CAPITOLO 5

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Terra, Campo Mezzosangue
Annabeth era appena scappata dalla Casa Grande, arrivando fino alla capanna tre, quella che era stata la casa di Percy, e lasciandosi cadere davanti ad essa.
"Annabeth?" La figlia di Atena alzò lo sguardo, vedendo Grover.
"Grover. Cosa... hai bisogno...?" Grover scosse la testa, sorridendo tristemente. "No, non ho bisogno di niente. Volevo solo controllare se stessi bene." "No. Non sto bene, Grover. Ho perso il ragazzo che amavo, come potrebbe essere diverso?"
Grover sospirò, sedendosi di fianco ad Annabeth.
"Non è stata colpa tua, Annabeth. Percy ha scelto di andarsene. Non lo hai certo spinto tu ad andarsene."
Annabeth scosse la testa. "Non è stata solo colpa mia, forse. Ma... non ho potuto nemmeno salutarlo. Non mi dire che tu sei soddisfatto di come sono andate le cose?" Grover la fissò, corrugando la fronte. "Di cosa parli, Annabeth?" La ragazza sospirò. "Me l'ha fatto notare Drew. È da quando la guerra contro Crono è finita che... non siamo più gli stessi con Percy. Tutti noi, nessuno escluso." Grover aprì la bocca per ribattere, per poi fermarsi a riflettere.
Si ricordò di tutte le volte che aveva preferito Marcos a Percy, ignorando qualsiasi tentativo di conversazione del suo migliore amico in favore di un tizio appena conosciuto. Si ricordò di tutte le volte che, a colazione, lui e Tyson avevano ignorato Percy, parlando con Marcos. Si ricordò di quella volta in cui Percy gli aveva proposto un giro in città, e lui aveva accettato, per poi abbandonarlo all'ultimo, preferendo Marcos.
"Hai ragione, Annabeth. Ma... non me ne rendevo nemmeno conto." "Nemmeno io. Non so come sia possibile, ma..."
I due si abbracciarono, dispiaciuti e cercando di trovare del conforto nelle braccia dell'altro.

Nello stesso momento, vicino al ruscello, Rachel Dare aveva i piedi immersi nell'acqua fresca. Pensava a quando Percy le aveva mostrato quel mondo, aiutandola senza chiedere niente in cambio e diventando l'amico più sincero che potesse desiderare.
"Rachel." La ragazza alzò lo sguardo, vedendo Zeus, Ade e Poseidone spostare il peso da un piede all'altro.
"Divini. Posso fare qualcosa per voi?" Ade chiese. "Sai qualcosa dei nostri figli?" L'oracolo fissò il dio con i suoi occhi verdi. "Non posso esserne sicura. So che sono vivi. Come sono sicura tu sappia perfettamente, divino Ade." Zeus sospirò. "Non puoi dirci nient'altro?" Rachel scosse la testa, mestamente. "Non riesco a vederli bene. È come se... nemmeno il fato sapesse cosa decidere per loro. Sono vivi, e lo saranno per ancora molto tempo."
Prima che gli dei potessero dire qualcosa, apparve Hermes. "Papà, zii... Artemide deve comunicare qualcosa al consiglio. Sarebbe meglio andare..." I tre dei annuirono. "Veniamo. Grazie, Rachel." "Vorrei essere di maggiore aiuto, davvero."
I quattro dei scomparvero, apparendo subito dopo nella sala del trono, sull'Olimpo.
Appena si accomodarono sul loro trono, Artemide prese la parola.
"Ho voluto questa riunione, per avvertirvi dei tentativi di Alcione. Sta radunando un esercito ai confini dell'Alaska. Sta preparando un attacco. Non so proprio come potremmo fermarlo. L'armata è... enorme."
Atena si intromise, guardando i tre dei maggiori. "Siete appena tornati dal Campo, no? Avete notizie dei vostri figli? Temo che al momento siano la nostra unica speranza contro Gea e i suoi figli."

Base di Miraval.
I nove Cavalieri si erano disposti uno di fianco all'altro. Miraval si avvicinò ad essi. Con un cenno apparvero dei bersagli da un lato e dei manichini dall'altro.
"Distanziatevi di più. Così vicini non riuscireste nemmeno a prendere le vostre armi."
I ragazzi obbedirono all'istante.
"Molto bene. Voglio che le ragazze si allenano con le spade. I ragazzi da questo lato. Arco e frecce. A prescindere dalle armi che avete scelto, avrete bisogno di saper utilizzare tutte le tecniche di combattimento."
I Cavalieri obbedirono per la seconda volta.
Percy e Nico si scambiarono uno sguardo nervoso. Era chiaro a tutti che nessuno dei due fosse bravo al tiro dell'arco.
"Allineatevi."
Percy e Nico, vicini, si misero in posizione, per lanciare una freccia.
Miraval si fermò di fianco a loro.
"La vostra posizione è completamente errata. Chi vi ha allenato, prima di adesso? Nessuno di loro sette ha queste lacune nella posizione."
I due ragazzi arrossirono, preferendo non rispondere.
"Allontanate i piedi tra loro. Aumenterà il vostro equilibrio. Piede destro allineato con il corpo, sinistro perpendicolare ad esso. Molto bene, così. Bracci destro ben teso, la mano va tenuta così. Ottimo, infilate la freccia con la sinistra. Tendete. Appena avete visto la traiettoria della freccia, lasciatela andare. Attenti alla forza."
I due ragazzi annuirono, facendo poi quanto loro ordinato. Dopo aver respirato pesantemente, fecero andare la freccia che, con una perfetta linea retta, si conficcò nel centro del bersaglio.
Percy e Nico spalancarono la bocca.
Miraval sorrise, compiaciuto. "Molto bene. Continuate ad allenarvi."
Diede loro uno sguardo, come per valutarli. "Forse Caos non si sbagliava. Con un allenamento costante e mirato, sarete presto in grado di battere qualsiasi nemico."
Dopo qualche ora di allenamento, durante le quali Percy e Nico non avevano più sbagliato un tiro con l'arco, congedò i Cavalieri.
"Ottimo, per oggi basta così. Domani mattina avremo delle lezioni di etichetta elfica. Imparerete un po' di buone maniere." Disse, osservando Luke spintonare. "E ne avete un urgente bisogno. Le vostre azioni si rifletteranno su Lord Caos, perciò dovrete tenere un atteggiamento perfetto in ogni occasione."
I nove annuirono.
Miraval proseguì. "Sono sicuro che Caos vi abbia avvertiti, ma qui il tempo non scorre. Nel resto dell'universo sì, e in maniera differente. Imparerete anche questo, molto presto. Andate, adesso. Riposatevi e mettetevi in ordine per la cena. Non mi piace avere persone disordinate e sporche in giro."
Miraval se ne andò, e i Cavalieri, sorridendo, si separarono per andare a sistemarsi.
Percy e Luke si ritrovarono vicini.
"Ti va se facciamo due passi? Tanto le ragazze e Micheal occuperanno le docce per molto tempo."
Percy sorrise. "Certo che mi va, Luke. Perchè non dovrebbe?"
Il biondo sorrise, nervoso.
I due cominciarono a camminare per i corridoi. Luke disse. "Temevo che ce l'avessi con me." "Perchè avrei dovuto avercela con te?" "Per quanto ho fatto. Le mie azioni non meritano alcuna scusante... ho sbagliato e ne sono consapevole." "Hai ingoiato un dizionario, di recente?" Percy interruppe il discorso di Luke. Il biondo ridacchiò. "No, Miraval parla sempre così. Abbiamo passato un po' di tempo qui, e ho preso il suo modo di esprimersi." "Per quanto impazzisca sentendoti parlare come un piccolo nobile, lascia parlare me. Perdona il mio misero modo di esprimermi. Non era colpa tua, Luke. Non ce l'avevo con te nemmeno mentre commettevi quelle azioni. Vuoi sapere la verità?" Luke annuì. "Sono contento di aver ritrovato il mio amico. Mi sei mancato, Luke." Luke sorrise, abbracciandolo. "Anche tu. Come sei cresciuto, Percy!" Il moro ridacchiò. "Attento a te, Luke! Comunque... volevi dirmi altro?" Luke annuì. "Cosa ti è successo? Perchè te ne sei andato dal Campo?" "Non ero più voluto..."
Il semidio guardò l'amico ritrovato negli occhi. Scorgendo in essi solo comprensione, affetto e un po' di preoccupazione, decise di fidarsi e raccontò tutto.
"Capisci? Io... non pensavo avrebbe fatto così male e non credevo di starci così male. Solo... non so... pensavo di contare di più, per loro."
Luke, rimasto in silenzio per tutta la durata del discorso, disse. "Non so cosa dire... penso che ci sia qualcosa che non sappiamo, e che li abbia spinti a comportarsi in questo modo. Non saprei, però. Dovrò informarmi..." Percy scosse la testa. "Non preoccuparti. Non torneremo mai più lì. Non mi interessa sapere altro su di loro." Luke lo guardò. "Ne sei sicuro?" Percy annuì. "Certo." "Okay, bene, allora. Vado a lavarmi, magari trovo una doccia libera. Vieni anche tu?" Percy scosse la testa. "Guardo ancora un po' questo spettacolo." Disse, indicando le cascate fuori dalla finestra.
Luke annuì, sorridendo comprensivo.
Si allontanò.
"Sono finte, confido che tu lo sappia." Percy si voltò. Lord Miraval era lì e lo guardava inespressivo. Percy annuì. "Beckendorf me lo aveva detto, sì. Continuo a pensare che sia una magia ben fatta. Opera di Caos?" Miraval annuì, rigidamente.
"Ho sentito il tuo discorso con Luke Castellan. Passavo per di qua e non ho potuto fare a meno di notare che cerchi di... nascondere i sentimenti. Conosco un modo per cancellare il dolore. Vuoi conoscerlo?" Percy, senza esitazioni, annuì. "Anche Talia e Nico possono unirsi?" Miraval annuì. "Ovviamente. Sara un immenso piacere allenare anche loro. Adesso, va a lavarti e raggiungi la sala della cena. Non apprezzo i ritardatari."

Angolo autrice
Nel caso qualcuno non lo avesse colto, Luke sarà il fratello maggiore/amico/guida di Percy. Come avrebbe dovuto essere nella serie di Percy Jackson. Dal mio punto di vista, almeno.
Miraval mi sta antipatico, per ovvi motivi.
Non vedo l'ora di scrivere delle lezioni di etichetta!
Alla prossima
By rowhiteblack

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