PROLOGO

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Cristian –primo giorno, I liceo-

Un raggio di sole, ecco cosa ho pensato la prima volta che l'ho vista.

Un raggio di sole ha illuminato lei, la sua chioma bionda, rendendola una cascata di fili dorati.

Un raggio di sole le ha illuminato il sorriso.

Quel sorriso mi ha trafitto il cuore, mi ha illuminato l'anima e in quell'istante ho capito che nulla e nessuna avrebbero mai potuto occupare il posto che lei aveva preso in quei pochi secondi, nel mio cuore, nel mio animo, nella mia vita

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Quel sorriso mi ha trafitto il cuore, mi ha illuminato l'anima e in quell'istante ho capito che nulla e nessuna avrebbero mai potuto occupare il posto che lei aveva preso in quei pochi secondi, nel mio cuore, nel mio animo, nella mia vita.

Era il primo giorno di scuola superiore ed eravamo tutti eccitati, chi più chi meno, per l'inizio di questa nuova avventura.

Io e Tommaso, Tommy per gli amici, da sempre il mio migliore amico e compagno di suonate, ce ne stavamo in disparte, seduti sulle nostre moto, ad aspettare che cominciassero le lezioni e osservavamo il via vai di ragazzi che si apprestavano ad entrare in istituto.

Qualche anno fa, insieme ad altri due ragazzi, avevamo messo su una band perché amanti della musica in generale, ma soprattutto della musica pop-rock, e con l'aiuto di mio padre, dal quale avevo ereditato l'amore per il rock, avevamo attrezzato nel garage dietro casa mia, una piccola sala insonorizzata dove poter fare musica.

Insieme a Tommy, voce di supporto e bassista, Luca, suo fratello maggiore, batterista del gruppo, Giorgio tastierista, ed io voce, ma all'occorrenza anche chitarra e piano, eravamo THE OBSCURITY (le oscurità).

Non so bene per quale motivo avevamo scelto questo nome, forse per il semplice fatto che negli anni dell'adolescenza, ci sentivamo insoddisfatti di tutto, soprattutto delle nostre vite, ci sentivamo come avvolti dalle tenebre.

L'aver sempre ottenuto tutto con molto facilità, senza il minimo sforzo, senza il sudore della nostra fatica (tutti e quattro infatti venivamo da famiglie più che benestanti) ci rendeva insoddisfatti di ogni cosa, anche delle cose più semplici.

O forse, era il fatto che quest'aria da duri e impossibili, faceva tanto figo e le ragazze per il nostro aspetto da belli e dannati ci sbavavano dietro.

Per quanto mi riguarda, ero e sono tuttora un po' così, un ragazzo molto chiuso, dall'animo perso, immerso nel buio, con la sensazione costante che ci sia un tassello mancante alla mia vita per poter essere pienamente soddisfatto.

Non amo stare al centro dell'attenzione, tranne ovviamente quando devo salire su di un palco, in quelle occasioni, per me nulla esiste più, tutto passa in secondo piano.

Ho pochi amici, e sono sicuro che posso fidarmi ciecamente di loro, così come, loro possono contare al cento per cento su di me.

Sono un solitario.

Un tipo di poche parole, preferisco i fatti, e difficilmente vado a cercarmi casini, sono loro che vengono da me, il più delle volte.

Ho la capacità di riuscire a leggere le persone, i loro gesti, le parole sussurrate; i piccoli movimenti del volto, riescono a farmi capire l'individuo con cui interagisco: poche volte mi sono sbagliato.

Non chiedetemi il perché di tutto ciò, nemmeno io riesco a spiegarmelo, per carità non fraintendetemi, sono molto grato ai miei genitori per tutto quello che hanno fatto ed ancora fanno per me.

Cresciuto in una famiglia molto unita, due genitori che si amano ancora come il primo giorno, ed una sorellina più piccola di me, bastone per la vecchiaia dei miei genitori.

Forse è proprio questo che mi soffoca, la mia vita più che agiata, pianificata, senza un briciolo di brivido.

Per dieci anni sono stato il centro del mondo dei miei genitori.

Mio padre era un insegnante universitario, con una passione per la musica fuori dal comune, aveva incontrato mia madre da giovane ad un concerto dei Pink Floyd a Roma.

Lei americana, dopo quel concerto si era trasferita in Italia (con grande dispiacere dei miei nonni materni) per seguire l'amore della sua vita.

Era stato colpo di fulmine al primo sguardo.

La sua era una famiglia molto conosciuta nella cittadina dove vivevano in America, mio nonno era un giudice federale, e quindi non avevano visto di buon occhio questo colpo di testa della loro unica figlia, ma al cuor, si sa, non si comanda.

Dopo due anni che erano insieme, sono nato io e non è stato tutto rose e fiori.

All'inizio, mio padre non aveva ancora un impiego fisso.

Aveva da poco cominciato un dottorato all'università, quindi vi lascio immaginare le difficoltà. Alla mia nascita, i nonni materni, hanno cominciato ad accettare le scelte della figlia e hanno dato anche una mano affinché i miei genitori potessero crearsi una famiglia.

Basta divagare! Tornando al primo giorno di scuola, stavo dicendo che, mentre ero con il mio amico Tommy ad aspettare il suono della campanella per l'inizio delle lezioni, l'ho vista.

La mia visione, una vera visione.

Era come se il mondo, il tempo, l'atmosfera si fossero fermati, tutto girava al rallentatore, lei era a qualche metro da me che parlava con le sue amiche, molto carine anche loro, ma lei era diversa, semplice, delicata, divina.

Ed ho intravisto uno spiraglio di luce intorno a tutto il buio che mi circondava.

Quel suo modo di ridere ed arricciare il naso, il modo di sistemarsi i capelli dietro le orecchie o rigirarseli tra le dita quando era nervosa o pensierosa, il modo di parlare e di fare quel piccolo broncio, mi avevano letteralmente stregato.

Mai prima di allora mi era successa una cosa del genere.

Cioè è esattamente il contrario, la prima cosa che vedo di solito nelle ragazze, sono il sedere subito seguito dalle tette.

Beh non venitemi a dire che a quindici/sedici anni è una cosa così strana!!

La osservavo da sotto i miei Ray-Ban e non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.

Mi sentivo collegato a lei tramite un filo invisibile.

Poi ad un certo punto, è apparsa una mano che le ha cinto le spalle.

Il braccio si è posato sulla sua spalla, era quello di un ragazzo che l'ha tirata verso di sé, l'ha fatta girare e le ha stampato un bacio sulle labbra.

Le sue guance si sono subito imporporate e lei gli ha dato un leggero buffetto sulla spalla spingendolo via, un po' impacciata per quella esternazione di affetto.

Ha cominciato a riprendere i suoi capelli tra le dita e lui l'ha stretta di nuovo a sé sussurrandole qualcosa all'orecchio che l'ha fatta sorridere.

Al suono dell'ultima campanella si sono avviati su per le scale dell'istituto, mano nella mano, ed il mio mondo ha ripreso a girare alla velocità normale, ed il buio mi ha risucchiato nuovamente nel suo vortice.

Lei è andata via, con quello che poi ho scoperto essere il suo ragazzo, e di cui, a dire della gente, era molto innamorata.

Da quel giorno ho continuato a guardarla da sotto i miei occhiali da sole, da lontano, di nascosto.

E' stato il mio piccolo angolo di paradiso, in mezzo a tutto il nero della mia vita e non l'ho confessato mai a nessuno nemmeno al mio amico Tommy, a cui ho sempre raccontato tutto di me.

Credo che lui se ne sia accorto... ma siccome mi conosce bene e sa che son un tipo molto riservato, ha fatto finta di non capire e, cosa che ho apprezzato molto, non ha mai chiesto nulla.


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