Capitolo 1: Divisa.

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 Capitolo 1: Divisa.

Quando hai diciassette anni ti senti come intrappolata nel limbo che divide la bambina che sei stata dalla donna che sarai. Io riassumevo perfettamente in me entrambe le due figure, sennonché, piena di quella enorme voglia di libertà e ribellione tipica di quel periodo, a volte esageravo nella seconda tendenza . Da una parte, per quanto riguardava la scuola ed i miei genitori, sembravo, ed in effetti ero, una ragazza perfetta,bellissimi voti, mai un richiamo, mai un problema. Tutto ciò perché, dall’ altra parte, avevo imparato a mentire così bene che, se non fossi stata io, avrei finito per credere alle mie stesse bugie.

La scusa di dormire da un’amica, già sperimentata diverse volte e con successo, mi aveva dato, nel corso dell’ultimo anno, la possibilità di stare alle feste fino a tardi e di conoscere ambienti diversi da quelli che frequentarvo nel mio liceo. Inoltre potevo permettermi di tornare non solo all’ora che volevo, ma anche nelle condizioni che volevo di modo che avevo già provato cosa volesse dire ubriacarsi e diverse altre cose che in quel momento contribuivano a darmi l’idea di essere “grande”. Ripensandoci adesso mi vergogno molto di quel mio lato “ribelle” che tentavo ostentare a tutti i costi, ma mi giustifico dicendomi che è stata soltanto una fase che tutti prima o poi devono attraversare.

Dunque quando la mia amica Amalia tornando da scuola mi propose di dormire da lei per imbucarci ad una festa di ragazzi più grandi mi sembrò l’occasione perfetta per dimostrare a tutti che ormai potevo fare parte anch’io senza problemi di quell’ambiente. Amalia aveva un anno in più di me ed il gran vantaggio di avere dei genitori che poco si interessavano a cosa facesse, anche perché passavano le loro giornate fra lavoro e palestra. Casa sua quindi era diventata una specie di rifugio per me, come una zona franca in cui di limitazioni ce n’erano ben poche. Non a caso passavo da lei la maggior parte del mio tempo, fumando in terrazzo o chiacchierando, facevamo di tutto da lei,tranne studiare come invece dicevo a mia madre ogni volta prima di uscire.

Era maggio, la scuola stava per finire e l’idea di una festa che avrebbe anticipato la valanga di eventi estivi non mi dispiaceva affatto e poi da come Amalia mi aveva parlato della serata, si prospettava una di quelle serate di cui si sarebbe parlato per molto tempo, e non avevo nessuna intenzione di essere tagliata fuori da tutti i futuri discorsi a riguardo.

Amalia non abitava molto distante da casa mia che si trovava alla periferia di Rimini, quindi, come sempre in quelle circostanze, mi incamminai verso casa sua con la borsa piena di vestiti e la musica alle orecchie. Fuori faceva freddo, ma era quel freddo che anticipa l’estate e io, camminando e canticchiando sottovoce, non vedevo l’ora di scoprire che cosa sarebbe successo quella notte che già tanto avevo pregustato nella mia immaginazione.

Amalia era già pronta, un bellissimo vestitino nero aderente e le scarpe alte la facevano sembrare più grande della sua età. I suoi lunghi capelli neri ricadevano a boccoli sulla parte alta della schiena e incorniciavano alla perfezione il suo viso dai lineamenti ancora più marcati per il pesante trucco nero anch’esso. In quel momento mi resi conto che i miei vestiti ed il mio aspetto da bambina non andavano bene per quella sera e mi sentì terribilmente fuori posto e in imbarazzo. Amalia mi capì con un solo sguardo e, frugando nel suo armadio, trovò un vestito suo vestito che sarebbe andato bene  anche per me. Era stupendo, color argento con solo una spalla, scarpe abbinate ovviamente. Guardandomi allo specchio mi sembrò di non essere mai stata così bella. In realtà si vedeva proprio che quell’abbigliamento non era adatto a me e così invece di sembrare più grande, ottenevo esattamente l’effetto opposto, tanto i miei vestiti stridevano con il mio aspetto.

“Datti una mossa Lily, i miei amici stanno arrivando!”

Tutti mi hanno sempre chiamata Lily, anche se con il mio vero nome, Lucrezia, non c’entra molto, ma infondo ormai mi ci ero abituata, e un po’ anche affezionata.

Ad un tratto sentimmo urlare dalla strada gli amici di Amalia che erano venuti a prenderci. Le urla e gli schiamazzi furono presto seguiti da insistenti suonate di clacson che lasciavano intendere l’impazienza dei nostri accompagnatori, se così si potevano chiamare. Al momento di andare venivo sempre presa da un senso di smarrimento generale. Ogni volta che io ed Amalia uscivamo insieme per lo più finivamo in situazioni assurde, e la maggior parte delle volte tutto per colpa degli strani ragazzi a cui lei e le sue gambe chilometriche riuscivano a strappare un passaggio. Stavo giusto pensando questo quando mi ritrovai davanti a una macchina blu scuro che non avevo mai visto.

“Sali tu davanti sta volta, consideralo un mio regalo” disse Amalia facendomi l’occhiolino e allo stesso tempo spingendomi sul sedile anteriore.

“Buona sera zucchero” , mi girai di scatto verso il guidatore, un ragazzo moro, occhi scuri, vestito piuttosto elegantemente. Non lo avevo mai visto, ma se Amalia pensava che mi sarei minimamente interessata a qualcuno che vedendomi per la prima volta mi aveva chiamata “zucchero” sbagliava di grosso.

“Il mio nome è Lucrezia” risposi con poca gentilezza e abbozzando il sorriso finto migliore che potessi.

“Troppo complicato, preferisco zucchero”. E con uno scatto degno del peggior pilota al mondo partimmo a tutta velocità nel buio di quella notte primaverile.

Come avevo immaginato la festa era in una delle tante case sperdute che non si sa come tutti i misteriosi amici di Amalia sembravano possedere. Appena arrivati lei, che durante il tragitto aveva avuto modo di fare conoscenza con il ragazzo seduto sul sedile posteriore, Marco credo si fosse chiamato, non appena ci fermammo sparì insieme a lui di modo che io rimai sola. Anzi, sarebbe stato molto meglio se fossi rimasta sola.

“Zucchero ci vieni a fare un giro con me?”

“Non so nemmeno il tuo nome, non verrò in nessun modo a fare un giro con te”

“Mi chiamo Filippo, se ci tieni a saperlo”

“No, non ci tenevo affatto”

I suoi modi viscidi mi disgustavano davvero e stavo giusto per andarmene quando lo sentì afferrarmi con forza il polso e tirarmi a sé.

“Fili fermati, ti avevo avvertito di andarci piano! Lily pensavi che ti avessi abbandonato eh? Invece ti ho portato un regalo, è già il secondo sta sera, ritieniti fortunata!”

E nel frattempo Amalia, strappatami, con mia grande gioia e riconoscenza, dalle grinfie di Filippo, mi stava porgendo un bicchiere con dentro un liquore verde che non avevo mai visto.

“Bevilo in un sorso o non lo mandi giù tutto! Fidati di me!”

Lo feci. E poi lo feci di nuovo, non ricordo quanti ne abbia bevuti. E non ricordo cosa successe poi, tutto quello che venne dopo è confuso in brevi sprazzi di memoria. 

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