Parte 1: il bosco

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Prologo

La paglia su cui era sdraiato a quell'ora della sera sembrava calda rispetto alla temperatura circostante della campagna. Il piccolo fienile con accanto, all'esterno, il recinto per le pecore e le capre, era probabilmente il posto più caldo in quel momento ed era strano, perché nonostante fosse già fine agosto, la temperatura fino a quel pomeriggio era stata molto piacevole. Non c'erano case in quel pezzo di terreno, o almeno non abitate. Quella più vicina era a tre, quattro kilometri di distanza e vi abitava una coppia di signori anziani sposati ormai da più di cinquant'anni. No, nel caso ve lo stiate chiedendo, non errano i proprietari del fienile, delle capre, o delle pecore. Il diretto interessato abitava più verso la città, un contadino di mezza età che aveva acquistato quel pezzo di terreno più il campo coltivato lì davanti. Ogni mattina arrivava con il suo fuoristrada, controllava il campo coltivato, i suoi animali e tornava a casa. Raramente si fermava a fare due chiacchiere con la coppia di anziani che abitava lì vicino: era un tipo molto schivo. Nel periodo antecedente alla morte della moglie era più socievole ma come potete immaginare, rimasto vedovo le cose si sono complicate. Ma non sono qui per parlarvi di questo. Il cane pastore, come stavo dicendo, era sdraiato sulla paglia appoggiata al terreno, in un caldo e soffice nido in una notte di fine agosto. Le stelle e la luna splendevano nel cielo blu e terso, più cupo e scuro grazie all'assenza dell'inquinamento luminoso della cittadina di Willow Creek, che si trovava a una decina di kilometri da lì. Il silenzio regnava sovrano, interrotto ogni tanto da un ululato in lontananza o dai grilli e dalle cicale in sottofondo. Avete presente, vero? Quelle serate estive all'aperto, dove nonostante la brezza fresca sono le serate più rilassanti dell'anno, serate in cui ci si vorrebbe coricare su un prato a guardare le stelle e ad ascoltare il cicaleccio di sottofondo... che fu interrotto all'improvviso. La brezza si quietò. Gli ululati divennero suoni indistinti in lontananza. Si sentì un suono soffocato di una civetta, ma si interruppe subito anche quello. Le orecchie del cane pastore dal lungo e morbido pelo bianco si drizzarono di colpo e tutto il suo organismo assopito tornò allerta. Alzò il muso candido e fece scorrere lo sguardo sull'oscurità che lo circondava. Non sembrava esserci nulla. Il sentiero che portava al fienile era deserto, così come il prato al di sotto del piccolo dirupo alle spalle dell'animale. Eppure c'era qualcosa, qualcosa di non ordinario che si poteva percepire nell'aria. Dii colpo, così com'erano terminati, i rumori del bosco riniziarono. Il cicaleccio, gli ululati, la fresca brezza di fine estate. Il cane si guardò un'ultima volta intorno: tutto tranquillo. Le capre e le pecore dormivano beate, nessun lupo in lontananza. Sbadigliò spalancando la bocca dai denti appuntiti e appoggiando il muso sulle zampe anteriori, tornò alla sua posizione accucciata. Chiuse gli occhi per l'ultima volta in quel giorno. E lui, rimasto nell'ombra fino a quel momento, lo azzannò nella parte posteriore del collo per poi affondare le fauci nella morbida carne della pancia del cane, che aveva chiuso gli occhi per l'ultima volta. Per sempre.

-

- Nora, dammi una mano con il cibo-.
Il rumore ormai lontano delle ruote dell'automobile del padre di Nora sullo sterrato coprì poco delle parole di Christine che sbuffò infastidita cercando di non far cadere i pacchetti di patatine, i marshmallow e le merendine impilate sopra il contenitore dove era riposta la carne per il barbecue che teneva in mano.
- Terra chiama Nora. Martin, ci sei?-
La ragazza con le cuffiette e lo sguardo perso nel vuoto interruppe la canzone dei Green Day per voltarsi verso l'amica. - Sì, scusa-
E con queste semplici parole prese alcuni pacchetti per agevolare Christine.
Nora aveva un anno in meno di Christine, che era la più grande del gruppo. Nonostante quest'ultima avesse compiuto da poco sedici anni non aveva ancora preso la patente e la cosa la infastidiva. Esisteva un solo ragazzo o ragazza in tutto lo stato del Maine che non avesse preso la patente a sedici anni? Beh probabilmente sì ma lei non lo conosceva. Nonostante tutto riusciva a godersi la vita con il suo gruppo di amici, tutti più piccoli di lei ma poco importava: Nora Martin - la quasi emo girl che vestiva sempre di nero, ascoltava musica punk rock e aveva occhi grigio ferro che risaltavano sui capelli castano scuro - Brooklyn Young, o Brook per gli amici, alta, capelli chiari lunghi e mossi nonchè l'unica che poteva vantare di avere una vera vita sentimentale e che faceva regolarmente a botte con l'unico ragazzo del gruppo, Kurt Kutnetsov,capelli biondo cenere, alto, magro come uno stecco, capro espiatorio di tutto nonchè fan sfegatato di Lady Gaga così come la più piccola del gruppo, di soli quattordici anni, Emily Grace Muller. I suoi genitori erano imprenditori quindi non le mancava nulla: avevano fatto fortuna in Germania e si erano trasferiti negli Stati Uniti per far fruttare ancora di più la loro attività, cosa che li non riusciva male. Era una ragazza alta - più di Christine e a quest'ultima la cosa dava abbastanza fastidio - dalla pelle candida e una cascata di riccioli biondi. Christine si riteneva una ragazza normale. Media altezza, magra, capelli castano chiaro lunghi fino alle spalle e occhi verdi coperti da occhiali con le lenti spesse, la cosa che le dava più fastidio del suo aspetto insieme al naso. Si riteneva personalmente nerd, appassionata di fumetti e cose del genere, era capace di restare ore chiusa in casa a leggere un buon libro ma quando i suoi amici l'avevano invitata a trascorrere uno degli ultimi weekend delle vacanze estive nella vecchia casa nel bosco di Nora, aveva accettato felicissima. Era proprio Nora quella che conosceva da più tempo, da quasi quattro anni ormai, mentre gli altri li aveva conosciuti solo un paio di settimane prima. Sembrerà strano ma tra tutti si era già instaurato un forte legame e per la prima volta in tutta la sua vita si era sentita davvero parte di un gruppo e circondata da veri amici e quei due giorni isolati dal resto del mondo era ciò di cui avevano bisogno per legare ancora di più l'uno con l'altro. La casa in questione era disabitata da tempo, ma si trovava in campagna su un terreno che i genitori di Nora avevano acquistato un paio di anni prima. Non era messa molto bene all'interno, il piano terra veniva utilizzato come magazzino per sedie, tavoli, candele, barbecue, cibo e acqua, mentre il primo piano, a cui si accedeva tramite una porta - sulla sinistra della facciata principale dell'edificio - e da una scala lunga e ripida con gradini scoscesi, serviva da camera da letto: c'erano varie brandine polverose sparse in due stanze separate da una porta cigolante. Nell'insieme non potevano mancare ragnatele al soffitto, un vecchio armadio rotto di legno tarlato, uno specchio come quello della Regina Cattiva di Biancaneve di ferro arrugginito, elettricità e acqua corrente. Già, in tutta la casa non c'era elettricità o acqua a corrente perciò mancava anche il bagno. Fortunatamente i cinque ragazzi si erano premuniti di grandi taniche per ogni evenienza. All'esterno l'edificio era più accogliente: sul lato sinistro vicino alla porta d'ingresso vi era la veranda ricoperta da tralci di vite con sotto un tavolino e delle sedie, mentre in lontananza si poteva scorgere un fienile e un recinto in cui pecore, capre e un cane pastore passavano le loro giornate in attesa che il loro padrone di ritorno dalla città gli portasse del cibo. I cellulari non prendevano molto bene, ma poco importava perchè i boschi lì intorno, così come la vecchia ferrovia abbandonata, erano sicuri. Il padre di Nora li aveva portati lì con la sua auto e dopo le solite raccomandazioni se n'era andato: avrebbe fatto ritorno la mattina di due giorni dopo per "recuperare" i ragazzi, che si sistemarono in poco tempo. Il solo del primo pomeriggio splendeva alto nel cielo quando finirono di sistemare le ultime provviste e i sacchi a pelo al piano di sopra. Si riunirono nel piccolo cortile davanti alla casa per decidere il da farsi. - Andiamo alla ferrovia a far fare il test di coraggio a Emily?- domandò eccitato Kurt saltellando come un bambino davanti a un pacchetto di caramelle. Nonostante le sue origini russe, non aveva ereditato per nulla l'accento. Quella sua domanda gli costò comunque una gomitata nello stomaco da parte di Brooke. - Cazzo Kurt, guarda che non dobbiamo far fare il "test del coraggio" a tutte le persone che vengono per la prima volta qui-. Kurt girò gli occhi. - Invece sì Brooke, è una cosa che facciamo da quando eravamo piccoli- Ma non siamo più piccoli-. Brooke lanciò una minaccia muta a Kurt con lo sguardo: se non fosse stato zitto gli sarebbe arrivato più di una semplice gomitata nella pancia. Seguirono alcuni secondi di silenzio imbarazzante, poi Christine lo spezzò. - Possiamo lo stesso fare una passeggiata sulla vecchia ferrovia, che dite? -. Guardò gli altri ragazzi, uno per uno, con un sorriso rassicurante, in attesa di una risposta. Poi Nora annuì.
- Io ci sto. Emily dovrebbe vederla in ogni caso ma...- e lanciò uno sguardo quasi impercettibile a Kurt e Brooke - ... Senza farle fare il test di coraggio-. Emily sorrise.
- In realtà non mi dispiacerebbe farlo. Insomma, sui binari non passa più nulla quindi immagino che il test non consista nell'aspettare l'ultimo momento per togliersi dai binari prima che passi un treno, no? -. Nora abbozzò uno di quei rari sorrisi. - No, pensandoci bene il vero test sarà passare in una galleria senza accendere le torce, invece di guardare giù dal ponte a una decina di metri a picco sul fiume- Aspetta cosa? -. Kurt sbiancò all'improvviso. - Dobbiamo attraversare la galleria senza accendere delle luci? - Ci sei cascato- rise Christine.
- Figurati se lo facciamo, sei troppo pauroso. Ma ricordati che non c'è nessun robot assassino nascosto nell'ombra-. Il ragazzo girò gli occhi. - Chris, lo sai che mi fanno paura i robot- Io li trovo carini- disse Christine con una scrollata di spalle e tutti insieme si incamminarono per il sentiero che portava alla ferrovia.

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