8. Diversa // Damiano

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Ma che è mo' sta gente che parla de prima mattina a casa mia?
Affondo interamente la faccia nel cuscino imbottito fino a non sentire più l'aria, infastidito dalla voce troppo alta di mia madre che allegramente se la chiacchiera con qualcuno al piano giorno.
Impreco mentre infilo la testa sotto il cuscino e struscio il naso sul materasso fino a capire che devo svegliarmi per forza.
Che schifo l'hangover, che schifo la domenica, che schifo la gente che parla di domenica quanno sto in hangover.
Mi metto seduto a fissare la stanza semi buia, i vestiti per terra, l'orologio sulla scrivania che ticchetta piano piano, e qualche immagine di un sogno che se va via, svanito come fumo tra le coperte che mi coprono le ginocchia.
Passo una mano sull'addome, sotto la maglia, come per controllare che io sia ancora tutto intero, chiudendo di nuovo gli occhi, ma la luce che filtra dalla serranda mi colpisce gli occhi.
Che palle.
Infilo svogliatamente i pantaloni larghi del pigiama, e me li trascino fin sotto i talloni per tutto il parquet di casa.
Passo davanti allo specchio e lego i capelli, mentre mi accorgo che la maglia che porto è al contrario, macchiata e pure un po' corta.
Forse i pantaloni sono di mio fratello.
Questa è casa mia o ho sbagliato pure questo?
Bestemmio un paio di volte camminando fino ad uscire dal piano notte e mi poso allo stipite della porta della cucina.
La mia mami sta parlando allegramente con Thomas e Vic, e non c'ho la minima idea del perché siano qui.
Tommaso mio, ma nun t'ho 'nsegnato niente? Guarda che occhiaie che c'hai, mettitelo npo' de correttore no?! E sta camicia tutta precisa te fa respirà?
"Ngiò a tutti." Sbadiglio annunciandomi al popolo.
Bacio la regina della casa che prontamente mi tira su i pantaloni come se avessi ancora dieci anni perché mi si vedono tutti i boxer.
Mi butto sulla sedia della cucina di peso, con le palpebre calanti e qualche ciuffo sfuggito alla presa dell'elastico penzolante sul naso.
Sblocco il telefono e mando il buongiorno a Marta, chiedendole di vederci appena possibile.
Victoria allunga lo sguardo tentando di leggere ed io la lascio fare, un po' per darle soddisfazione, un po' perché non le potrei comunque nascondere nulla.
Strappami le informazioni a morsi, che ne hai fame e lo capisco.
"Dami, c'è il caffè, lo vuoi?" Mi chiede mia mamma ed io annuisco mentre addento un cornetto al cioccolato ben farcito che era sul piatto davanti a me.
E sorrido involontariamente ricordando la faccia sbigottita di Marta davanti alla busta piena di cornetti.
Il telefono mi vibra con la risposta.
Sorrido, sorrido come non ho mai sorriso appena sveglio.
Mh, sta giornata nun inizia popo male allora!
Incrocio lo sguardo di Vic, tutta costretta nella sua minigonna pitonata e nella bralette dall'ampia scollatura che mi fa smettere di masticare imbambolato.
Chissà se le piace fare le robe con la panna o simili...
A Damià, ma che vai a pensà de prima mattina?
"Bono sto coso rega, do l'avete preso?" Domando a bocca piena.
"C'hai presente il bar vicino scola mia?
-Mi spiega Thomas che si dondola sulla sedia-
Lì, mo' da quando ha cambiato gestione li fa più boni."
"Ma la moglie der professore?"
Tento di collegare le informazioni ancora tutto assonnato e con le gambe accavallate di Victoria che mi danno distrazione.
Chissà se l'ha provato quel genere di giochetti però.
"Adesso li fa la figlia, mettiamola così, sta tutto in mano a lei." Conferma Victoria, scostando i boccoli dal viso per sbattermi in faccia quanto sia bella.
Sbarro un po' gli occhi, sia per scacciar via i pensieri strani, sia perché che cazzo fa la figlia del professore, quella non sapeva fare 2+2 e ora gestisce il bar.
"Dami, amore, i ragazzi erano venuti per gli arrangiamenti e tutte quelle carte..." e le dolci dita di mia madre mi appaiono davanti con la tazza di caffè già zuccherato e girato.
"Ah si cazzo! Ma non dovevate passà alle 10?"
Butto giù il caffè d'un fiato e mi metto una mano in fronte.
Ma perché nun me compro n'agenda, 'n blocchetto de post-it?
Thomas alza lo schermo del telefono e mi fa notare che sono le 10:30, che sono io il ritardatario.
"Beh Dami, dovresti metterti la sveglia e andare a dormire un po' prima invece che rientrare alle 4 di notte..."
" 'A mà, e che palle!"
Ma detto questo mi prendo una sberla dietro la testa da mia madre.
