CAPITOLO VENTIDUE

1.5K 97 0
                                    

Capitolo Ventidue: Un Dio non muore.

"Per vivere in questo mondo devi essere in grado di fare tre cose: amare quello che è mortale, tenerlo contro le tue ossa sapendo che la tua vita dipende da quello; e, quando arriverà il tempo di lasciarlo, lasciarlo andare." -Mary Oliver,  In Blackwater Woods in "New And Selected Poems: Volume One

"Non possiamo farlo, è contro ogni regola!" Aveva ringhiato Gniew, Dio dell'ira, mentre pestava a terra il piede

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"Non possiamo farlo, è contro ogni regola!" Aveva ringhiato Gniew, Dio dell'ira, mentre pestava a terra il piede.
Sul monte degli Dei, quella sera, le divinità parevano sconvolte. La terra tremava sotto i piedi ed il cielo gridava tutto il loro risentimento e il rammarico che le loro anime immortali provavano.

L'uomo avrebbe giurato che qualcosa non andava, che le potenze divine erano in procinto di fare qualcosa, ma cosa?

Il palazzo riservato agli Dei del culto dei Peccati era grande, più di quanto servisse, e la sala riunioni era adornata da sette troni posti a formare un cerchio.

Ed ora, proprio in quella sala, le sorti del loro culto stavano per essere decise.

"Pensaci bene fratello," Lust, protettrice dei Lussuriosi, aveva accarezzato i capelli del maggiore, abbracciandolo da dietro in un gesto di dolce affetto.
Ma Sover era rimasto impassibile, adagiato sul suo trono grigio guardava i suoi fratelli e le sue sorelle, la sua mente proiettata al futuro.

Non avrebbe cambiato idea, non proprio ora.

"Questo nostro incontro dovrà rimanere segreto, solo noi del culto dei Peccati dobbiamo rimanere a conoscenza di ciò che in questa notte verrà stabilito." Era stato il Dio dell'avarizia, Skąpy, a parlare.

Skąpy era saggio e le sue decisioni non dovevano mai essere contestate, gli altri fratelli lo sapevano bene.

Tutti gli altri Dei avevano quindi annuito alle parole di Skąpy, dandogli ragione ed approvando la sua idea.
Sover aveva lasciato che la sorella Wyulma, l'invidia, gli strattonasse il braccio e gli artigliasse la veste come a volerlo far ragionare.

Era sicuramente la più forte tra le sorelle, questo Sover glielo riconosceva, ma anche la più impulsiva. Questo l'avrebbe portata alla sua fine, ne era certo.

"Cosa pensi di fare, eh? Sentiamo un po', stupido e stanco Dio che non sei altro, come pensi di morire? Siamo immortali, tu non puoi morire, smettila con le tue stronzate."

La verità era che Wyulma aveva, nel profondo, paura che le parole del fratello fossero vere. Lo sguardo che si era vista rivolgere l'aveva bloccata sul posto, terrorizzandola.

PECCATUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora