CAPITOLO TREDICI

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Capitolo Tredici: Rituale.

"Rosseggi muta e fredda quasi d'un lume interno, e nell'umile luce ti scintilla l'eterno."- Pier Paolo Pasolini.

Vårdande aveva iniziato a fare avanti e indietro, nervosa e tremante come una foglia. Kyá aveva provato a seguirla, stancandosi subito dopo.

Non capiva cosa non andasse nella cartomante, dopotutto non l'aveva mai vista cosí ansiosa.

Vårdande aveva creato un cerchio di sale nel giardino, abbastanza grande da farvici entrare i Quattro, Shahrazād e se stessa. All'interno aveva posizionato dei bastoncini d'incenso, le carte ed il rosmarino da bruciare.

Era tutto pronto, mancavano solo loro.

"Cos'hai che non va?" Kyá le si era aggrappato alla veste, soffiando per ricevere attenzione. Era un gatto piuttosto narcisista ed irritabile, Vårdande aveva imparato a conviverci.

"Non ho nulla che non va, gatto impiccione." Gli aveva quindi tirato l'orecchio, ricevendo in cambio un miagolio sommesso.

In lontananza Kyà aveva udito umore di passi pesanti ma aveva deciso di non farne parola con la sua padrona: se ne sarebbe accorta da sola.

"Le compagne dei tuoi due fratelli non saranno presenti?"

Vårdande aveva scosso la testa, pensando alla compagna dell'Orso, l'ultima volta che l'aveva vista si era sentita intimorita dalla sua stazza.

"L'unica Scelta presente sarà Shahrazād."

Kyá si era sdraiato quindi a terra, nascondendo il muso sotto alle zampe macchiate di puntini bianchi. Quando i Quattro e Shahrazād furono abbastanza vicini Vårdande tossí, addrizzando la sua postura.

Voleva avere un aspetto autoritario, conferitole si dalla sua età ma anche dal suo sguardo severo. Era lei a comandare, quel giorno.

"Sorella!" Wëskø le era corso incontro, abbracciandola lievemente. Värdande aveva ricambiato l'abbraccio, lasciandosi cullare da quel minimo di affetto. Aveva visto Il Lupo crescere, e gli voleva bene.

In realtà, voleva bene ad ognuno di loro, ma non l'avrebbe mai ammesso.

Shahrazād era arrivata qualche secondo dopo con Styrkur, era ancorata al suo braccio con una mano protesa leggermente in avanti. Era tesa, tesissima, come una corda di violino.

"È tutto pronto?" Aveva domandato Il Falco, aggiustandosi gli occhiali con fare stanco. Prätda era forse colui che, tra i Quattro, dormiva meno. Dopotutto era lui a dover organizzare tutto, e non avrebbe mai lasciato nulla al caso.

Vårdande aveva quindi annuito, lanciando uno sguardo torvo a Terseo. "Sta attento a non disfare il cerchio, o dovrò rimandare la seduta!" Lo aveva ammonito.

Terseo aveva inarcato un sopracciglio, incrociando le braccia e facendo risaltare i suoi muscoli.
"È solo del sale, potresti benissimo rimetterlo in qualche secondo." L'aveva detto con tono di superiorità, come se stesse parlando con una stupida.

"È sale benedetto e purificato, impiegherei un giorno intero a purificarlo nuovamente." Aveva quindi roteato gli occhi, avviandosi verso Shahrazād.

Sotto lo sguardo di Styrkur le aveva preso una mano, lasciando che lei capisse chi era, riconoscendola.

"Tu siederai di fianco a me, vieni."

Styrkur aveva fatto per replicare, interrotto subito da Prätda. "Lasciala fare," gli aveva detto, "fallo per le Dee."

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