L'aveva visto. Probabilmente pensava di esserselo immaginato, ma il suo inconscio sapeva di averlo visto. Avete presente quel momento in cui, dopo aver guardato un film horror, si presenta la fissazione di doversi guardare sempre le spalle, con la paura di vedere qualcuno o qualcosa e dopo un battito di ciglia quel qualcuno o qualcosa è sparito? Sì che avete presente, nonostante siate consapevoli che queste cose succedono solo nei film, che "sarebbe figo se succedesse" ma non succederà mai perchè queste cose non esistono. E sapete che se in realtà succedesse veramente, morireste di crepacuore prima di poterlo raccontare.
Succedere, succedere, succedere. Tante cose potrebbero succedere, cose orribili, a cui preferiremmo non credere o pensare, eppure alcune volte succedono davvero e resta a noi se crederci oppure continuare a vivere la nostra vita, lasciandocelo alle spalle.
Era stato quasi a fine inverno quando l'aveva visto. Nonostante fosse fine febbraio, tutta Willow Creek era ancora imbiancata di un leggero strato di neve. Aveva fatto freddo quell'inverno, molto freddo. Ma a Christine piaceva stare nella sua stanza a studiare, quando fuori la temperatura era sotto lo zero e lei era in casa al caldo, a guardare fuori dalla finestra dalla sua scrivania, il giardino imbiancato della casa di fronte.
Aveva visto quello scenario per così tanto tempo che pensava di conoscere quel giardino meglio del suo proprietario. Un grande albero simile a una quercia si stagliava nel centro di quel grande e allo stesso tempo piccolo prato. A uno dei suoi rami era appesa un'altalena per il figlio più piccolo, ricavata da un vecchio copertone di un'automobile e appeso con una robusta corda all'albero. Tutto intorno, ancora ricoperte dalla neve, c'erano delle splendide aiuole che in primavera si coloravano di colori che andavano dal giallo al viola, dal rosa al blu.
Quel giorno era tardo pomeriggio. Il cielo era coperto da nuvole grigie e all'esterno tirava un forte vento. L'altalena si muoveva avanti e indietro, come se lo spirito di un bambino si divertisse a giocarci quando tutti erano chiusi in casa al caldo.
Christine guardava fuori dalla finestra con aria sognante, la penna in una mano e il quaderno di matematica davanti. Le capitava spesso di distrarsi, ma a lei non piaceva quella parola: distrarsi. Preferiva di più "sognare ad occhi aperti" nonostante questo comportasse l'assoluto menefreghismo nei confronti dei compiti che avrebbe dovuto fare in quel momento. Andava bene a scuola, eppure "sognava ad occhi aperti" troppo spesso quando doveva studiare a casa. Si perdeva nei colori di quel giardino, il marrone del tronco della quercia che risaltava tra il bianco di tutto il resto. Si perdeva nell'altalena che continuava a muoversi, accanto alla parte del tronco dell'albero su cui era scavato un profondo buco, chissà per quale strana misteriosa ragione. Era concentrata su quel particolare quando lo vide. Qualcuno stava tenendo ferma l'altalena. No, si era fermata da sola. Sembrava che il vento si fosse quietato all'improvviso in tutto il vicinato. Ma c'era lo stesso qualcuno o qualcosa. Da dietro il tronco dell'albero spuntava una mano. Una mano pallida, biancastra, con le unghie ingiallite, ma senza rughe. Anzi, era perfettamente liscia, sembrava quasi.... morta. A Christine scappò un leggero sorriso. Adesso si sognava pure le mani dei morti. Probabilmente era colpa di quel film che aveva visto il giorno prima in tv. Si alzò gli occhiali per passare una mano sugli occhi e quando se li rimise, la mano era ancora lì. Fece una smorfia. Forse era il suo vicino di casa che era uscito per fare qualcosa e si era dimenticato i guanti. Ci fu uno sbalzo di corrente improvviso nella sua stanza. La camera perse la luce per un secondo e il cuore di Christine perse un battito per quelli che sembravano minuti. La ragazza si alzò di scatto dalla sedia. La mano era ancora lì, appoggiata all'albero. Un brivido la percorse dalla testa i piedi e una sensazione di terrore iniziò a insinuarsi nel suo corpo. Era come paralizzata, sarebbe voluta scappare in cucina dai suoi genitori come una bambina o mettersi a urlare come fanno le pappemolli, ma anche se avesse voluto non avrebbe potuto. Stringeva ancora la penna nella mano ma è come se fosse lì e allo stesso tempo si trovasse fuori, nel giardino che stava guardando. Sentiva freddo. La mano sul tronco non si muoveva. Una lacrima le scese giù da una guancia. Strano, non si ricordava di essersi messa a piangere o di aver avuto gli occhi lucidi. All'improvviso la sensazione di terrore sparì così come era arrivata. La sua mano lasciò cadere la penna, lei riprese a respirare normalmente, la lacrima cadde sul pavimento, ma lei rimase in piedi, continuando a guardare il tronco. La mano era sparita, l'altalena si muoveva di nuovo, spinta dal vento. Christine guardò il suo riflesso nel vetro. Aveva il viso sofferente, le labbra piegate in una smorfia di dolore. Ma perchè di dolore? Il suo sguardo si spostò sul resto del riflesso e sul punto in cui il suo braccio destro, disteso su un fianco, veniva stretto dolorosamente dalla stessa mano che aveva visto poco prima nel giardino.
Bastò quello a farla scattare. Lanciò un urlo di terrore, si voltò di colpo con la mano sinistra tesa per mollare uno schiaffo a qualunque cosa facesse parte quella mano. Qualcosa la portò a chiudere gli occhi, sentì di aver colpito un altro qualcosa che non ebbe reazione a quello schiaffo e quando riaprì gli occhi vide per un istante la morte, che con un risolino e due occhi luccicanti scomparì dalla sua vista in un battito di ciglia.
Crollò a terra, vicino al suo letto, incapace di fare qualsiasi altro movimento. Quella cosa l'aveva toccata. E lei aveva toccato quella cosa. Ma quella cosa non era la morte, sembrava la morte ma allo stesso tempo era tante altre cose, le cose che tu pensavi ti avrebbero portato alla morte, le cose che ti terrorizzavano di più e che ti traumatizzavano di più. Ebbe solo il coraggio di formulare una frase.
-Cosa cazzo era quella cosa?-***
Mentre guardava nel buio della galleria prima di inoltrarvisi, ebbe un flash di ciò che era successo quell'inverno. All'improvviso le sembrò che centinaia di mani bianche come cadaveri si protendessero verso di lei per accoglierla nel buio da cui non avrebbe più fatto ritorno.
- Non è reale- si ripetè a bassa voce per darsi forza.
- Lì dentro c'è solo Emily. Devo cercarla perchè è stata mia l'idea di correre fin qui, quindi io, la più grande, mi assumerò le responsabilità di tutto quello che succederà-
Chiuse gli occhi per un momento, prendendo un lungo respiro e quando li riaprì sentì qualcosa sulla sua spalla. Lanciò un urlo strozzato e si girò di colpo, tirando quasi un pugno al malcapitato Kurt. Lui le bloccò il braccio sano con un'espressione spaventata.
- Cavolo Chris, calmati-
Si sentì arrossire per l'imbarazzo. Erano arrivate anche Brooke e Nora e non le aveva sentite avvicinarsi. Come pensava di potersi assumere le proprie responsabilità se non si accorgeva nemmeno di quello che le succedeva attorno?
- Scusate- disse con un verso strozzato, per poi tirar fuori uno di quei sorrisi rassicuranti che servivano per coprire il dolore.
- Emily è andata nella galleria senza aspettarmi e l'ho persa di vista quando sono inciampata e mi sono fatta questo- disse notando lo sguardo interrogativo di Nora e mostrando il gomito sbucciato. Kurt trattenne un conato di vomito.
- Oddio, ma ti verrà un'infezione-
- Kurt, non...-
- Chiamate un'ambulanza, dobbiamo tornare indietro, cazzo. Sai quanti germi, zecche, pidocchi di animali potevano esserci su quelle pietre?-
- Kurt...-
- Se morirai tra poche ore te l'avevo detto. Non possiamo andare in giro senza bende e disinfettanti, solo il disinfettante per le mani serve sempre-
- Cristo Kurt, sto bene, ora possiamo sbrigarci a cercare Emily?-
- Tranquilla, hai detto che è andata nella galleria di sua spontanea volontà e il vostro scherzo non è riuscito. Possiamo fare con calma, non ci saranno dei mostri nel buio, no?-
Christine notò con la coda dell'occhio che Nora era sbiancata per un istante, a quella frase, per poi tornare impassibile come sempre.
- No, andremo adesso, subito. Due di noi andranno lì dentro, la chiameranno, lei tornerà qui e andremo tutti a casa. Cioè, nella casa. Abbiamo perso tempo, è già passata più di un'ora da quando siamo partiti. Chi viene con me a cercarla?-
- Hai intenzione di andare lì dentro con il braccio in quello stato?-
Kurt guardò Christine con gli occhi spalancati.
- Kurt, vieni tu con...-
- No- ribattè lui senza lasciarle terminare la frase.
- Vengo io- disse Nora facendosi avanti.
- Bene-
Christine sorrise soddisfatta.
- Brooke, tienilo d'occhio e...Kurt? Sai che prima o poi arriverà il giorno in cui dovrai affrontare la tua paura del buio e dei robot assassini nascosti in esso, vero?-
Il ragazzo grugnì qualcosa che suonava molto simile a un "ma i robot assassini esistono", ma le altre due erano già entrate nella galleria e non lo udirono.

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Tiro a segno
KorkuCinque ragazzi, cinque storie tormentate, una cittadina apparentemente tranquilla, un uomo misterioso, dei fatti inspiegabili. Potreste essere voi, potremmo essere noi, potrebbero essere gli altri. Se iniziassero ad accadere cose degne di un film h...