3. Caffè macchiato

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"E finalmente."
Poso la  matita e chiudo il quaderno, infilandolo malamente nello zaino, con la noncuranza di chi sono quattro ore che scrive gli appunti di letteratura italiana.
Le persone lasciano precipitosamente la grande
aula I ed un fortissimo vociare si alza ora che la professoressa ha finito di spiegare.
"Davvero, sono distrutta oggi, che lezione..." mi lamento con Anna, la mia riccia collega di studi, mentre arriviamo sulle scale di Lettere, alla Sapienza, avvolte dal brusio di voci.
"Oggi in effetti non si è regolata, e spero che i brani citati non debbano essere imparati a memoria" risponde Anna con voce flebile, mi guarda supplichevole mentre giro la mia sigaretta e capisco che ne dovrò fare presto un'altra.
"Grazie Mà, comprendimi" e se la infila tra le labbra.
Anna non fuma, ma occasionalmente, in situazioni e tempi non sospetti, chiede la sigaretta dell'ogni-tanto-ci-sta e la tiene in mano impacciatamente.
Gliel'accendo e mi fa sorridere quando non aspira al primo tiro.
"Ma gli appunti di linguistica tu li hai?" Le chiedo mentre un filo di tabacco cade bruciandomi la mano, ma Anna guarda oltre me, alle mie spalle, tra la fiumara di persone che salgono e scendono le scale della facoltà.
"Scusa, avresti un accendino?"
Mi giro e credo che se il destino stia giocando  con me abbia appena fatto cento punti nella categoria delle coincidenze.
Il "si" che stava per uscire si blocca in gola per far cambio con un bel "ciao"esclamato a gran voce.
Leonardo Grillo, dietro i suoi occhiali da sole e nei suoi skinny jeans da capogiro, mi sorride e mi bacia su entrambe le guance.
Ti ricordavo ancora più basso.
"Come va?" Chiedo sciogliendomi dall'abbraccio e lasciandogli tra le dita l'accendino.
"Molto bene grazie, te? Tutt'apposto?" E la sua  prima sbuffata mi arriva dritta nelle narici.
"Idem, che mi racconti?" Chiedo imprecando mentalmente per la scottatura che ormai ho sul dorso della mano.
"Non io, tu dovresti raccontarmi qualcosa! Ho sentito Damiano ieri, m'ha detto che" aspira per un paio di secondi
"vi siete fatti una chiacchierata!" Esclama sorridente, e muovendosi fa tintinnare le chiavi nei jeans.
Eccallà, Damiano.
Altri 50 punti al destino/coincidenze/assurdità varie.
"Ah si sì, gli ho spiegato un po' di arte e mi ha ricordato quando eravamo ancora in classe insieme,io e te, e che lui ti portava con il motorino a casa mia." Spiego cercando di non far trapelare accenni di imbarazzo.
"Bei tempi." risponde con voce nasale
"L'ho sentito ieri sera, poi è 'scito.
Mi stava a raccontando che si stava a dannà pe un progetto e alla fine ha trovato te.
Che coincidenza eh? Assurdo."
"Assurdo si."
Qualcosa di normale in questi due giorni?
"Calcola che me ce devo incontrà che andiamo a prende un caffè , voi venì?" Mi domanda secco.
Leonà, come mi fai ridere quando ti tradisci con il romanaccio.
Ma che faccio io? Vado? Non vado? Ma sai che ti dico?
"Ma si dai, che al signorino devo offrire un caffè."
Leonardo allarga il sorriso e non appena accenna un "perfetto" gli squilla il telefono.
"Ma cosa succede?" Mi sussurra Anna che nel frattempo non ha capito molto alle mie spalle.
Le sussurro di rimando le informazioni generali della situazione.
Sapessi che casino che tengo in testa invece.
Grillo preme il pollice più volte sull'icona rossa per terminare la chiamata e quando arriva sembra, se possibile, ancor più felice.
"Damiano tra un quarto d'ora arriva a Policlinico, andiamo al bar lì vicino"
"Va benissimo" affermo con il fiato corto al pensiero di rivederlo.
Mi volto verso Anna, la saluto abbracciandola e lei mi fa un occhiolino non appena siamo di nuovo faccia a faccia.
Il sole delle 4 a settembre ha un tepore confortevole, tanto che sbottono la felpa e sfoggio la mia maglia preferita con la stampa di Bowie.
Grillo ha delle vans che mi fanno invidia, e nel suo outfit nulla è lasciato a caso, persino le spille sulla giacca sono in tinta con i calzini portati alti .
Non ricordavo che parlare con Leo fosse così piacevole, e ammetto la sua crescita, confrontando il ragazzino con cui condividevo il banco al biennio.
È maturato dai tempi del liceo, ha un punto di vista molto più critico, e me lo dimostra spiegandomi bene le dinamiche del percorso di Damiano.
"Mi dispiace solamente che lui, avendo avuto come te un anno di vantaggio, l'abbia perso." Sospira finendo, arrivando alla fermata.
Mi stringo nelle spalle e non posso far altro che annuire, non mi compete parlarne, ma posso solo capire le parole, seppur dure, di un amico.
"Almeno ha la musica, non ce l'avrei mai fatta a vederlo con la corona d'alloro in testa e i capelli lunghi lunghi." E se la ride sotto quei pochi baffi che ha.
Il tuo sorriso non è cambiato, è lo stesso di quando sbagliavi le declinazioni.
"Tu che ne pensi?" Mi domanda.
"Damiano fa bene ad inseguire le sue passioni, non lo conosco abbastanza, ma lo vedo intento a..."  mi stiro la maglia con le mani non appena lo vedo in lontananza.
"Conquistare tutto."
Il suo passo molleggiato mi è ormai familiare e indelebile nella memoria, ma oggi i capelli li tiene sciolti, boccoli perfetti che cadono sulle spalle e che gli solleticano le guance.
"Ciao ragazzi!" Esclama allargando le braccia, prendendo poi Leonardo per stringerlo a sé.
"Mon Cheri." mi sussurra inchinandosi e baciando il dorso della mia mano tremante.
Un "ciao" è tutto quel che mi esce dalla gola secca.
Mentre camminiamo Damiano comincia a rallentare, fino ad affiancarsi , tanto che i gomiti si toccano.
"Come stai?" mi sorride ed io riesco ad intravedere i suoi occhi dietro gli occhiali da sole.
Hanno delle sfumature che vorrei studiare.
"Bene, tu?" 
"Benissimo"e si mette le mani in tasca, facendo attenzione a non far cadere il telefono.
"Dai che ti sta andando bene."  Mi dà un colpetto con il gomito.
Lo guardo interrogativa e lui sposta le mani dalle tasche davanti alle tasche dietro.
"Ieri cornetto, oggi caffè, domani?" Ma lo dice a bassa voce, come se Leonardo non lo dovesse sentire e mi lancia un occhiolino abbassando gli occhiali.
"Domani ti offro una cena." gli rispondo aprendomi la porta del bar.
Entrando vengo subito investita dall'odore di caffè macinato.
Damiano siede difronte a me ed io, con il pugno sotto la guancia, ogni tanto gli lancio un'occhiata furtiva.
La barba sta cominciando a ricrescergli come fili  di erba sulla terra ambrata e ha messo un bel paio di orecchini dorati.
E sta camicia larga?
Così sembri più fragile sai?
Vuoi mettere con quando ti si stampano i pettorali sulla maglia?
"Che prendete ragazzi?"
Il cameriere è una lunga linea grigia nella sua divisa, dritto come un palo e biondo come il grano.
"Un caffè normale per me, un decaffeinato, e per te?" Mi chiede Damiano indicandomi.
"Un macchiato."
"E un macchiato alla signorina." sorride.
Il cameriere annota tutto e se ne va.
"Un macchiato? Davvero?" mi chiede unendo le mani in gesto di supplica.
"Che c'è di male?" Aggrotto la fronte.
"Sembri noiosa se prendi il macchiato."
La sua espressione furba non mi convince.
"Sono poetica, è diverso." 
"Ah si?" Spiega le sopracciglia in alto.
Destino che fai da arbitro, era un punto per me?
"E insomma, che mi racconti Mà?"
Leonardo batte le nocche sul tavolo, facendo intravedere al polso l'ultimo smartwatch in commercio.
"Niente di che Grillo."
Grillo, perché lo chiami Grillo? Sembra che sei tornata al quarto ginnasio.
"Gli esami vanno bene, ne ho uno tra poco che mi sta facendo dannare l'anima."
Damiano ha gli occhiali sulla testa e mi guarda con il sopracciglio alzato, come se fosse impossibile preoccuparsi per lo studio.
Che faccia che tieni, beato te che hai solo due muse, Euterpe e Melpomene.
"Che stai preparando" Domanda Leonardo e arriccia le labbra.
"Latino I, ovviamente grammatica e letteratura."
"Io se tutto va bene devo farmi due esami di storia..."
Le parole di Leonardo mi arrivano ovattate, non appena incrocio senza intralci lo sguardo di Damiano.
Sbuffa un po' e alza le spalle mentre sente parlare del professore matto di Leo, e mi sorride debolmente, ma con tanta, tanta dolcezza.
"Una curiosità Grillè, ma poi con quella ragazza con cui stavi l'ultimo anno?"
Leonardo ride sotto la mano e si lancia un'occhiata complice con Damiano.
Che avete combinato?
"Ma niente, è finita, diciamo che ho combinato un bel casino."
"In che senso?"
A Damiano fremono le labbra e per trattenersi mette il pugno chiuso davanti alla bocca.
"Te la racconterò,tranquilla" e continuano a guardarsi ed a sghignazzare.
"Tu Damià?" Domando riportandolo a darmi attenzione.
E tu? La ragazzetta?
"Io?" E ridacchia giocherellando con una bustina di zucchero.
Arrivano i caffè, ed il rumore dei cocci sul tavolo interrompe la nostra chiacchierata.
Damiano mi posa furtivamente la bustina di zucchero accanto al macchiato e si rimette dritto e composto, Grillo non deve aver visto nulla.
Lo guardo non capendo il perché del gesto, ma al suo occhiolino non posso che rispondere con un altro sorriso.
È tutta così questa partita?
Eppure mi sembri un abile giocatore.

"E insomma" inizia Damiano una volta fuori a fumare mentre Grillo dentro fa qualche telefonata, lo guardo oltre la vetrata del bar che si gira e rigira tra le dita un ciuffo di capelli.
Damiano è ruffiano nei suoi vestiti che mi fanno venire voglia di chiedergli dove li ha pescati, mi guarda come se avesse in mente una guerra senza alcun rimorso.
I suoi occhiali broadwayani lo riconducono a qualche trash anni ottanta/novanta, iconizza un culto, ma a me scappa da ridere.
Apprezzo le sue intenzioni che lascia trasparire da quella parte di volto non coperta dalla mano mentre fuma.
"Domani hai da fare?" Mi chiede guardando fisso davanti a lui il tram che passa.
"Che vorresti fare?" Gli prendo la sigaretta dalle dita prima che se la riporti alle labbra.
Damiano rimane interdetto e si porta tutti i capelli da un lato, mostrando per bene le vene sulla mano e quella sulla tempia.
"Ti va di uscire, intendo io e te soli, con un appuntamento, senza casualità come ieri, come oggi?"
Spiegami come faccio a rimanerti indifferente se mi guardi così.
Così come? Hai anche il coraggio di non capire? Non ridere, zitto.
Meglio che stai zitto perché tu sai a questo punto di che sguardo parlo.
Parlo di quello magnetico, attraente, beffardo e malizioso che ti prende il cervello e lo martoria fino a non farti capire più nulla.
Non so se è l'espressività, il taglio della palpebra o il ben di Dio scolpitovi intorno.
Resta il fatto che se continui a guardarmi così rischio un infarto, di non saper più respirare, di non sapere come si mettono due parole insieme o come si rimane in piedi.
"T'ho spiazzata?" Si ricompone dritto con le spalle, ma il sorriso rimane piegato alto a sinistra, non ne vuole sapere.
"Mi aspetto di tutto da te ormai."  Gli soffio addosso quello che rimane della sua Camel Blue.
"È un si?" Si morde il labbro inferiore ed io incollo lo sguardo lì, proprio dove finisce il suo incisivo.
Ho la bocca impastata e non mi sto nemmeno accorgendo che sto consumando fino alla fine sta sigaretta maledetta.
"È un si."

Rientriamo a pagare, ed io poso più monete sul bancone.
"Un caffè dopo che mi hai stravolto la vita te lo devo no?" Mi giro verso di lui impertinente, che sbuffa via il ciuffo dalla fronte.
Da dietro si abbassa leggermente fino ad arrivarmi all'orecchio.
"Vedrai domani."
Le parole mi cadono addosso bollenti, fino a scavare dentro e rovesciarmi lo stomaco.
Ecco di nuovo il rossore sulle guance.
"Ah Marta."
Leonardo rimette gli occhiali da sole una volta fuori, e penso che me ne dovrò comprare un paio anche io.
Se guance ed occhi mi tradiscono le azioni, oscuriamo ciò che si può.
"Sabato dò una festicciola a casa, ma na roba totalmente a caso, che i miei 'nce stanno.
Se vuoi venire."
Damiano si inumidisce le labbra e si porta una mano sul petto, sotto la camicia.
Mi fa la scansione dalle ginocchia alla fronte e tossisce, sicuro della mia risposta.
La smetti?
"Ci sarò allora."
"Alla grande. Ragazzi, io devo scappare che il tram a quest'ora non perdona" e si batte il solito cinque, con la solita stretta, con il solito amico.
"Ci vediamo in università!" Mi saluta cominciando ad andare.
Gli grido a distanza un saluto e sento già il respiro di Damiano sul collo.
"Ti riporto a casa anche oggi quindi?"

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