel bacio che gli aveva prosciugato il fiato, piegandosi con una smorfia e sollevando per metà la gamba ferita, staccando con un lieve lamento la scheggia di vetro bluastro dalla propria pelle scurita e gettandolo poi a qualche metro da loro. Quando si voltò nuovamente verso il compagno lo trovò ancora inchiodato nel medesimo punto, la camicia leggermente storta sulle sue spalle magre e le guance rosse come mai le aveva viste, mentre le sue labbra erano rimaste semi aperte, gli occhi smeraldo fissi su di lei con incredulità che fece ridere piano la ragazza. Sosia arrestò il suo riso, rivolgendo un sorriso dolce al ragazzo, che non fece che aumentare l'attonito stupore di Loki.
“Avanti, penso che sia meglio cominciare a fare ritorno. Mi brucia la caviglia e faccio fatica a camminare, ci impiegheremo il doppio del tempo per tornare indietro e io mi perderò il pane che Preoccupazione prepara qualche ora prima di cena.” lo richiamò lei, voltandosi e lanciandogli un rapido sguardo da sopra la spalla, prima di incamminarsi con passo un po' zoppicante, sicura di aver calpestato qualche altro pezzetto di vetro per errore, l'unica bottiglia rimasta integra ancora ciondolante al suo fianco, stretta per il collo tra le sue dita sottili. Loki la guardò allontanarsi di qualche passo, prima di riscuotersi e raggiungendola di corsa, affiancondosi a lei in silenzio.
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||𝐏𝐄𝐑𝐅𝐄𝐂𝐓 𝐏𝐄𝐎𝐏𝐋𝐄|| 𝘓𝘖𝘒𝘐
Fiksi Penggemar《"Asgard..." chiamò in un sussurro, simile al soffio di vento che muove le fronde dei pini centenari nei boschi più grandi. "Non mi ha mai deluso."》 →|AU (non tiene conto degli eventi di "Thor")