CAPITOLO TRENTASEI

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Capitolo Trentasei: un piano difficile

"C'è la vita e c'è la morte, e nel mezzo vi sono bellezza e malinconia."- Albert Camus

Shahrazād si sentiva forte, piena di energie e volenterosa come mai era stata in vita sua.
Era strano avvertire con così tanta chiarezza tutte quelle emozioni che per anni erano rimaste imbottigliate dentro di lei.

Aveva per caso smesso di essere una Stanca? E se la risposta fosse stata si significava forse che non era più degna di servire Sover?

Sperava di no, desiderava con tutta se stessa continuare ad adorare il dio ma allo stesso tempo non voleva tornare allo stato catatonico nel quale era stata bloccata per anni.

Avrebbe voluto domandare al dio se la volesse ancora o se desiderasse liberarsi di lei. Ma era davvero nella posizione di interrogare un dio? No, certo che no.

Chissà come sarebbe stata la sua morte se quel giorno Styrkur non l'avesse scelta, se avesse deciso di piantarle l'affilato pugnale nella gola fino a recidergliela.

Non ne avrebbe sofferto, ecco, e una parte di lei pensava sarebbe stato meglio così. Tutto il mondo avrebbe cessato di esistere, lei stessa si sarebbe ridotta ad un corpo non più funzionante per vivere nel regno di Sover.

L'altra parte di lei, però, era contenta di esser arrivata sino a lì.

Riusciva a sentire le labbra di Styrkur baciarle il dorso della mano mentre Sover le accarezzava la testa.

C'era così tanto calore in quei gesti da sommergerla.
Non pensava di aver mai ricevuto così tanto affetto in vita sua come in quegli ultimi mesi e la cosa la terrorizzava.

L'amore, sua madre glielo diceva sempre, era una debolezza che una povera cieca non poteva permettersi.

"Ho bisogno che tramandi a qualcuno, qualcuno di fidato, la formula che ti è stata insegnata nella struttura dell'accidia.

Ora che avete riacquisito i ricordi che vi erano stati cancellati, Död sarà furiosa. È una dea, non mi aspetto che rimanga ignara dell'incontro di oggi.

Per quanto riguarda tuo fratello, invece," si era voltato verso Styrkur come a volerlo esaminare a dovere, "la situazione potrebbe richiedere più tempo del previsto. È stata un'arma umana a renderlo così, non una maledizione divina.

Dovreste recarvi nel luogo in cui l'hanno ridotto in questo stato, entrare in possesso di quest'arma e creare un antidoto.

È probabile che dovrete richiedere l'aiuto di un erborista o di una strega per farlo; maneggiare erbe e creare infusi non è lavoro per inesperti."

Avevano annuito tutti, persino Wyulma, un po' pensierosi. Styrkur si era quindi morso il labbro mentre ripensava alle condizioni del fratello e a come aiutarlo.

Sapevano con certezza che fosse stato qualcuno a Città dei Santi a ridurlo così e Styrkur era sicuro di chi fosse il responsabile: il capo.

Lo stesso uomo che l'aveva ospitato quando ancora era un ragazzino, lo stesso essere ad averlo tormentato e torturato assieme al figlio.

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