Il bracciale miracoloso (cap. 20)

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Sentiva qualcosa che sfiorava il suo viso, qualcosa di soffice e leggero

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Sentiva qualcosa che sfiorava il suo viso, qualcosa di soffice e leggero.
Non era fastidioso, ma lo destò dal sonno profondo in cui era. Spostò lievemente la testa con la convinzione che cessasse, ma continuò a sentire quella sorta di solletico sulla sua pelle.
Schiuse gli occhi, ma la luce luminosa che illuminava la stanza lo costrinse a chiuderli di nuovo.
Il dolce suono di una risata lo strappò completamente dal suo riposo.
Conosceva quella risata.
Spalancò le palpebre e la vide.
Josie.
Era seduta al suo fianco, i suoi capelli sembravano una distesa di cioccolato, sciolti sul suo corpo.
Aveva avvolto intorno a sé il lenzuolo cercando di coprirsi, ma poteva vedere perfettamente la pelle di alabastro del suo décolleté.
Sorrideva guardandolo felice, in mano stringeva una piuma facendola scivolare sul petto nudo di lui.
"Finalmente sei sveglio...", sussurrò continuando a sorridere.
Era completamente in balia di quel sorriso, confuso ma eccitato, lei era lì con lui, nel suo letto, felice e bellissima.
Completamente inebriato da lei e dai suoi occhi, non riusciva a parlare, voleva solo restare lì e guardare ogni centimetro del suo viso, accarezzare il suo corpo, sentirla sua.
"Che hai?", chiese lei dolcemente.
A fatica rispose: "Niente. Tu... Tu sei davvero qui?"
Schioccò una risata così bella che fece sorridere anche lui.
"E dove altro dovrei essere, Charles?"
Si avvicinò al suo viso, strofinò il suo piccolo naso contro quello di lui e bisbigliò: "Svegliati, dormiglione."
Sorrise prendendole il viso tra le mani per non farla allontanare da sé e, sfiorando le sue guance rosate, sospirò: "Sono già sveglio."
Lei rise di nuovo e scuotendo leggermente la testa, ripeté ancora: "Svegliati, Charles!"
La guardò confuso, continuava a dirgli di svegliarsi, ma poteva vedere benissimo che era già sveglio.
Avvicinò di più il suo viso a quello di lei, volevo baciarla.
Non fece in tempo a sfiorarle le labbra che lei si allontanò.
I suoi occhi si rattristarono perdendo tutta la luce gioiosa di pochi istanti prima e con voce tremante ripeté di nuovo: "Svegliati, Charles. Ti prego!"
"Josie, io sono..."
"Ti prego, svegliati, svegliati, svegliati!"
La sua voce era rotta dal pianto e si affievoliva sembrando sempre più lontana, la luce luminosa sparì lasciando posto ad ombre scure che la portarono via da lui e in un istante non c'era più...

Charles sbarrò gli occhi improvvisamente.
Un sogno.
"Solo l'ennesimo sogno.", pensò.
Non era la prima volta che la sognava e finiva sempre allo stesso modo.
Lei piangeva.
Il pensiero di averla fatta stare male lo tormentava.
Voleva poter cambiare le cose, poter trasformare la sua tristezza in serenità e farla sorridere ancora, ma l'unica immagine nella sua mente era il suo viso ricoperto di lacrime.
Non riusciva a togliersi dalla testa quel "Mi fa stare male", era questo che lui le faceva? Il rapporto tra loro la faceva stare male? Aveva tante domande e zero risposte.
Si guardò intorno, era ancora notte fonda, e la stanza era completamente avvolta dal buio.
Sapeva perfettamente però dove si trovava.
Respirò bisbigliando un: «Merda, mi sono addormentato!»
Si voltò per guardare la figura distesa di fianco a lui e, passandosi una mano sul viso deluso, sospirò di nuovo.
Ogni volta che apriva gli occhi dopo quei sogni, c'era una frazione di secondo in cui il suo cervello viaggiava al confine tra ciò che era reale e ciò che non lo era ed in quel preciso istante sperava di trovarla davvero di fianco a lui.
Nella sua vita.
Ma la realtà ripiombava prepotentemente e quel piccolo momento restava solo un barlume di qualcosa che non c'era.
Aveva fatto di nuovo l'ennesima cazzata. Era la seconda volta in poco più di un mese che finiva nel letto di Cristiane con la speranza che almeno per una notte potesse non pensare a Josie.
Ma era inutile.
Cercò velocemente di alzarsi dal letto senza svegliare la bionda.
Voleva assolutamente evitare il suo sguardo e le sue domande post-sesso.
Raccolse i suoi vestiti sparsi nella stanza e si rivestì.
Era quasi riuscito nel suo intento e stava per accingersi a sgattaiolare via come un ladro, quando la voce della ragazza lo fermò: «Te ne vai?»
Charles chiuse gli occhi e imprecò mentalmente.
Temporeggiò alcuni secondi pensando a qualcosa di decente da dire senza fare la figura dello stronzo, ma l'unica cosa che venne fuori fu un banalissimo "sì" e niente altro.
«Quindi saresti andato via senza dirmi niente?»
«No... io... tu dormivi... e... non volevo svegliarti. Tutto qui.»
Cercò imbarazzato di mettere insieme qualche scusa credibile, ma la ragazza seduta sul letto, avvolta solo dal bianco lenzuolo, disse in modo incredulo ed ironico: «Certo. Perciò mi avresti chiamato domani?»
Charles si voltò completamente verso di lei e respirò pesantemente.
Era inutile inventarsi chissà quale stupida scusa, non era nel suo stile, e poi doveva prendersi la responsabilità delle sue azioni.
In un lampo gli tornarono in mente le parole di Marta di qualche ora prima...

My passion /Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora