Capitolo 14: Tradita.
Mi sedei sulla panchina ad ascoltare il silenzio. Faceva davvero caldo. C’ero solo io nel parco. Mi fermai per un attimo ad osservare il gioco di luci ed ombre creato dalla luce che penetrava attraverso le foglie dell’albero sotto cui mi trovavo. Il movimento che creavano a causa della dolce brezza calda proveniente dal mare aveva un non so che di ipnotizzante. Ecco perché quasi non mi accorsi di Andrea finchè, come sbucato dal nulla, non si sedette vicino a me.
Immediatamente fra di noi si stabilì un silenzio imbarazzante. Lui non apriva bocca, continuava a fissare il vuoto davanti a sé. Io non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo ed aspettavo che fosse stato lui a svelarmi il motivo delle sue chiamate e dei suoi messaggi insistenti dei giorni passati.
Ad un certo punto mi decisi a cominciare io il discorso, temendo che altrimenti saremmo stati lì fissi su quella panchina per ore senza avere nessun tipo di chiarimento. Feci per parlare quando, girandomi verso di lui e guardando il suo viso, ammutolì nuovamente.
Non era più lo stesso ragazzo. La sua espressione era seria e… triste? Quello che era sicuro era che tutta la spavalderia e la sicurezza di sè che aveva sempre ostentato sin dal nostro primo incontro erano completamente svanite. Capì subito che doveva dirmi qualcosa di davvero importante e che se non lo aveva ancora fatto era stato perché non riusciva a trovare le parole adatte.
“Dai… dimmi il motivo per cui continuavi a chiamarmi, ti ascolto..” dissi accennando un sorriso e cercando di incoraggiarlo a parlare. Molta della risolutezza che avevo raccolto in me prima di quell’incontro si era letteralmente sciolta nel vederlo in quello stato. E a quel punto volevo soltanto sapere cosa fosse successo.
“Io so di averti ferita. Non mi sono fatto vivo per giorni e di questo mi scuso. Ma tu mi piaci davvero, so che non puoi credermi ma è così…”
“Se sei venuto qui solo per questo, hai ragione, non ti credo” risposi fredda.
“No, aspetta, non andartene non ho finito” si affrettò a dire vedendomi pronta ad alzarmi e tornare a casa.
“C’è un altro motivo per cui non ti ho più scritto per un po’. Io volevo, ma la situazione era strana e non sapevo cosa sarebbe stato meglio fare…”
“Andrea non ti capisco… che vuoi dire?”
“Ti spiegherò tutto, ma devi venire da me. Se te lo dicessi ora, senza le prove, non mi crederesti mai. Vieni da me, solo cinque minuti, mi bastano quelli, ti prego!”
Ero letteralmente sbigottita dalla sua impertinenza. Come poteva permettersi di chiedermi una cosa del genere dopo tutto quello che era successo? Dopo che sapeva benissimo che io ormai avevo un’altra relazione felice e che Emanuele sarebbe andato su tutte le furie se io l’avessi davvero seguito.
“Non pensarci nemmeno!” gli urlai contro e, girando i tacchi, iniziai a camminare velocemente sulla via di casa. Ma una mano mi afferrò il braccio, con più forza di quanta avrebbe dovuto usarne perché mi fece anche male.
“Lily, ti prego”
Non volevo andare con lui, ma qualcosa mi diceva che invece avrei dovuto farlo. Che dovevo chiudere i conti con quel ragazzo e andare finalmente avanti e l’unico modo per farlo era concedergli quest’ultima cosa. Allentai la tensione del mio braccio sotto la sua stretta e, con espressione di rassegnazione, mi decisi a seguirlo.
Salimmo in macchina ed io ero talmente presa dai miei pensieri che mi accorsi di essere arrivata da lui solo quando la macchina si fermò. Sta volta sapevo benissimo dove si trovava il suo appartamento e lo seguì sicura in casa. Andrea mi fece cenno di sedermi in soggiorno e andò a prendere qualcosa probabilmente in camera sua.
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Not me.
RomanceMi misi seduta cercando di non svegliarlo. La prima cosa che vidi quella mattina fu il mio volto riflesso nell'enorme specchio di fronte al letto. Ma quella non ero io. I miei occhi erano gli stessi, era lo sguardo ad essere cambiato. Qualcosa in me...