Capitolo 3

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«Bene ora sei un dibbuk (o dybbuk)» disse il ragazzo.
«Un che?» replicai confusa.
«Dibbuk, ti ho fatto un favore, ringraziami.  Ti si legge in faccia che devi essere aiutata» disse fecendo una pausa. «Essendo un dibbuk, hai una seconda possibilità, il mio capo ha detto che gli saresti stata utile. In sostanza puoi scegliere un corpo vivente e vivere la sua vita in prima persona e ritornare un farntasma quando vuoi. In questo modo però, ti è stato negato l'accesso in paradiso... o giardino dell'Even se preferisci.»
«Cosa?! Mi hai imbrogliato!»
«Ti ho dato solo un bel potere che tutte le anime vorrebbero, ma davvero non ti interessa? Poi a essere sincero non c'è nulla di che lì su.»
Mi guardò intensamente e si avvicinò poco.
«Se fossi stata "depressa" non ti saresti comportata così, anzi, non capisco come fai.»
«Cosa intendi dire? Che non abbia preso una scelta? O che sembri strana?»
«Sì, più o meno... credo che al posto tuo non mi sarei buttato, mi sarei vendicato in maniera terrena se proprio lo volevo fare. Il suicidio non ha cambiato nulla nelle loro vite, magari saranno tristi, ma se ne dimenticheranno.»
«Per essere un demone sei proprio stronzo.»
«È il mio modo di essere ed è anche il mio lavoro» disse lui appoggiandosi con le braccia conserte ad un muro.
«A essere schietto... non ho mai avuto una vita tutta mia, intendo dire, una vita come la tua nel mondo terreno. Io non la sprecherei per quelle sciocchezze che per quanto possano far male... basterebbe prenderla sotto un altro punto di vista, tutto qui.»
«Forse hai ragione, ma come ogni scelta ha avuto una conseguenza. Non posso tornare indietro.»
«Potresti, ma il mio capo ti toglierebbe molto, sai di che cosa parlo.»
«Sì, lo so...» Dicendo questo una lacrima scese sul mio volto. Mi strinsi in me stessa perché avevo paura.
«Comunque dico sul serio non ti capisco... a tratti sembra che vuoi la vendetta ed altri piangi come una bambina innocente, siete così strani voi umani.»
«Dici che è sbagliato e mi daresti della lunatica?»
«Sì, ma non volevo farti sentire in colpa, ognuno è libero di fare le proprie scelte. Ho detto solo la mia.»
Mi ripresi e asciugai le lacrime rimaste. Forse aveva ragione. Ero lunatica. Non pensavo di esserlo fino a quel momento.
«Tu come sei diventato demone?»
«Be' è difficile spiegarlo e non mi è concesso parlarne.»
Interruppi il silenzio creato con un'altra domanda.
«Quindi tu vuoi una vita tua?» dissi cercando di continuare la conversazione.
«Sì, sarebbe il mio desiderio più grande, ma non posso rubarne una. Per quanto ne abbia il potere non posso. Non sono libero. Ho un capo lì su» disse indicando l'alto. «Qual'era il tuo desiderio più grande? Quando... eri viva insomma.»
«Mi sarebbe piaciuto vivere in un posto migliore dove sessismo, bullismo e tutte quelle robe là non esistessero. Gli umani sono esseri spregevoli la maggior parte delle volte. Non volevo vivere in un mondo che cadeva a pezzi.»

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