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John's POV:

Mi precipito in ospedale, e senza chiedere niente a nessuno corro a perdifiato per il lungo corridoio.
Il numero della stanza lo conosco già, la mamma di Dorothy me l'aveva riferito, e riesco a trovarla in men che non si dica.
Spalanco la porta, e mi ritrovo davanti una signora e un ragazzo, che mi fissano con sguardo sperduto.

- Buongiorno, lei dev'essere la madre di Dorothy...io sono John, ci siamo sentiti al telefono poco fa - esordisco, rivolgendomi alla signora, seduta al capezzale di Dorothy.
I miei occhi poi cadono su di lei, quella ragazzina stramba. Il suo corpo giace fermo immobile, è strano per me vederla così ordinata, così composta.
Respira a fatica, il polso destro è fasciato, e mi si stringe il cuore quando noto un grosso taglio lungo tutto il braccio sinistro.
La donna mi rivolge un sorriso, e mi tende la mano, stringendomela.

- Molto piacere...la ringrazio per tutto quello che ha fatto per mia figlia. - poi, notando il mio sguardo perso in Dorothy, sorride leggermente, mentre sospira.

- Ce la farà...non è grave. Ha avuto un trauma cranico per via della caduta in motorino...non indossava il casco perché il suo ex-ragazzo la stava inseguendo, ma non è niente, se la caverà. Sì è già svegliata, ora si sta riposando un po'. Dovevi vederla prima, continuava a ripetere sempre la stessa frase:"ma il mio motorino si è rotto?" per via del trauma. Le importa più del motorino che della sua salute, comunque sì nemmeno il motorino ha gravi danni, ha solo un po' di graffiature e il vetro dello specchietto sinistro frantumato, ma niente di che. - a quella notizia, mi sollevo un po', e sorrido.
- Lui è Richard, è stato lui a intervenire direttamente e a portare Dorothy in ospedale - mormora, indicando con il mento il ragazzo riccioluto, che si avvicina a me con un sorriso timido.

- Buongiorno, signore... - mi saluta lui, e io gli rivolgo un'occhiata minacciosa.

- Ciao...Richard...allora, che cosa rappresenti tu per Dorothy? - indago io, assottigliando gli occhi per ridurli a due fessure.

- Ehm...nulla...sono solo u-un suo collega di lavoro... - balbetta lui, sorpreso da quella domanda. Detto questo mi avvicino a lui, girandoci intorno.

- Che cosa fai nella vita? Studi? - lo incalzo io.

- Sì...studio ingegneria meccanica...e mi pago in parte gli studi lavorando appunto come cameriere nel ristorante dove lavora anche Dorothy...ma la conosco solo da ieri sera, quindi non rappresento niente per lei, l'ho solo aiutata- risponde prontamente lui.

- E come mai, se la conosci solo da ieri sera, l'hai aiutata? Come mai sei ancora qui? Ti piace, non è vero? - tutte quelle domande lo lasciano perplesso, soprattutto all'ultima arrossisce abbassando lo sguardo.

- Probabilmente se non ci fosse stato Richard mia figlia non sarebbe sopravvissuta...Robert è un violento, avrebbe potuto ammazzarla. Ce ne fossero di ragazzi d'oro come Richard! - interviene la madre di Dorothy, spezzando una lancia a favore del ragazzo che stavo letteralmente torturando.
Sì, lo sapevo che quel tale che risponde al nome di Robert è un violento. Avrei dovuto intervenire quando ne avevo l'occasione, quando lo avevo visto picchiare Dorothy per la prima volta.

- Beh...Dorothy è una bella ragazza...ma l'ho conosciuta solo ieri sera, ci ho scambiato quattro chiacchiere e poi lei se n'è andata via. Poco dopo ho sentito degli schiamazzi provenienti da fuori, così sono uscito di corsa e ho visto Dorothy in sella al suo motorino che stava scappando da questo ragazzo...così sono corso al suo inseguimento e l'ho raggiunto, ma Dorothy purtroppo era già per terra. Allora l'ho raggiunto e l'ho atterrato con un pugno, un calcio, insomma l'ho picchiato fino a quando non ha perso i sensi. A quel punto ho chiamato la polizia per Robert e l'ambulanza per Dorothy...e sono stato con lei fino all'arrivo dei poliziotti, che mi hanno tartassato di domande, mentre Dorothy veniva caricata sull'ambulanza. Si è svegliata proprio in quegli istanti e ha iniziato a dire cose a casaccio, tra le quali...il mio nome...fatto sta che hanno deciso di portarmi in ambulanza, così che potessi stare al suo fianco. Giunti in ospedale, mentre la stavano visitando, è arrivata lei, e...beh, eccoci qui -

Al termine del suo racconto, a mio avviso molto sincero, cambio espressione.

- Scusami...sembri un ragazzo a posto. È che...non voglio che Dorothy soffra ancora - a quelle parole, Richard e la mamma di Dorothy si scambiano un'occhiata d'intesa.
A un certo punto la mamma di Dorothy si alza dalla sedia, per venirmi incontro.

- Beh, John sono colpita...insomma, mai mi sarei aspettata che tu fossi così protettivo nei confronti di mia figlia. È meglio che tu passi un po' di tempo solo con lei...ne avete bisogno entrambi - dice poi. Quelle sue ultime parole mi fanno riflettere.
"Ne avete bisogno entrambi" bah, chissà cosa voleva dire.
Aspetto che Richard e la mamma di Dorothy se ne vanno, e poi mi avvicino lentamente al capezzale di quell'impiastro, sedendomi sulla sedia dov'era seduta sua mamma.
Quasi istintivamente, afferrò la sua mano, stringendola, e accorgendomi che era abbastanza fredda.
La guardo intensamente per un po', riflettendo su quello che le potevo dire.

- Ciao...Dorothy. Sì lo so che stai dormendo e forse è meglio lasciarti riposare. Ma questo credo sia un momento che non si ripeterà più, dato che quando dormi è l'unico momento in cui stai zitta - faccio una pausa, scoppiando a ridere, ma poi torno serio.
- Vedi...il fatto è che il mio carattere così schivo e riservato mi ha sempre portato a diffidare delle altre persone, a non dare confidenza, ognuna per me rappresentava una sfida, uno scoglio da superare per salvarmi e ritornare sereno, a volte la diffidenza si trasforma in paura, e so benissimo che questa parte del mio carattere mi ha sempre allontanato dagli altri. Ma tu...sei un'eccezione, una grande eccezione. Con te mi sono aperto, il mio carattere è cambiato totalmente, ora ho più amici, ne ho ritrovati altrettanti, e sì...vivo meglio. Sono più felice, mi sono innamorato della vita, ed è solo grazie a te. Tu penserai di non aver fatto molto, e invece mi hai dato tanto. La cosa che mi duole è averti trattato in questo modo, e averti quasi persa. Molto probabilmente se non ti avessi licenziata non saresti andata a cercare un nuovo lavoro, e tutto questo casino non sarebbe successo. Ma non si può tornare indietro, quel che è fatto è fatto. Spero solo che tu riesca a perdonarmi per il mio comportamento, e... - ma a quel punto, sento che il suo respiro si fa più veloce e irregolare, il suo battito aumenta e la sua mano stretta alla mia inizia a fremere.

Mr. Deacon and me \\ John DeaconDove le storie prendono vita. Scoprilo ora