Prontamente mi alzo, me la stringo forte bloccandole le mani e le stampo un bacio sulla guancia, con lei che si arrende alla mia presa e si lascia cullare dal mio abbraccio.
"Che ruffiano che sei." Mi fa Vic con finto tono di rimprovero, ed io le mando un occhiolino che la fa arrossire.
"Sempre il solito." Miagola Rossellina mia.
"Daje allora, venite che vi do gli arrangiamenti der pezzo d'Ethan e tutte le burocrazie del cazzo."
"Damiano!"
"Del caso mà, ho detto del caso."
E mi defilo alzando le mani prima che mi prenda una ciabatta addosso.
Vado con i ragazzi in camera da letto e prendo dalla scrivania una pila di spartiti, appunti,carte da far firmare, moduli, permessi, orari per prenotare la sala prove e i pass da presentare all'ingresso.
Vic controlla meticolosamente che non manchi nulla, Thomas invece prende e mette tutto sotto il braccio distrattamente, mentre picchietta le lunghe e magre dita sull'IPhone dalla luminosità troppo bassa.
C'è qualcosa che non mi torna.
"Tommà, perché stai vestito così bene, tutto incamiciato, se dovevi venì da me?" Mi poso alla scrivania con tono inquisitorio e me lo analizzo da capo a piedi.
"C'ho na roba da sbrigare." Mi risponde dopo aver indugiato qualche secondo, senza scollare gli occhi dallo schermo.
Io e Victoria incrociamo gli sguardi e ci facciamo cenno di aver capito di che affare si tratta.
"Na roba sarebbe na pischella?" Gli dà un colpetto di gomito Victoria e scatena la risata di tutti e tre.
"Ah piccolo Tommasino! Anche tu scopi come un pazzo eh?"
Gli salto addosso facendolo cadere sul mio letto disfatto, continuando a gridargli frasi sconce e scuotendolo come solo io so fare per dargli fastidio.
Victoria rimane a guardarci sorridente, mentre io e il biondino sembriamo due scimmie che lottano su un materasso che di lotte ne ha viste parecchie e di vario genere.
Finito il momento, prendo a guardare gli spartiti del pezzo di Ethan, e con un po' di fiatone, comincio a pensare ad un paio di strofe che ho scritto ieri notte.
O stamattina, dipenne.
Visto Marta che me fai fa? Comincio a nsapè più distingue la notte dar giorno se te penso.
"Comunque- si ricompone Thomas - bella la ragazza tua, pare na tipa precisa."
Alzo lo sguardo e mi si allarga il sorriso, Thomas sta giocherellando con il pacchetto di sigarette facendolo rimbalzare da una mano all'altra.
La ragazza mia.
"Vi piace? Che ve ne pare?" Domando tutto interessato e con voce squillante.
"È... diversa." Sentenzia Victoria, mentre sposta continuamente lo sguardo dalle unghie della mano destra alle unghie della mano sinistra.
La risposta di Victoria mi lascia dei dubbi che mi fanno corrugare la fronte.
"Definiscimi diversa." Accavallo le gambe, incrocio le braccia e prendo a mordermi l'interno delle labbra.
"Diversa - tentenna - dalle altre che hai avuto, dal tuo stile, non è la tipa che hai sempre cercato."
E qual è il tipo mio Vittò? Le biondine le ho sempre apprezzate mi pare.
"Stavolta non l'ho cercata però. L'ho trovata."
E con questo mi alzo per prendere i vestiti dall'armadio.
Apro l'anta e nello specchio che c'è dentro vedo riflessa Victoria il cui sguardo all'improvviso sembra essersi svuotato.
Devo averla spiazzata perché adesso guarda Thomas e fa spallucce.
"Che me metto oggi regà? Come la vedete sta camicia leopardata nova?" E mi sparo un paio di pose davanti allo specchio.
"Approvo." Risponde Thomas.
"Victò?"
Victoria punta i suoi bei occhioni celesti sulla camicia e poi risale sul mio viso.
Rimane in silenzio, ma le sue iridi cominciano a riprendere qualche tipo di emozione.
"Questa te la rubo, quindi mettitela e goditela finché sei in tempo."
Questa sua minaccia velata mi alleggerisce il cuore.
Nun vorrei mai fatte der male Victò. Mai.
"Quindi te e Marta state 'nsieme ufficialmente?"
Mi domanda lei con evidente interesse.
"Non ancora Bambolì, ci stiamo... frequentando."
Le rispondo mentre scelgo i pantaloni da abbinare.
"Da quello che c'hai raccontato ieri la stai a corteggià parecchio."
"E il meglio deve ancora venire." Chiudo con un sorriso accattivante che mi fa venire voglia di baciarmi da solo allo specchio.
"Daje allora, le carte ce l'abbiamo, il caffè ce lo siamo preso..." comincia ad elencare Thomas, con una fretta che lo fa tremare.
"E a sveglià m'avete svegliato." