Capitolo 1 - Due anni dopo

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Nessun peggior dolore che ricordare il tempo felice nella miseria (Dante)

Il pomeriggio stava lentamente cambiando i colori al cielo, i suoni del quartiere arrivavano ovattati, risate, urla dei bambini, le ruote del carretto del venditore di simit, Sanem pareva vivere in un suo mondo silenzioso, stava mescolando un impasto in cucina guardando distrattamente fuori in giardino: era il giorno del suo compleanno. Dopo due anni si era decisa a festeggiare quella data.
Quella era una ricorrenza che aveva segnato indelebilmente la sua vita.
Si poteva quasi dire che in quel giorno era nata ed era morta.
Rivide come sullo schermo di un cinema quello che era accaduto solo due anni prima: Can in piedi nel ballatoio dell'agenzia, stava discutendo con sua madre Huma, parlavano animatamente, lei gesticolava e ogni tanto le lanciava occhiate malevole attraverso la sala. Madre e figlio erano abbastanza lontani e non poteva sentire il suono delle parole ma probabilmente gli stava rivelando tutti i suoi segreti. D'un tratto lui aveva improvvisamente alzato la voce urlando alla madre di stare zitta! La conversazione si era fatta accesa, la madre lo stava incalzando su qualcosa. E quel qualcosa era lei, Huma la odiava, avrebbe fatto di tutto per dividerli.
Lei guardava impotente la scena mentre una gongolante Aylin, le si era avvicinata sussurrandole nelle orecchie, mio dio, ricordava con precisone le sue parole "Avevo giurato che l'avrei distrutto. Avevo giurato che si sarebbe tolto dai piedi e tu sei stata la mi amigliore e inconsapevole alleata. Ecco, guarda, se ne va, non lo vedrai mai più". Rivide Can che usciva sconvolto, quasi correndo, dall'agenzia. La sua immagine che varcava le porte scorrevoli del loro ufficio l'aveva ossessionata per mesi. Non una parola verso di lei, non una spiegazione, non un'occhiata. Vedeva e rivedeva la sua maglietta blu sparire oltre i vetri. Non era stata capace di chiamarlo, di corrergli dietro, di urlare qualcosa. Lei era rimasta come pietrificata.
Quella era stata l'ultima volta che lo avevano visto.
Scosse la testa per non ricordare più. Basta, si disse, hai una vita nuova adesso.

L'arrivo di Leyla la distolse dai suoi pensieri : "Ciao Sanem, come stai? stai facendo il dolce di mamma? Non dovevi, potevamo comprarlo... -
"dovevo fare qualcosa, non posso sempre stare ferma e Kemal non ha mai provato il dolce della mamma" le rispose con un filo di voce.
La sorella l'abbracciò dandole un affettuoso bacio sulla guancia, "Hai ragione, e allora correremo il rischio... dov'è Ahmet? "
"Mamma e papà l'hanno portato alla scogliera, lo sai che ama i gabbiani" .
Quella scogliera, pensò, la stessa di tanti momenti passati con Can, le loro liti, le loro riappacificazioni. Ricordare quei momenti le lasciava sempre una grande tristezza nel cuore. Chiuse gli occhi, voleva cancellare la visione del suo passato con Can, e si immerse di nuovo nella preparazione del dolce.
Quella grande casa quel giorno sarebbe stata teatro della sua festa, una casa che l'aveva vista bambina, adolescente irrequieta che scappava dalle finestre e giovane donna innamorata. Col suo piccolo giardino e il suo odore così rassicurante.
Per un giorno quella grande stanza, regno di sua madre, sarebbe stata sconvolta dalla sua ormai proverbiale inettitudine alla cucina.

