Tutto cosí reale (cap. 5)

3.7K 102 49
                                    




Maggie sbirciava dalla cucina mentre buttava giù tutto di un fiato lo champagne che aveva preso velocemente da uno dei camerieri.
Non si sarebbe mai aspettata tutta quella gente. In ogni angolo della sala c'erano gruppetti di persone con tute monocolore, ogni gruppo con colori diversi dall'altro mescolati tra loro, e giornalisti, reporter, fotografi.

Poi c'erano loro. I piloti. Li riconoscevi perché erano vestiti diversamente dai gruppi di persone in tuta che Maggie aveva dedotto fossero i meccanici.
I piloti avevano una tuta la cui parte superiore era aperta e abbandonata sui fianchi, restando con una sottotuta aderente che esaltava tutti i loro fisici asciutti e scolpiti.

Iniziava a comprendere un po' di più l'interesse della sorellina per questo sport.
In contemplazione si scolò un altro bicchiere di champagne, sperando di placare i propri ormoni; diamine, da quanto tempo era che non faceva sesso, pensò.

Il suo sguardo ad un tratto cadde sul pilota che aveva visto la mattina, non il bel principino che aveva fatto arricciare il labbro a Josie, ma l'altro, l'idiota.
Lo studiò attentamente, non era male: era alto, un bel portamento e un bel fisico, tutti i muscoli erano al punto giusto. Aveva una bella abbronzatura che risaltava il verde dei suoi occhi che, anche se scuri, brillavano. La barba gli dava l'aspetto di un duro, ma il ricciolo tirabaci che cadeva sulla sua fronte lo tradiva, facendo subito capire che era un burlone. Era infatti l'attrazione della sala, mentre gorgheggiava una canzone sconosciuta.

Maggie distolse gli occhi dal pilota per cercare Josie. La sorella minore si era improvvisata cameriera in sala, nonostante la sua caviglia malconcia.
Inaspettatamente uno dei camerieri di Evelin, colpito da un'indigestione, aveva vomitato nel cestello del ghiaccio per lo champagne. Josie si era proposta subito di sostituirlo ignorando il suo dolore, ora, però, Maggie era in pensiero.

Scrutò la sala e la trovò dietro una colonna che osservava lo spazio intorno a lei. Sembrava concentrata a controllare il lavoro in sala, ma in realtà sapeva che stava cercando quel ragazzo.
Josie era una ragazza che mostrava poco le sue emozioni. Era solita tenere per sé i suoi sentimenti e, a causa della sua riservatezza, spesso risultava fredda agli occhi della gente. Ma non era sempre stato così.

Si chiuse in se stessa solo dopo la morte dei loro genitori e a causa dello stronzo con cui stava all'epoca. Lui la mollò dicendole di non esser pronto per i problemi di una ragazza di diciannove anni rimasta orfana. Troppe emozioni. Una responsabilità che lui non voleva perché, sue testuali parole, aveva l'università da portare avanti.
Josie pianse tutte le notti, per un mese, nel bagno di casa. Di giorno, in pubblico, indossava una maschera di serenità, ma, come scendeva la sera e tornavano a casa, si chiudeva in quel bagno e appoggiava le guance infuocate dalle lacrime sulle piastrelle.

Diceva che era l'unico posto per raffreddarle. Era il suo primo e grande amore, colui che l'aveva baciata per la prima volta. Le aveva sfiorato le mani per la prima volta. Il primo che le aveva causato le farfalle allo stomaco.
Lui era stato la sua prima volta.
Lo stronzo sparì dall'oggi al domani abbandonandola nel vortice del dolore e dell'oscurità.

Il suo nome? Alberto. Sì, come il principe, ma tutto sembrò fuorché un principe.
Bè, qualcuno doveva pur rendere giustizia a Josie. Maggie una bella notte quando gran parte della città dormiva, prese in prestito una mazza da golf di un suo amico e gli fracassò il parabrezza, non soddisfatta gli pitturò la fiancata con l'acrilico rosso. Un bel murales con la parola "STRONZO".
Naturalmente si creò un alibi per quella notte, sia per lei che per Josie, ma tanto lo stronzo non aveva le palle per fare niente, e così fu, non fece niente, semplicemente si volatilizzò. Quello che non avrebbe mai dimenticato Maggie dell'amore di Josie per lo stronzo era il suo labbro arricciato. Le si arricciava, quasi formando l'inizio di un bacio, ogni volta che guardava Alberto parlare o muoversi, o solo stare zitto.

My passion /Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora