9. Trinità

1.1K 42 0
                                    

Stanotte non ho dormito.
E no, non è stata la mia insonnia disgraziata e maledetta, non era la solita sensazione di fallimento nel tenere incollate le palpebre.
Non era dovuta allo schermo del telefono, alla mia fantasia che viaggia a 180 chilometri orari, o per il cuscino troppo piatto.
Era per lui.
Questa notte non ho dormito perché non ne avevo motivo, volevo star sveglia a pensarlo.
Sono rientrata in punta di piedi, piano piano, i miei dormivano, ho intravisto una luce in camera di mia sorella, nessuno mi ha sentita, il rumore più assordante lo faceva l'adrenalina che scorreva nelle vene.
È stato come un'iniezione di caffeina allo stato puro, sono rimasta sveglia perché ero felice e per la prima volta il soffitto non opprimeva tutta la voglia che ho di sognare.
Questa notte non ho dormito perché il suo bacio mi è rimasto attaccato alla pelle, e la sensazione è rimasta viva e pulsante come un tatuaggio appena battuto.
Il suo respiro lo sento qui, appena sopra il labbro, e le sue mani qui, appena sotto lo zigomo, anche se ora lui è a casa sua ed io mi giro e mi rigiro nel letto con una mano sulla fronte calda di chi non ci crede ancora.
L'ho atteso e desiderato così tanto.
In una settimana ha messo sottosopra ogni mia convinzione.
Ma ti pare Marta? Che con uno che conosci da una settimana fai ste cose? Hai ste sensazioni?
Si.
È stata la settimana più sconvolgente ed intensa che io abbia mai vissuto a livello emozionale.
Ma che dici? E quando sei andata a Barcellona? E ai concerti? E Monaco di Baviera? Quando hai preso la patente?
Niente è paragonabile.
L'avevo atteso così tanto.
Avevo atteso così tanto quella presa allo stomaco,
la terra che crolla sotto i piedi, l'ansia di rivederlo,
e ho scoperto velocità che non pensavo che i battiti potessero raggiungere.
L'avevo atteso così tanto che il momento mi è parso così surreale da ricordare solo il tremolio delle labbra.
Ci ripenso e mi mordo il ciondolo che porto al collo, le unghie che riduco all'osso, casca l'acqua dalla bocca mentre bevo, e non ho intenzione di smettere di pensarci.
L'avevo atteso dal primo secondo, dalla prima parola scandita, dalla sua prima risata.
Solo una settimana mi ripeto in mente.
Solo una settimana che lo conosco.
E mi infilo completamente sotto le lenzuola perché non mi capacito del fatto che sono stata sua, sua soltanto, tra le sue braccia, nella sua bocca.
Ma la botta di adrenalina fa dimenticare il dettaglio, e quindi conservo gelosamente quel poco che ho di lui, il suo profumo, il solletico dei suoi capelli sulle mie guance, le mani che si stringono, le lingue che si cercano.
Se dormo me lo dimentico, mi ripeto, devo averlo qui.
Ci siamo baciati,
e questo mi basta per scrivere di lui per anni.

"Bonjour Mon Chérie."
Leggo sullo schermo del telefono che tengo con le dita tremanti.
Ho deciso che oggi lo passo a prendere, ho una voglia matta di rivederlo, non voglio ostacoli.
Mi chiudo in bagno ed inizio a prepararmi, nello specchio ho un sorriso che porta su il suo nome.
Se anni fa m'avessero chiesto di Damiano David avrei saputo rispondere delineandolo perfettamente secondo le voci di corridoio che mi arrivavano a scuola.
Un ragazzetto svogliato per quanto riguarda lo studio, "tanto simpatico quanto testa di cazzo, e Damiano fa davvero ridere" mi disse qualcuno.
Idolatrato dalle ragazzine, odiato da un po' tutto il corpo docenti.
Oggi non so più chi è, ha sempre la stessa giacca di pelle che lo fa sembrare un divo, un duro, un Dio.
Oggi non so più chi è, perché quando se la toglie è fragile, è la mia ballata sentimentale preferita.
Ha la faccia del rock aggressivo, psichedelico e britannico, ma quando mi guarda ha un modo particolarissimo di farmi sentire solo pochissimi accordi di una vecchia chitarra classica, una fisarmonica, una vecchia canzone francese.
Oggi non so più chi è, non è una voce di corridoio inattendibile, è la sua voce, è mio.

"Sei pronto?"
"Mi devi dare cinque minuti e scendo."
Sto aspettando Damiano in macchina da qualche minuto, fissando l'orario sul telefono, parcheggiata dinanzi casa sua.
È quasi angosciante contare fino a sessanta e poi ricominciare senza vederlo uscire dal portone di casa.
Strofino forte le mani sui jeans chiari e sistemo la giacca, passo le dita tra i capelli e picchietto sul volante.
Le palpebre cedono un po' sotto il peso della notte in bianco, anche se dalla gamba che muovo nervosamente si direbbe che ho energia da vendere.
"Te fermi con la gamba o vuoi fa ballà tutto il locale?"
Esci da sta testa, se continuiamo così mi ammalo seriamente.
Ho tolto persino la musica, voglio solo sentire il suono che fanno le sue scarpe per correre da me.
Da me...
Già, Damiano che viene verso di me.
Ancora non ci credo.
Finalmente lo vedo uscire dal portone di casa che fa roteare le chiavi con il dito.
Tiro un sospiro di sollievo quando mi strizza l'occhio furbetto e inspiegabilmente nella mia testa parte "Here comes the sun".
Little darling, it's been a long cold lonely winter.
Little darling, it feels like years since it's been here.
Trotta nella mia direzione canticchiando una melodia allegra e quando apre lo sportello si catapulta sul sedile per abbracciarmi, il suo canto è un sussurro.
Ma cosa ti aspettavi, i cinque minuti erano per la matita sotto gli occhi, no?
"Come stai?" Domanda mentre allaccia la cintura.
"Davvero bene." Gli rispondo mentre mi accarezza il viso ed io strofino la guancia sulle sue dita ingioiellate.
Il peso dell'attesa svanisce sotto quel tocco, posso tornare a respirare.
Little darling, I feel that ice is slowly melting.
Little darling, it seems like years since it's been clear.
"Dove si va?" Piega un po' la testa per guardarmi meglio mentre gioca con i miei orecchini.
Here comes the sun, and I say it's all right.
"Pensavo di andare in centro, ti va?"
"Metti in moto."
I Beatles mi hanno sempre capita, comprendimi anche tu.

'Cause you taste like // måDove le storie prendono vita. Scoprilo ora