Capitolo Terzo

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Quando si svegliò Axelle sentì qualcosa di comodo sotto la testa. Aprì gli occhi e si rese conto di star usando il petto di suo fratello come cuscino; si mise seduta e si stiracchiò. Dopo uno sbadiglio decise di alzarsi, cercò di farlo senza pestare il ragazzo accanto a lei.

Si guardò allo specchio. Aveva una faccia tremendamente depressa e sentiva lo stomaco sottosopra. Quella mattina era uno dei giorni maledetti.

Chiuse bene le tende in modo che la luce non disturbasse suo fratello e andrò a studiare nello studio. Lui si svegliò poco dopo e seguì il suo esempio. Era giovedì e il giorno dopo si sarebbero potuti svagare. Il che, per Axelle, ormai significava rimanere a casa a poltrire, visto che tutte le forze le spendeva in settimana sui libri. Di sera, cenarono e andarono a dormire ognuno nei rispettivi letti.

La mattina seguente passò abbastanza lentamente. Giunta finalmente l'ora di tornare a casa Axelle sprizzava di gioia pensando quanto riposo l'aspettava. Si sentiva una pigrona, ma non le importava. Sarebbe andata a danza tutto il pomeriggio e poi avrebbe trascorso una serata molto calma davanti alla tv o a un libro, magari uno di Conan Doyle.

Anche Emmanuel aveva allenamento, Axelle gli diede un passaggio mentre i primi lampi cominciavano ad accendere il grigiore del cielo.

A danza la ragazza si applicò con tutte le sue forze, nonostante il ciclo la rendesse debole. Preferì questa volta esercitarsi in salti e piroette. L'atteggiamento di Camille verso Axelle cominciò a deteriorarsi, per nessun motivo in particolare.

- Ehi Ax – sussurrò Ethan mentre si allungavano sul pavimento –ti va un giro? –

Axelle sapeva benissimo a cosa si riferisse, ma per ovvie ragioni e anche perché non era dell'umore adatto anche solo per dei baci, rifiutò.

- Non oggi, Ethan – gli rispose – ho le mie cose –

Quando andò a prendere Emmanuel dalla palestra, poco distante, già pioveva da molto; già durante la lezione di danza la pioggia aveva scandito il ritmo dei suoi passi. Entrarono in casa di corsa, con i cappucci tirati su, pioveva ormai a dirotto. Emmanuel preparò delle patatine per la serata; neanche lui aveva intenzione di uscire e già lo sapeva. Preferiva badare alla sorella, capì che non stava molto bene ed era meglio starle accanto; non era il tipo di fratello che usciva a ogni costo, anche uscire aveva i suoi limiti e svantaggi. Guardarono Sherlock Holmes: gioco di ombre, abbracciati, scaldandosi a vicenda, col camino a pochi passi dalla televisione. Era mezzanotte e il film era finito, quando Emmanuel si accorse che sua sorella gli si era addormentata tra le braccia. La prese di peso e la portò nella sua camera, le tolse i jeans che non si era cambiata per pigrizia e la felpa e si ritirò nella propria camera per dormire anche lui.





Un tuono esplose nel silenzio della notte. Axelle spalancò gli occhi e subito sobbalzò; guardò l'orologio, segnava le due e dodici minuti. Seppe che non avrebbe più preso sonno da sola. Sentì le gambe nude nonostante non ricordasse di essersi cambiata. Si tolse anche la maglia, che si era un pò stiracchiata, rimanendo così in canottiera e slip - ma sapeva che con suo fratello non era un problema, quando poco dopo andò a bussare alla sua porta.
All'inizio non sentì nulla, poi bussando ancora percepì un gemito a cui seguì un – Sì? –
Axelle schiuse la porta e la sua faccia sbucò nella camera del fratello – Posso dormire con te? Non riesco a prendere sonno –
Emmanuel per tutta risposta sollevò le coperte e diede un colpetto al materasso per farle cenno di stendersi e si spostò un po' di lato; il letto era matrimoniale e problemi di spazio non ce n'erano, soprattutto se non ne avevano avuti nel letto a una piazza e mezzo di Axelle.
Axelle si infilò sotto le coperte e si stese vicino al fratello, caldo e confortevole come sempre.

Un amore impossibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora