Capitolo 15 - Ritrovarsi

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Demoni e Amori

Can aveva lasciato la festa subito dopo Sanem.
Continuava a pensare a quello che gli aveva detto Polen e alla reazione di Kemal. Quell'uomo gli piaceva sempre di meno.
In ogni caso , chiunque fosse stato ad aiutare Kemal o Polen, tutti avevano in qualche modo giocato con la vita di Sanem. I suoi sentimenti, la sua fragilità emotiva e fisica.
Non poteva darsi la colpa, ma il destino era stato veramente crudele con loro.
Arrivò a casa, si spogliò si fece una doccia caldissima che lo avrebbe dovuto rilassare. Ma restò teso.
Era quasi inverno, le serate erano freddissime, ma il cielo spazzato via dal vento era limpido e le stelle erano puri diamanti.
Dette da mangiare a Kopy che amava accucciarsi sul tappeto dell'ingresso gli fece due coccole e salì in camera. Aveva subito amato quella piccola casa nel bosco quando aveva scoperto il lucernario sul soffitto della camera. In genere lo teneva chiuso da una tenda blu ma alcuni giorni poteva lasciarlo scoperto e godersi lo spettacolo delle nubi che si rincorrevano, della pioggia che batteva sui vetri o nelle sere più terse del fascino delle stelle che, come piccoli spilli lucenti, risaltavano sul velluto nero del cielo.
Quella era una di quelle sere e si stese sul basso letto a pensare.
Aveva deciso di andarsene e sarebbe stata la decisione migliore, glielo diceva la logica, non vedersi più avrebbe alla fine quietato gli animi e l'amore sarebbe scolorito fino a sbiadire del tutto.
Voleva crederci ma sapeva che era una cazzata.
Pensò a Sanem, alle prove che aveva dovuto affrontare e non c'era da biasimarla se voleva restare accanto ad un uomo che non le ricordava mai un dolore subito. Che le aveva solo donato sicurezza.
Era così bella quella sera, sarebbe stato così orgoglioso se fosse stata sua. E invece era di un altro. Un altro che non gli piaceva e che forse la difendeva con troppo puntiglio, del resto come non capirlo. Non avrebbe anche lui fatto lo stesso?
Restò lì a guardare le stelle , ma non era la stessa cosa senza Sanem. Non era la stessa cosa che sull'amaca d'estate o nel bosco per terra. Niente sarebbe stato più la stessa cosa senza di lei. Chiuse gli occhi giusto un attimo si disse, giusto un attimo e poi si addormentò con tante domande in testa senza risposta...

Kopy iniziò ad uggiolare poco dopo e Can nel dormiveglia sentì questo suono strano nel silenzio della casa. Il cane che mugolava, stava arrivando una macchina. l'uggiolio si fece ringhio e poi iniziò ad abbaiare tanto che Can si svegliò del tutto e si precipitò giù dalla camera per vedere cosa stesse succedendo. Una macchina si era fermata nello spiazzo davanti a casa. Qualcuno bussava, un uomo, chiamava "C'è nessuno .... prego, c'è nessuno?"
Can apri la porta e si trovò davanti un taxi e l'autista che sorreggeva una donna interamente coperta da un accappatoio bianco "Can Divit?"
"Sono io"
"Questa donna mi ha dato il suo indirizzo e mi ha detto di portarla da lei, non sta bene, è sconvolta, adesso è svenuta ma non so che fare, volevo portarla in ospedale ma lei ripeteva mi porti da Can, Can Divit"
Can guardò la donna, era Sanem.
"Sanem, Sanem" la prese in braccio e la portò con la casa ancora avvolta nel buio, sul divano della sala, le mise un cuscino sotto la testa, era fredda non aveva scarpe aveva il trucco completamente sciolto sul viso, che le era capitato?
Tornò dal tassista lo ringraziò, gli mise in mano un pò di banconote e tornò a occuparsi di lei, che stava riprendendo i sensi.
"per l'amore di Allah, Sanem che è successo, Sanem, stai bene?"
"Bene sto bene, ho solo freddo, ti prego tienimi con te. Tienimi stretta Can."
Lui la prese in braccio e la portò nel letto da dove si era appena alzato, nel calore che il suo corpo aveva impresso fra le lenzuola, la depose coperta ancora del suo accappatoio, la abbracciò e stettero un po' così, mentre passava il suo tremore di freddo e paura. Doveva chiederle che cosa era successo ma non gli sembrava in grado di rispondere a domande. Coprì entrambi e le baciò la fronte fredda, al buio la sentì rabbrividire e la strinse ancora più a sè, lei gli nascose il volto nell'incavo del collo e si abbandonò a quel calore, si aggrappò a lui, fiduciosa.
"Sei al sicuro, ci sono io" le disse fra i capelli.
"Sì, sono al sicuro" pianse per lunghi minuti mentre lui le baciava la fronte e le guance, incapace di chiederle spiegazioni, spettatore di quel dolore così forte, la tenne lì al sicuro finchè sfinita non si addormentò.

KEMALDove le storie prendono vita. Scoprilo ora