Intanto Kemal, suo marito, era in salotto in attesa dell'ora di cena, seduto in poltrona stava leggendo con apparente serenità.
"Ciao Kemal buonasera" lo salutò Emre
"ciao Emre, sei arrivato presto"
"Sono venuto da solo, avevamo da finire una campagna in agenzia ed abbiamo fatto presto, mia moglie è già arrivata? Ahmet?"
"si Leyla è arrivata da poco, deve essere in cucina con Sanem, che sta inutilmente cercando di fare un dolce da stamattina. Per fortuna Mevkibe ne ha preparato uno di riserva altrimenti stasera non avremmo dove mettere le candeline... adesso i nostri suoceri sono col bambino sulla scogliera..."
"lo sai che Sanem è sempre stata un disastro in cucina. Riesce a fare solo il tè "
"È vero - la prese in giro il marito- ma la amerei anche se non riuscisse nemmeno a far bollire l'acqua. Sai che lei fa così, si impegna, fa un disastro, poi ti guarda con quei suoi occhi spalancati e ti dice non avevo veramente voglia di questo piatto, ordiniamo un toast, una pizza o qualcos'altro"
I due risero ma Emre improvvisamente si fece serio: "Kemal, devo dirti una cosa... " aveva difficoltà a trovare le parole, ma il cognato lo prevenne con un sospiro, capendo qual era la difficoltà di Emre,
"lo so ... " disse l'uomo sorridendo amaramente
"lo sai?" Emre era sorpreso
"Sì, lo so, è tornato tuo fratello, è venuto in libreria, me lo sono trovato di fronte mentre stavo sistemando dei libri, mi ha detto -Sono tornato, dov'è Sanem? - Sanem è a casa nostra, gli ho detto. Lui si è voltato e se n'è andato. Non sa niente vero?"
"No. Non sa niente. Senti io ci ho provato, lo sai, ci ho provato ma lui era irreperibile. Dal momento in cui Aylin ha spinto Sanem giù dalle scale dell'agenzia ho provato a contattarlo ma aveva, probabilmente, buttato il telefono nel primo cassonetto e preso un aereo per chissà dove. No, non lo sa. Non ne ha idea" Emre si sedette sul divanetto, visibilmente provato e continuò guardando Kemal negli occhi "Mi ha chiamato, mi ha detto di aver, per caso, letto l'articolo su di te, immagino quello sulle tue librerie specializzate in viaggi, sul fatto che non hai seguito le orme di tuo padre nell'industria e di aver visto Sanem accanto a te nella foto sulla rivista... non mi ha praticamente lasciato parlare, mi ha chiesto solo se era vero quello aveva letto. Io ho confermato e lui ha riattaccato. Il numero da cui chiamava era privato. Non so nemmeno dove alloggi adesso, per quanto ne so potrebbe anche vivere in una tenda nel bosco...Non so come trovarlo"
"Quindi ti aspetti che sia io a rintracciarlo? io a dirgli che Sanem ha rischiato di perdere l'uso delle gambe dopo la caduta? Ti aspetti che sia io a dirgli quanti mesi ha passato disperata in ospedale e di come ci sia voluto quasi un anno per portarla fuori di casa?...Emre, Sanem per me è la vita, il grande dono che Allah mi ha dato. Io non la perderò, lei è mia moglie."
I due non si erano accorti di Sanem che li fissava impietrita sulla porta, era bianca come un cadavere, tremava e stringeva ancora fra le mani un mescolo gocciolante impasto al cioccolato... li guardò ancora un attimo e riuscì solo a dire in un soffio "è tornato?" sotto lo sguardo preoccupato di Emre e Kemal. Che non poterono che annuire.
Chiuse gli occhi, le veniva voglia di ridere, di correre, di uscire lei stessa a cercarlo, ma non poteva fare nessuna di queste cose. Sanem aveva capito che aspettava quel giorno da tanto, da due anni, ma anche che non era pronta e forse non lo sarebbe mai stata. Era tornato Can, la cercava, lo avrebbe rivisto. Le aveva fatto male, troppo. Non sarebbe mai riuscita a perdonarlo. Non poteva.

KEMALDove le storie prendono vita. Scoprilo ora