Capitolo 19

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Alex è arrabbiato, furioso, si sente tradito.
Io continuo a non capire nulla di quello che sta succedendo, insomma perché tutti mi trattano male? Io non ho ucciso nessuno!
"Alex, io..."
"Per te signorina Stage sono il detective Carter, porti rispetto." Dice secco il ragazzo tornando improvvisamente serio, si risiede, si sistema la camicia e poi riprende in mano il block notes e la penna.
"Ricominciamo..." inizia con calma scribacchiando qualcosa sul foglietto, evitando si guardarmi, ho paura di quello che possa succedermi, ma se dico la verità mi scagioneranno dalle accuse, ne sono certa.
"Dove sei stata negli ultimi tre mesi?"
Ultimi tre mesi? Che cosa?! Io non ho alcun ricordo di questi tre mesi, è come se avessi dormito, come se avessi fatto un lungo sogno.
Ma questo non posso dirlo a lui, mi prenderebbe per pazza. Non è possibile sia passato così tanto tempo, solo ieri quel pazzo mi aveva rapita...
"Non ricordo, devi credermi." Affermo convinta di ciò che dico.
Alex mi guarda come fossi un alieno, avrei avuto la sua stessa reazione, mi è mancato il suo sguardo, mi è mancato lui; i ricordi dei nostri giorni diciamo felici si insediano nella mia mente, facendomi scendere un lacrima di nostalgia, osservo bene la reazione del giovane al mio pianto, niente; è impassibile, quasi non gliene importasse nulla, ma ad un certo punto smette di fissarmi con i suoi occhi magnetici, ed inizia a guardare il muro di fianco a lui.
C'è ancora qualcosa tra noi, non può aver eliminato tutto, eppure io ho fatto del male da quello che dicono.
"Detective, mi deve credere, non ho alcuna memoria degli ultimi mesi..." mentre dico queste parole la testa mi gira all'improvviso, un acuto dolore mi arriva alla nuca.
Lancio un gridolino di dolore, il minimo per la botta che ho sentito, serro gli occhi...

Un'immagine, un ricordo si insedia nella mia mente; come un flashback inizio a riviverlo, ma sembra tutto scuro, c'è delle fitta nebbia che mi impedisce di vedere i dettagli della scena; una donna, una giovane donna è a terra, striscia, chiedendo di essere risparmiata, ma delle mani la afferrano per il collo, stringono le dita sulla sua pelle candida, questa di dimena, ma in pochi secondi è senza fiato, oramai è morta. Guardo nel ricordo e sono io, le mie mani hanno soffocato quella ragazza; il mio corpo vieni improvvisamente coperto di sangue fresco che cade dal cielo, urlo disperatamente...

"Lisa!!" Apro di nuovo gli occhi, sono sempre nella stessa stanza, l'unica differenza è che Alex è accanto a me, tiene una mano sulla mia guancia mentre l'altra stringe la mia spalla.
Inizio a piangere e mi accosto al suo petto, lasciandomi andare, lui si irrigidisce è poco dopo mi respinge "No, non di nuovo." Dice tornando a sedere mentre si passa una mano tra i capelli.
"Che vuoi dire?" Dico singhiozzando; per adesso sarà meglio non parlargli della mia visione, o del mio ricordo.
"Tu mi hai mentito, ti sei avvicinata a me solo per sapere del caso Nightmare, e poi sei sparita, per ricomparire come una serial killer." C'è dell'amarezza nelle sue parole, tuttavia non è la verità; io ero, e sono, innamorata di lui, non L'ho avvicinato per il caso, neanche ero sicura se fosse o meno un poliziotto all'inizio. Non ricordo nulla degli ultimi mesi, ma io non posso aver ucciso qualcuno. Io lo amo, ma se lo dicessi adesso sembrerebbe una presa in giro, è troppo tardi.
"Lasciamo stare, continuiamo, dici che non ricordi nulla vero? Qual è quindi l'ultimo avvenimento, l'ultimo luogo, l'ultima persona che pensi di aver visto?" Chiede curioso afferrando la penna pronto a scrivere una bella confessione magari, ma non sarà così, non oggi.
"Nightmare."
"Cosa?"
"Hai sentito bene."
"Stage, che cosa intendi con 'Nightmare'?"
"Quello che hai sentito.." inizio sforzandomi di ricordare anche la sera del mio rapimento, quella maledetta sera, se solo non fossi uscita, se avessi ascoltato Alex, se fossi stata più attenta adesso al mio posto ci sarebbe il colpevole, quello vero, di tutta questa storia.
"La sera che sono uscita.." Dico mentre fisso la penna del detective che scorre veloce sul foglio, sta appuntando ogni mia parola, ogni mio minimo movimento per capire se mento o meno "..per farti una sorpresa, ho incontrato Nightmare.." "Lo hai visto in faccia?" Chiede interrompendomi "No, porta sempre degli occhiali scuri, quindi saprei descrivere solo una parte del volto." Rispondo secca.
Inizio a parlare e a ricordare, mi sforzo di non piangere, ma Alex non ci vada e si limita a scrivere; improvvisamente la porta della piccola e triste stanza si spalanca, entra un uomo sulla cinquantina, in giacca e cravatta, con i capelli brizzolati, quasi pelato, con in dosso un paio di occhiali da vista poggiati sul naso rotondo.
L'uomo si scaglia contro il detective Carter, lo prende per il collo della camicia ed inizia ad urlargli contro parole di rimprovero.
"Carter maledizione!! Tu non dovresti essere qui! Chi ti ha permesso di interrogarla prima di me?!" Grida con cattiveria e rabbia, quello che ho capito essere un suo superiore.
"Signore, è stata una mia decisione.."
"Non posso farti coinvolgere sentimentalmente in questa storia Carter, quindi tornatene a casa, hai il giorno libero!"
"Ma, signore..!"
"Via Carter!"
La loro conversazione termina quando Alex esce abbattuto dalla stanza, prima di chiudere la porta mi guarda, c'è della tristezza nei suoi occhi, i sorrido e poi li chiude la porta e scompare nel lungo corridoio.
Lui era la mia unica speranza, lui era l'unico che poteva credermi, l'unico che sapeva che quel mostro mi aveva puntata da tempo.
L'uomo si siede al posto di Alex, si risistema la giacca dandosi dei colpetti sulle spalle e poi mi guarda, anzi mi studia.
Io sono lì davanti a lui, con una tuta completa gialla, i capelli biondi arruffati, il viso sporco e gli occhi gonfi.
Mi sento uno schifo, tutta questa storia mi sta uccidendo, come posso aver assassinato delle persone a sangue freddo senza averne memoria? E perché ho rivisto quella scena? Che io stia iniziando a ricordare qualcosa?
"Allora signorina Stage, io sono il detective William Miller, le farò alcune domande per capire quello che è successo.." a differenza di Alex, lui tira fuori dalla tasca un piccolo registratore e lo accende, poi incrocia le braccia sul suo petto ed inizia a guardarmi, come per invogliarmi, o meglio indurmi a parlare.
"Signore, io non ricordo nulla.." Dico in mia difesa cercando di sostenere lo sguardo dell'uomo.
"Oh cara, qualcosa ti sarà rimasto dei sei brutali omicidi che hai compito tra il mese di marzo e la fine di maggio.." Dice con aria persuasiva e con tono sarcastico.
Riesce a farmi sentire uno schifo anche se non so se le sue accuse sono vere o false.
"Davvero io, io non ricordo nulla."
Dico raccogliendo tutto il mio coraggio, quest'uomo, il detective Miller mi intimorisce, mi sento come un insetto insignificante, la formica più piccola di tutte che deve fronteggiare un uomo di statura media.
"Andiamo Stage, sei una ragazza intelligente, ti conviene parlarne." Continua con il suo tono persuasivo William fissandomi con i suoi piccoli occhi neri che non fanno trapelare alcuna emozione; sono sempre riuscita a decifrare lo stato d'animo di una persona dal solo sguardo, ma con lui è diverso.
"Ho il ricordo sbiadito di una ragazza, pregava di non essere uccisa, ma io l'ho strangolata con le mie mani..." mi fermo, un nodo alla gola non vuole saperne di farmi uscire le parole di bocca, singhiozzo e dopo una lunga pausa riparto, "...poi di nuovo il buio, davvero io non.." le lacrime prendono il sopravvento.
Scoppio a piangere, per tutto, il detective mi fissa impassibile, avrà sicuro visto scene del genere nella sua carriera, e poi un uomo così rigido e preciso non si farà ammorbidire da due lacrime versate da un'assassina.
"Quindi confessa l'omicidio di una delle sei vittime?" Chiede impaziente.
Io annuisco, se quello che ho visto è vero ho ucciso una giovane donna a sangue freddo, devo pagare per questo, anche se non è del tutto mia la colpa.
Nightmare e la sua droga di Hitler.

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