Capitolo 11: Pentita.
Nei giorni che seguirono quella serata la quale, nel bene o nel male, sarebbe rimasta per sempre nei miei ricordi, vissi in uno stato di semiclausura. Non mi sentivo in grado di affrontare i miei amici e ascoltare le loro opinioni su quello che avevo fatto con Andrea. Avevo paura che Emanuele fosse stato deluso dal mio comportamento, che mi avesse giudicato superficiale e soprattutto avevo paura che ai suoi occhi non sarei più apparsa come la ragazza di sempre. Amalia invece sarebbe sicuramente stata, fra tutti, la più indulgente, lo sapevo con certezza, ma mi avrebbe quasi costretta a raccontarle tutto nei minimi particolari, e data la precaria situazione che si era instaurata tra me e Andrea, non mi andava di rimuginarci troppo per non crearmi da sola aspettative che sarebbero state irrimediabilmente deluse. Inoltre non avevo affatto voglia di ascoltare gli inevitabili attacchi moralistici di Elisa che avrebbero suscitato in me mille sensi di colpa come facevano ogni singola volta.
Rimanendo fermo il punto che io adorassi i miei amici più di qualsiasi altra cosa al mondo, anche Elisa, per i suoi preziosi consigli, non mi sentivo pronta a dire loro la verità perché ero io la prima a non essere più convinta di quello che avevo fatto. Tutta la fermezza che avevo messo nella decisione di andare a letto con Andrea, già il giorno dopo aveva ceduto il posto a milioni di dubbi e ripensamenti. Non mi ero pentita di quello che avevo fatto, semplicemente non ero più convinta che fosse stata la cosa più giusta per me. Soprattutto in luce del fatto che erano ormai passati due giorni ed Andrea ancora non si era fatto vivo, nemmeno con un messaggio.
Angelica fu l’unica a cui sentì immediatamente il bisogno di raccontare tutto. Già il giorno dopo, ognuna sul rispettivo terrazzo, in una lunghissima chiacchierata serale le avevo snocciolato tutti i minimi particolari del pomeriggio e della sera precedenti. Come immaginavo nemmeno provò a darmi un suo giudizio sul mio comportamento, anzi, mi incoraggiò molto:
“ Se hai fatto quello che ti sentivi non puoi di certo aver commesso un errore poi così grande!”
Quella frase poi me la ripetei in testa all’infinito finché non me ne convinsi anche io. Angelica mi aiutò anche in un altro senso, molto più pratico. Per evitarli, almeno per un po’ di giorni, dissi agli altri di stare poco bene, e lei li convinse che fosse meglio non passare a trovarmi cosicché potessi riposarmi e rimettermi prima.
Nel frattempo io passavo le giornate fra la solitudine della mia camera e le brevi chiacchierate con Angelica, sempre controllando ogni cinque minuti il cellulare ed il computer per vedere se Andrea si fosse fatto vivo in qualche modo. Ma non successe mai. Piano piano stavo convincendo me stessa di essermi buttata via alla prima occasione che mi si era presentata. Mi sentivo in colpa in primo luogo verso me stessa e poi anche verso le persone che mi volevano bene e che credevano in me. Andrea mi aveva specificato di non volere nessuna relazione stabile o seria che fosse stata, e io non avevo quindi alcun motivo per aspettarmi un suo messaggio o una chiamata. Per lui non ero Lily, ero soltanto “un’altra” e prima lo avessi capito prima sarei andata avanti.
Arrivò così sabato. Angelica mi aveva pregato di uscire dicendomi che non dovevo per forza raccontare tutto agli altri e che svagarmi un po’ mi avrebbe fatto bene, ma io avevo rifiutato. Quando ormai non ci speravo più sentì il cellulare vibrare da sopra il comodino. In effetti aveva senso, pensai, magari durante la settimana Andrea era stato impegnato con la maturità, e ora, di sabato voleva vedermi e passare del tempo con me. Mi fiondai a leggere il messaggio, ma, inaspettatamente, era di Emanuele:
“So per certo che nessuna malattia ti terrebbe a casa di sabato pomeriggio. Cosa è successo veramente?”
Rimasi a bocca aperta, sorpresa e, da una parte anche felice, di avere un amico che mi capisse così profondamente. Ma non mi sentivo lo stesso pronta ad aprirmi con lui.
“Niente, sto male davvero, tranquillo! Goditi la giornata anche per me!” mentì nel messaggio di risposta.
“ Bene, allora provamelo. Sono davanti al tuo portone, aprimi e fammi vedere quanto stai male!”
Sta volta non avevo via di scampo. Diedi giusto una riavviata ai miei capelli spettinati e andai ad aprire il portone ad Emanuele che, con faccia trionfante disse:
“Non mi sembri affatto malata! Adesso andiamo a metterci comodi in terrazzo, magari mi offri anche un caffè, e mi racconti cosa diavolo ti è successo!”
Lui era molto allegro, ma la sua espressione cambiò immediatamente nel momento in cui io scoppiai a piangere proprio davanti a lui che si affrettò a chiudersi la porta alle spalle e mi strinse in un enorme abbraccio. Per fortuna i miei non erano in casa, perché i miei singhiozzi continuarono per credo almeno dieci minuti senza che io riuscissi a dire una parola di risposta alle tante domande di Emanuele. Quando finalmente poi riuscì a calmarmi feci il caffè e, asciugatami gli occhi, andai a sedermi in terrazzo seguita da un Emanuele sempre più preoccupato.
“Lily ti prego, dimmi che cosa ti è successo, io sono qui per te! Sapevo che c’era qualcosa che non andava, me lo sentivo!”
“Manu, mi dispiace… ti prego perdonami… io volevo dirti tutto ma non ho trovato né il coraggio né il modo per raccontarti che…” qui le lacrime tornarono a invadere i miei occhi ma mi feci forza e, con la voce ancora strozzata da pianto riuscì finalmente ad aprirmi con lui.
Durante tutto il mio racconto non avevo avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Lo feci soltanto quando sentì che Emanuele si stava sedendo vicino a me per abbracciarmi, sta volta più forte de solito, e cominciò a tranquillizzarmi accarezzandomi i capelli.
A quel punto successe qualcosa che mai mi sarei aspettata. Sentì che i miei singhiozzi si stavano mischiando con altri singhiozzi, quelli di Emanuele.
Alzai immediatamente la testa dal suo petto, stupita e preoccupata al tempo stesso. Non potevo credere che lui mi volesse così bene da piangere insieme a me per le mie sofferenze. Volevo dirgli che non c’era bisogno che piangesse, pregarlo di smettere, ma non trovavo le parole giuste.
“Te lo avrei dovuto dire prima…”
“Manu, tu non potevi sapere che Andrea era quel tipo di ragazzo, io lo sapevo, me lo aveva confessato lui stesso! Ed ho comunque fatto quello che ho fatto…”
Stavamo parlando entrambi fra i singhiozzi, la situazione stava diventando surreale ed io non sapevo più come comportarmi.
“No, non intendevo che avrei dovuto dirti di Andrea… avrei dovuto dirti…”
Smise di parlare lasciandomi in sospeso per qualche secondo, mi guardò negli occhi, ma in un modo in cui non mi aveva mai guardato prima. Io ero ipnotizzata dal suo sguardo, non riuscivo a sostenerlo ma allo stesso tempo non riuscivo a muovermi, ero come pietrificata.
Non mi resi nemmeno conto che lui pian piano si era avvicinato sempre di più a me, fino a baciarmi. Un bacio lento e profondo che in un istante mi rivelò tutti i sentimenti che aveva nascosto per così tanto tempo. Ogni gesto, ogni parola che mi aveva detto in passato ora mi si erano mostrati per quello che avevano significato davvero. Il suo amore per me. Un amore che, esasperato, lo aveva portato, infine, anche alle lacrime.
“… questo.”
Sussurrò staccandosi leggermente dalle mie labbra.
STAI LEGGENDO
Not me.
RomanceMi misi seduta cercando di non svegliarlo. La prima cosa che vidi quella mattina fu il mio volto riflesso nell'enorme specchio di fronte al letto. Ma quella non ero io. I miei occhi erano gli stessi, era lo sguardo ad essere cambiato. Qualcosa in me...