Un modo sbagliato d'amare ( cap. 33)

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«Brr

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«Brr... Accidenti, che freddo!!!», esclamò Charles infreddolito, chiudendo la porta del locale dietro di sé.
L'aria gelida di fine novembre aveva rivendicato la sua presenza ed il freddo, appartenente al mese di Natale, iniziava a espandere le sue radici.
Aveva lasciato entrare Josie prima di lui e la vide avviarsi verso la stanza destinata al guardaroba, la raggiunse e appoggiò delicatamente una mano sulla parte bassa della sua schiena.
La ragazza gli sorrise ed entrambi sfilarono i rispettivi cappotti, riponendoli nell'apposito armadio degli ospiti.
Fu allora che Charles, posando gli occhi su di lei, notò l'abito che Josie aveva scelto per la serata che lo fece restare letteralmente senza fiato: un vestitino in pizzo dal rosso vivace, corto quel tanto che bastava per metterle in mostra le belle gambe.
Notò che non c'era nessuno nella saletta in quel momento e, senza pensarci due volte, con il fiato corto, la afferrò per la vita avvicinandola a sé.
«Sei bellissima e...», scivolò sensualmente con gli occhi lungo il suo corpo, «...e sexy. Sexy da morire.», sussurrò ammaliato.
Josie sospirò profondamente mordicchiandosi il lato del labbro inferiore e, ricambiando maliziosamente il suo sguardo, gli avvolse le braccia al collo, bisbigliando sulle sue labbra un "grazie" soddisfatto.
«Sai...», sospirò lui, «Potremmo riprendere i cappotti ed uscire da qui senza che nessuno se ne accorga.», suggerì catturandole appena il labbro superiore con la bocca.
«Per andare dove?», chiese lei, fingendo confusione.
Charles rise.
«Potremmo andare a casa e... non so... potrei mostrarti l'effetto che mi fai.», spiegò lentamente, caricando ogni parola del giusto erotismo.
La sua voce era profonda e le sue labbra indugiavano sul punto più nascosto del collo, proprio sotto il lobo del suo orecchio.
«Mmm...», mugolò lei chiudendo gli occhi e abbandonandosi al calore della sua bocca così piacevole sulla sua pelle. Stava per cedere a quella meravigliosa proposta, quando la ragione riaffiorò in lei prepotente. Aprì subito gli occhi e si staccò da lui, mentre Charles lamentò un verso di disappunto, tentando di tenerla vicina al suo corpo.
«Non possiamo, Charles!!!», esclamò autoritaria, «Marta ci rimarrebbe male, siamo già vergognosamente in ritardo!»
«Marta capirà perfettamente quando le spiegherò...», sussurrò tirandola nuovamente a sé e mostrando un sorriso sghembo sulle labbra perfette.
Josie rise sciogliendosi sotto lo sguardo malizioso di lui che non le staccava gli occhi di dosso. Sospirò alzando i grandi occhi al soffitto.
«Charles, ti prego, non mi guardare così o perdo il controllo.»
«È esattamente quello che voglio.», considerò ridendo e mordicchiandole il collo, «Allora...? Andiamo a casa?», propose di nuovo sfacciato.
«Nooo!!!», affermò Josie ridendo e colpendolo giocosamente sul braccio, «È il compleanno di una tua amica e non possiamo scappare via!»
«Sì che possiamo!» ribatté lui, avvicinandosi pericolosamente al suo viso, sfoggiando ancora il suo sorriso sexy.
«No, non possiamo!», espose categorica.
«Sì, invece, Mart...»
«No!», lo interruppe severa Josie, coprendo la sua bocca con il palmo della mano e, sorridendo a sua volta, continuò: «Ora restiamo alla festa, ma, se tu sei d'accordo, più tardi potresti mostrarmi l'effetto che ti faccio... che ne pensi?», sussurrò, riservandogli uno sguardo languido, mentre liberò la sua bocca dal suo palmo.
Il monegasco plasmò più forte le mani sulla sua vita sottile, tirandosela addosso con ardore. Sfiorò le labbra di lei con le sue e con voce rauca domandò: «Nell'atrio?!»
La ragazza arrossì visibilmente ricordando la sera precedente, quando trasportati dall'insaziabile voglia l'uno dell'altra non erano riusciti a raggiungere la camera.
«Dove vuoi.», rispose sorridendo timidamente, sfuggendo poi al pericoloso ed invitante abbraccio del suo pilota.
Charles la lasciò libera di scivolare via dalle sue braccia, rinunciando ad indurla di nuovo in tentazione.
