- Prof, ma la derivata dell'esercizio 18-
Axelle aveva la testa posata sulle braccia conserte, ed era lì lì per addormentarsi.
La professoressa Rudd non sembrava accorgersi di chi seguiva e chi no, quindi non le avrebbe fatto grandi problemi, non vedendola. Tanto era seduta in ultima fila, come sempre.
La sua classe non era composta da gente particolarmente studiosa, eppure, ora che si trovava in quinta, si accaparrava quasi tutta, con una certa insistenza, i primi banchi. Ciò permetteva ad Axelle di sedersi in fondo quasi sempre, anche durante la prima ora, nonostante i suoi perenni ritardi.
Floyd, seduto accanto a lei, stava seguendo attentamente. Non era bravo in matematica, ma neanche Axelle lo sarebbe stata se non fosse che suo fratello, un genio in matematica, l'aveva sempre aiutata.
Floyd però non aveva questo lusso.
Poteva chiedere ad Axelle, e persino a Emmanuel quando studiava a casa loro, ma doveva anche seguire. Proprio negato come Kaden non era, che seguiva quasi sempre ma capiva comunque poco: oggi non seguiva affatto, ma chiacchierava allegramente con il compagno di banco.
Gli occhi di Axelle si appesantivano sempre più, finché non si chiusero, dopo una, due, tre occhiate offuscate alla derivata scritta sulla lavagna in caratteri capitali, appena sopra alla risoluzione dell'esercizio corrente.
La svegliò il suono della campanella, sicché Floyd aveva deliberatamente cercato di non disturbarla.
- Ben svegliata. - le disse solo con un sorrisetto amichevole, mentre riponeva a posto le sue cose.
Elle per tutta risposta si stropicciò gli occhi, e pensare che non aveva neanche tirato fuori i libri dallo zainetto. Una studentessa modello. No, non l'era mai stata. Aveva studiato tanto, a volte troppo, fino alla fine del quarto superiore. Mai con troppa costanza, ma a volte più del necessario. Poi qualcosa era cambiato, l'anno precedente. Alcuni risultati l'avevano resa insoddisfatta, completamente diversi da quello che si aspettava. Una prof che non sembrava averla presa in antipatia aveva deciso di darle un voto che non meritava, senza rispettare la media che Axelle si era faticosamente guadagnata. Un sei politico. Si trattava di una prof che creava un regno del terrore durante le sue lezioni, ma generalmente coi voti non era stata troppo di parte fino ad allora.
Axelle non capiva perché, non se lo sapeva spiegare, ma quella era stata la goccia che le aveva spento ogni passione scolastica avuta fino ad allora. C'erano stati altri momenti di insoddisfazioni prima di allora, di giudizi affrettati su di lei per via del suo aspetto fisico. Voti più bassi o più alti del dovuto. Preferenze perché era bella o al contrario antipatia perché lo era troppo. Giudicata per una bellezza di cui non aveva il controllo. E davvero non capiva: perché questo disinteresse adesso, solo dopo un sei politico di una materia che non le interessava affatto? Perché non al voto ipercritico di qualche mese prima? Forse non c'era una risposta. Forse era così e basta. Forse doveva succedere comunque, forse aveva semplicemente finito l'energia e non gliene fregava più niente perché non ne aveva più da impiegare pure solo a pensare.
E adesso, volente o nolente, la conseguenza di tutto ciò era che riusciva a impiegare le sue energie, giorno dopo giorno, nell'unica cosa che contava davvero per lei. E da una parte voleva esserne estasiata. In fondo amava la danza, una volta aveva pensato che sarebbe stata la sua vita, che avrebbe continuato per sempre a essere una ballerina, aveva persino sognato di poter un giorno ballare alla Scala di Milano.
Ma sapeva che non sarebbe mai arrivata così in alto, e si sentiva un'illusa per averlo anche solo pensato. E adesso che con lo studio stava andando così così, che aveva perso il genuino interesse che una volta la avvolgeva, si chiedeva chi fosse. Se non era una persona che studiava e se il suo sogno di fare della danza la sua carriera stava via via svanendo, che senso aveva la sua esistenza?
Mentre rifletteva Axelle camminava accanto a Floyd, Kaden e Tate, che li aveva raggiunti da poco, e ora conversavano, ora battibeccavano, indirizzati l'aula successiva.
I corridoi erano eccessivamente popolati da studenti che si muovevano, parlavano, urlavano, e ridevano un po' spaesati, concentrati, nervosi e perfino tranquilli. C'era chi ripassava in fretta e furia un'ultima volta, il capo chino su un libro, in un angolo lontano dal via vai erratico degli altri studenti. Chi correva e colpiva poveri ignari intenti a raggiungere la propria aula tra il trambusto generale. Qualche coppia approfittava del piccolo intervallo per scambiarsi baci sfuggenti. E c'era chi come Axelle, spaziava in un mondo tutto suo, ignorando convenientemente il chiasso in favore di un'attenzione ossessiva verso i propri pensieri. Non la distolse neppure la vista di Emmanuel, intento a parlare con una compagna di classe che sembrava assillarlo a giudicare dalla faccia annoiata di lui, che chiuse l'armadietto dopo aver recuperato il libro di storia. Fu lui ad accorgersi di lei e degli amici, il volto gli si illuminò un attimo e fece per raggiungerli. La ragazza davanti a lui lo fermò prendendogli la mano, lui le disse qualcosa di veloce che la esortò a lasciarlo, e rimase a guardarlo con un ciglio corrucciato per un attimo prima di andarsene.
Appena Emmanuel li raggiunse, i ragazzi lo salutarono con entusiasmo – E lei? – chiese Floyd per prendere in giro Emmanuel, che alzò gli occhi al cielo prima di dirgli di lasciar stare. Gli altri ridacchiarono e cominciarono a parlare della partita di basket del sabato successivo. Emmanuel li ascoltò brevemente, prima di notare che Axelle non solo non era molto presente ma aveva anche una strana espressione sul viso, quasi malinconica forse.
Le si avvicinò e le domandò se andasse tutto bene, ma lei parse non sentire. Le sfiorò la mano allora, e questo la fece ritornare in sé, schiuse gli occhi un paio di volte prima di girarsi verso suo fratello e salutarlo – Hey Em, non ti avevo visto. –
- Devo preoccuparmi? – le chiese allora, un'espressione effettivamente turbata si stava affacciando sul suo volto angelico e non svanì quando sua sorella scosse il capo.
Decise comunque di lasciar perdere per il momento, non avrebbe certo cercato di parlare di argomenti palesemente privati davanti agli altri. Tate e Floyd erano degli amici stretti, ma comunque c'erano cose che né Emmanuel né Axelle condividevano con loro. E c'era anche Kaden, a cui volevano bene, certo, ma non era un ragazzo molto serio e non sapevano fino a che punto fosse affidabile.
I ragazzi si separarono quando raggiunsero l'aula di fisica: Tate ed Emmanuel vi entrarono, mentre Kaden, Axelle e Floyd continuarono verso il laboratorio di chimica. Axelle rimase tra i suoi pensieri ancora qualche istante prima di ritornare a prestare attenzione al mondo intorno a sé e all'esperimento che dovevano svolgere quel giorno.
Carissime e carissimi, è solo grazie a voi se ho potuto finalmente aggiornare questa storia. Per quanto mi piacesse, specialmente all'inizio, sono passati ormai anni da quando l'ho iniziata e la paura di rovinare l'idea iniziale e la sensazione di non azzeccare più nulla a scrivere una storia simile mi hanno frenata più volte. Sono stati proprio i vostri commenti a farmi decidere dopo tanti tentennamenti di riprenderla definitivamente. Non vi mentirò: la strada è lunga e tutta in salita. Negli ultimi anni ho smesso di scrivere totalmente, e dunque mi sembra davvero di dover spremere le meningi per trovare parole neanche giuste, bensì a malapena decenti.. Concludo ringraziandovi nuovamente del vostro supporto, scrivo davvero per voi, sperando di portarvi un sorriso nel vedere la notifica di questo nuovo capitolo.
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Un amore impossibile
RomanceMi chiamo Axelle. Ho diciotto anni, frequento l'ultimo anno di liceo, sono una ballerina classica. E ho un segreto. Provo dei sentimenti per una persona con cui non potrò mai stare. È disgustoso, lo so. Ma questi pensieri non svaniscono. Penso di...