Capitolo trentasette: Il Lupo.
"piangi, mia cara
ma non sanguinare."
-miriellamarieWëskø aveva caldo.
Il suo corpo pareva non aver mai percepito il freddo e, di conseguenza, non aveva mai avvertito la sensazione pungente di quest ultimo.
Come era finito lì?
Forse non c'era mai stato un prima, forse quello era stato l'inizio. Ma tutto doveva pur esser generato da qualcosa, giusto?
Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Quella era la legge fondamentale d'ogni cosa e nonostante Wëskø avesse a malapena cinque anni, sapeva che qualcosa non andava.
Il sole pallido, quasi grigio e totalmente coperto dalla foschia, e l'aria era fresca. Gli alberi attorno, dei verdissimi pini cosparsi di neve, si ergevano alti mentre il vento muoveva lentamente le fronde.
Gli sembrava di venir cullato, avanti e indietro, dalla natura stessa.
Quanto era bello e oh, quanto era rilassante quel luogo!
Si era sdraiato con la schiena contro la neve, avvertendo un lungo brivido percorrergli il corpo. Una vocina dolce gli parlava, gli intimava di aspettare qualcuno e di non muoversi. Aspettare chi?
Wëskø aveva, comunque sia, obbedito.
La vocina si era fatta, man a mano, sempre più dolce e opaca, come una nuvola pronta a dissolversi nel cielo. Aveva la sensazione che più essa si indebolisse e più si avvicinasse colui o colei che doveva attendere.
Ma il giovane Lupo non aveva fretta, avrebbe aspettato pazientemente. Con le mani aveva preso a tastare la neve e il terreno sottostante, sempre più curioso.
"Oh buon Dio! Cosa ci fai qui? Dove si trova la tua mamma?" Le orecchie di Wëskø avevano preso a fischiare in preda alla sorpresa e all'eccitazione. Da dove veniva quella voce? Con non poca difficoltà s'era voltato a destra e poi a sinistra, alla ricerca di quello strambo suono.
Non aveva mai sentito parlare nessuno, quindi come era possibile che capisse tutto? Aveva aggrottato le sopracciglia e, come aveva fatto fino a quel momento, era rimasto chiuso nel suo ingenuo mutismo.
La voce nella sua testa era completamente svanita, rimpiazzata ora da quella umana.
"Ti senti bene?" Uno strano essere si era piegato davanti a lui, toccandogli il viso con aria contorta dalla preoccupazione. Ma il viso del fanciullo era rilassato, senza nemmeno un accenno di ansia.
Perché quei due umani sembravano così sconvolti?
"Dagli la tua pelliccia, Szron, non vedi che non ha abiti?" La donna si era voltata in maniera fulminea verso il compagno, scoccandogli un'occhiataccia. Wëskø l'aveva trovata buffa e così, senza rifletterci troppo, aveva sorriso.
Che begli occhi che aveva, quell'umana. Non avrebbe saputo a cosa paragonarli visto che, fino ad ora, tutto ciò che aveva mai visto era proprio lì. I suoi capelli, però, era certo di poterli associare alla neve.
Erano lunghi, lunghissimi, legati in una treccia ben fatta. Tra di essa, aveva notato il Lupo, vi erano fiori scolpiti nel ghiaccio.
Entrambi erano vestiti in modo pesante, con spesse pellicce grigie o marroni e grossi cappelli caldi a coprigli le orecchie. Come riuscivano a sentire, con quei copricapi addosso?
L'uomo, che aveva capito si chiamasse Szron, si era sfilato una sorta di sciarpa che teneva al collo per avvolgergliela attorno al corpo.
Era incredibilmente grande, o forse era lui ad esser troppo piccolo.
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PECCATUM
Science Fictioncover by @/theotites #1 nel concorso Nuovi Talenti 2019, fantascienza #2 nel concorso Nuovi Talenti 2020,fantascienza ESTRATTO DAL LIBRO Styrkur spinse in diagonale il coltello, con un po' più di irruenza a manovrare i suoi movimenti, lasciando che...