«Ok, andiamo alla festa, ma sono sicuro che Marta avrebbe capito.»
«Cosa avrei capito?», si intromise improvvisamente la festeggiata, facendo capolino nella stanza.
«Marta!!!», la chiamò Josie agitata, girandosi immediatamente nella sua direzione. Charles dietro di lei con un sorriso sornione fece per dire: «Dicevo che...»
«Che siamo mortificati dell'estremo ritardo.», concluse Josie, interrompendo bruscamente il monegasco che dietro di lei sorrideva malizioso.
Marta guardò entrambi sospettosa, indugiando più a lungo sulla faccia tosta di Charles, sicura che il ragazzo volesse dire altro.
«Tranquilla, Josie, sono abituata ai ritardi dell'esemplare dietro di te.», affermò incrociando le braccia al petto e sfoggiando il miglior sorriso amichevole che conosceva.
Subito dopo si avvicinò a loro, baciandoli sulle guance e ringraziandoli degli auguri che le avevano fatto mentre si scambiavano quel caldo saluto.
«Ora che finalmente siete qui, sbrigatevi a raggiungere il tavolo, sono già arrivati gli antipasti. Io vi raggiungo subito, devo parlare un attimo con il proprietario del locale.», spiegò allontanandosi per raggiungere la porta della sala, con la targhetta che recitava "PRIVATO" in evidenza.
Il KINNEY era un locale nuovo a Monaco, era un ristorante nelle prime ore della sera per poi mettere della buona musica in seconda serata, trasformandosi in un lounge bar.
Non appena Marta si allontanò da loro, Josie si voltò verso Charles trovandolo già a guardarla con un sorriso divertito.
«Ma sei pazzo?! Stavi davvero per dirle...?! Anzi, non me lo dire, non lo voglio sapere!», enfatizzò con occhi sgranati, sfoggiando allo stesso tempo un'aria divertita almeno quanto lui.
Charles rise, «Certo!!!», confessò stringendola e piantandole un bacio stampo sulle labbra arricciate, mentre lo guardava.
«Andiamo, altrimenti perdiamo l'antipasto, e ho una fame!», considerò staccandosi da lei e, prendendola per mano, la tirò nella grande sala del locale.
Si avviarono velocemente al tavolo riservato a Marta, salutò Riccardo e tutti i presenti, poi guardando di fronte a sé, vide Nico avvicinarsi. Si scambiarono un gesto veloce di saluto con la mano.
«Nico! Come stai?», chiese Charles sorridendo.
«Alla grande, grazie.», rispose sincero il ragazzo, ricambiando il calore del suo sguardo.
Poi posò i suoi occhi sulla figura minuta alle sue spalle, «Ciao.», la salutò timidamente.
Josie sorrise dolcemente, «Ciao, Nico.»
Charles appoggiò subito una mano dietro la sua schiena e amorevolmente si accostò a lei.
La ragazza non vedeva Nico da quella sera lontana, quando c'era stato il casino creato da Cristiane e lei era scappata in lacrime.
«Josie, sono felice tu sia qui stasera.», le disse ad un tratto il ragazzo, «Io credo di doverti delle scuse per quello che è successo quella sera e...»
«Oh... no, Nico, è tutto ok... Non dev...»
«Sì, devo, e credo di parlare anche per Cristiane chiedendoti scusa. Lei è davvero dispiaciuta per come si è comportata. Appena potrà, lo farà di persona.», spiegò il ragazzo, determinato a far sapere a Josie il disagio che Cristiane provava in merito a tutta la situazione. 
La bionda dopo aver avuto quella crisi a casa di Nico aveva deciso di consultare chi di dovere. E sotto consiglio di uno psichiatra, aveva acconsentito al ricovero in una clinica terapeutica per giovani ragazze affette da disturbi della personalità.
Nonostante tutto, Nico aveva deciso di restarle vicino. La loro non era una vera e propria relazione, ma il ragazzo non poteva nascondere a se stesso quanto tenesse alla strana e complicata Cristiane. Perciò aveva deciso di accettare la situazione e dimostrarle ciò che provava per lei.
Nell'istituto dove la ragazza alloggiava non era permesso avere incontri frequenti, le era concessa solo una visita alla settimana da parte di un familiare, rigorosamente sotto autorizzazione del medico che l'aveva in cura. Il padre di Cristiane era l'unico componente della sua famiglia, ma troppo preso dal lavoro saltava spesso il suo impegno. Così, a colmare quel vuoto, era Nico. Il rapporto tra loro era estremamente delicato, non sapevano cosa aspettarsi dal futuro, ma l'unica cosa certa per il ragazzo era l'espressione che si dipingeva sul viso di Cristiane ogni volta che varcava il cancello di quella clinica. I suoi occhi si illuminavano e un sorriso spuntava dalle belle labbra, quello bastava per spazzare via ogni tipo di incertezza e farlo sperare.
«Come sta Cristiane?», chiese Josie sinceramente interessata. Non amava parlare di quell'argomento con Charles per diversi motivi, soprattutto perché la portavano a rievocare a tristi sensazioni che conosceva bene. Sapeva però quanto Nico fosse importante per Charles, perciò sperava con tutta se stessa che potesse essere felice, in qualunque modo.
Il ragazzo davanti a loro sorrise alla sua domanda, «Sta meglio, grazie di averlo chiesto. La strada è ancora lunga, ma credo che i primi risultati inizino a vedersi.»
«Ne sono felice.», affermò Josie, e lo era davvero.
Nico le riservò uno sguardo grato, alzò gli occhi incontrando quelli di Charles e senza dirsi niente a voce si dissero tutto con lo sguardo.
Una volta che Nico fu lontano, il monegasco spostò l'attenzione su di lei, preoccupato che la questione l'avesse infastidita. Ma il sorriso che Josie gli riservò non appena lo guardò spazzò via ogni timore.
«Spero vada bene tra loro.», gli rivelò la ragazza.
«Lo spero anch'io, testolina.», le rispose ricambiando il sorriso.
*****

Maggie compilò l'ultima riga del registro dei conti, chiuse in un gesto veloce il grande quaderno dal colore verde bottiglia e si alzò velocemente dalla sedia del suo ufficio per raggiungere Agata in cucina.
La donna era intenta a pulire a regola d'arte il piano cottura.
Si voltò all'istante quando sentì la presenza della ragazza alle sue spalle.
L'orologio spaccava la mezzanotte e loro avevano concluso quel lungo mercoledì sera con soddisfazione.
Sia il pranzo, che la cena erano stati molto produttivi, con un grande numero di tavoli prenotati.
Inoltre la chiacchierata che la più grande delle Moreno aveva avuto con Charles le aveva suscitato decisamente il buon umore.
La preoccupazione di ciò che era successo nei giorni precedenti le aveva divorato l'anima.
Nonostante si fosse chiarita subito con sua sorella, il pensiero le continuava a martellare in testa, sentiva di aver mancato di rispetto al pilota monegasco, oltre che a Josie.
Si era intromessa nella loro relazione mettendo in luce una situazione che doveva essere gestita da loro due e da nessun altro.
Charles era stato un signore, confermando la bella opinione che aveva di lui, di fatto però quella preoccupazione le aveva tolto l'appetito per i successivi due giorni.
Rimuginando per ore sull'accaduto, nemmeno la dolce presenza di Daniel aveva placato i suoi timori, solo dopo aver parlato con Charles la sua agonia si calmò.
«Ti senti bene?», le domando Agata, mentre si sfilò i guanti in lattice, squadrandola dalla testa ai piedi.
«Sì, perché me lo chiedi?», ribatté Maggie sorpresa dalla domanda della donna.
«Non hai un bel colorito, il tuo viso è pallido e sono almeno due giorni che mangi poco e niente.», affermò la donna, appoggiando le mani sui suoi fianchi, aspettando con aria apprensiva una risposta dalla ragazza.
Maggie non poteva non dire che Agata avesse ragione, non si era sentita molto energica negli ultimi giorni: una terribile acidità ed un perenne senso di stanchezza l'avevano accompagnata per tutta la settimana.
Aveva presto giustificato i suoi malesseri, constatando che aveva lavorato molto e dormito poco. Forse aveva bisogno di una pausa, si disse.
«Sì, be'... forse sono solo stanca.», spiegò portando una mano alla fronte, «Sai, tutta la storia di Alberto mi ha destabilizzato parecchio. Poi il lavoro è stato intenso nelle ultime settimane.»
«Non mi far pensare a quell'elemento!», esclamò la donna sciogliendosi il nodo del grembiule legato in vita, «Quel ragazzo è stato solo una grande disgrazia per la piccola Josie. Non avrei mai immaginato che dopo tanto tempo si sarebbe ripresentato così come se nulla fosse!», continuò sconcertata la donna.
«Da quello stronzo ci si deve aspettare di tutto. Quello che mi preoccupa di più è Josie, catapultata di nuovo in un passato fastidioso... sembra stia reagendo bene alla cosa... ma ho ancora paura che possa scoppiare da un momento all'altro.», confessò la ragazza in tutta onestà.
Anche se nella conversazione con Charles era stata più che positiva su tutta la questione, rassicurandolo che il fantasma di Alberto non l'avrebbe turbata per sempre, nel profondo di se stessa temeva che la sorella stesse ancora combattendo una lunga guerra silenziosa. 
«Io credo che quel ragazzo, Charles, abbia portato molta serenità in Josie...», disse Agata, cercando di rincuorare Maggie, «Da quando è entrato nella sua vita, lei sembra essere... come posso dire?... Gioiosa?», cercò di esprimersi, rivolgendo uno sguardo complice alla più grande delle Moreno che, imperterrita, continuava a picchiettare le unghie sul tavolo di metallo di fronte a lei.
«Sì...», sospirò Maggie, «Charles la fa stare bene. E credo sia merito suo se quell'invertebrato di Alberto non ha più potere su di lei.», considerò infine la ragazza sorridendo.
«Sai, l'altro giorno, eravamo in cucina, Josie ed io...», spiegò Agata, raggiungendo il tavolo, «...era tutta intenta a mescolare la glassa per i cupcakes e sorrideva. È stato strano vederla così rilassata. Mi sono avvicinata per godermi quel momento e lei ha subito alzato il viso guardandomi con i suoi grandi occhi da Bambi, "Che c'è, Agata?", mi ha chiesto sfoggiando un sorriso, ho solo alzato le spalle accarezzandole i capelli come facevo quando era bambina e lei, senza che io le chiedessi nulla, ha detto: "Sai, Agata, credo di essere felice. Non pensavo sarebbe successo di nuovo... be', sai... dopo... sai a cosa mi riferisco. Lui mi piace tanto e credo sarebbe piaciuto tanto anche a papà.", ha concluso e sentire quelle parole mi ha fatto commuovere, non la vedevo così luminosa da non so quanto tempo.»
Maggie restò piacevolmente sorpresa da quel racconto. Agata era solita raccontarle di ciò che riguardava Josie, non per spiarla ma per essere sicura che stesse bene, sapendo che non riusciva a non essere apprensiva quando si trattava della sua sorellina.
«Perché non me lo hai raccontato prima?»
«Non lo so... pensavo lo sapessi o forse ho creduto di doverlo tenere per me. Sai, aveva il suono di una confidenza, come se avesse il bisogno di dirlo ad alta voce, ma senza dirlo davvero. Non so se mi spiego.», ammise Agata timorosa della reazione della ragazza.
Maggie sospirò, «Sì, credo di capire, aveva bisogno di confidarlo ad una persona un po' più materna e meno rompipalle e impicciona di me.»
Agata sorrise avvicinandosi a lei ed abbracciandola teneramente.
«Non dire sciocchezze! Non ti pare di essere troppo dura con te stessa?!»
«Non dico che non lo doveva dire a te, ma poteva dirlo ad entrambe...», piagnucolò ricordandole la bambina che era stata tanti anni prima.
Agata aveva fatto parte della vita delle sorelle Moreno da quando erano molto piccole.
Era una cara amica di Abigail da parecchio tempo, già da prima che conoscesse Joseph e la sua bambina Josephine. Dopo il loro incontro, vide entrambe le loro figlie crescere, partecipando a tutte le tappe delle loro vite: i piccoli successi, i primi amori, le prime delusioni, le lacrime e i sorrisi.
La donna non poteva avere figli, il Signore aveva deciso per lei un altro destino.
Dopo ciò che era successo ad Abigail e Joseph, aveva compreso subito a cosa fosse destinata: doveva prendersi cura di quelle due ragazze e accompagnarle nel loro cammino di vita.
Sperava con tutta se stessa di averlo fatto e di continuare a farlo, degnamente, nel miglior modo possibile.
«Maggie, sei bravissima con Josie, lei ti ama più della sua stessa vita, nessuno prenderà mai il tuo posto nel suo cuore.»
«Lo so.», sussurrò Maggie, sorridendole e stringendo dolcemente la mano che le accarezzava il braccio.
«Ora invece dimmi di te! Non mi parli mai di quel ragazzotto australiano!»
«Daniel!», precisò Maggie con un risolino birbo.
«Sì, Daniel. Ti piace?»
«Di' un po', Agata, ti vuoi assicurare che le tue bambine siano ben sistemate?!» ironizzò la ragazza.
«No, tesoro, mi voglio assicurare che le mie bambine siano trattate bene e siano felici.», chiarì baciandole la testa, «Questo avrebbe voluto tua madre.», sussurrò poi, facendola voltare all'improvviso verso di lei, «Se fosse qui ora e potesse vedere cosa hai fatto per questo posto, per Josie e per la tua vita... sarebbe fiera di te.»
Gli occhi di Maggie si riempirono di lacrime.
«Tu e Josie mi avete aiutato.», disse asciugandosi una guancia.
«Sì, ma tu sei stata forte ed impavida. Proprio come Joseph ti definiva, sei stata "un leone da combattimento".»
Maggie rise sentendo di nuovo quella definizione di lei.
«Mi mancano così tanto.»
«Lo so, bambina. Lo so.», sospirò Agata dondolandola tra le braccia.
«Daniel è splendido e mi piace molto. A volte mi tratta come fossi un gioiello e... tu sai come è ruvido il mio carattere. Le smancerie non sono la mia specialità.», confessò la ragazza, rispondendo così alla domanda che Agata le aveva posto prima.
«Be', non mi sembra che per lui questo sia un problema, altrimenti non gironzolerebbe sempre qui intorno alle ore più assurde della giornata. Come ora, per esempio, che ha appena parcheggiato sul vialetto.», precisò, indicando il vetro della porta d'ingresso della cucina.
Un Daniel allegro e arzillo fece capolino davanti alle due donne.
«Buonasera, fanciulle, finito per stasera?»
Agata e Maggie scoppiarono a ridere, Daniel aveva un'energia che spazzava via tutte le malinconie del mondo non appena entrava in scena.
Il bel australiano, perplesso dalle loro risate, ma felice di quel meraviglioso suono femminile, fece spallucce e rise anche lui.
«Non so il motivo che vi diverte così tanto, ma mi piace.»
Agata afferrò la borsa ed il cappotto, si avviò verso l'uscita e passando di fianco al ragazzo disse: «Sei tu, Daniel, che ci regali sorrisi ogni volta che vieni, e non smettere mai.», poi coprendosi dal freddo se ne andò.

*****

La cena di compleanno di Marta fu piacevole e molto gustosa.
La bella italiana coinvolse tutti con la sua allegria nell'aprire i regali e nel ringraziare tutti con entusiasmo.
Presto il locale si era riempito di persone ed il servizio ristorante aveva lasciato spazio al DJ che movimentava la sala con della splendida musica.
La pista centrale si riempì di ballerini provetti e personaggi imbarazzanti, ignari completamente di muovere il proprio corpo in modo ridicolo e fuori tempo, ma bisognava ammettere che questo miscuglio risultava estremamente divertente.
C'erano così tante persone che era difficile riuscire a muoversi, nonostante ciò Josie coinvolse Charles nel fare un giro della pista. Non aveva intenzione di ballare, si riteneva una pessima ballerina, voleva solo fare un giro della sala e averlo vicino.
Charles le circondò la vita avvolgendola da dietro, manifestando tutto il suo calore in un semplice abbraccio.
Josie gongolò tra le sue braccia avviandosi insieme a lui tra la folla.
La ragazza non avrebbe mai immaginato che quella decisione li avrebbe fatti incappare in un incontro inaspettato.
Degli occhi color cioccolato si posarono su di lei, cercando di catturare nel minor tempo possibile tutta la sua bellezza.
Carlos Sainz si bloccò nell'esatto istante che Josie fu davanti a lui, incapace persino di notare la presenza di Charles alle sue spalle.
Istintivamente e senza sapere subito il reale motivo di quel bisogno, il monegasco scattò in avanti e si posizionò tra lei e lo spagnolo.
Carlos non era più una minaccia, ne era consapevole, ma l'istinto di protezione nei confronti di Josie, dopo i fatti degli ultimi giorni, era cresciuto a dismisura in lui.
Perciò, qualsiasi persona di sesso maschile si fosse avvicinata troppo o in modo sbagliato a lei avrebbe trovato in lui un ostacolo.
Charles squadrò da capo a piedi lo spagnolo davanti a loro e Carlos, richiamato dalla severa figura che si era frapposta tra loro, spostò gli occhi da Josie e ricambiò lo sguardo del monegasco.
Non c'era ostilità nei loro sguardi, solo determinazione.
Entrambi volevano mettere in chiaro ciò che sentivano dentro.
Fu la mano delicata di Josie che, accarezzando e scivolando in quella di Charles, mise fine a quel dialogo silenzioso.
Il monegasco si voltò subito a guardarla e lei, sorridendo brevemente, lo tranquillizzò.
Charles si rilassò e abbassò la guardia.

My passion /Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora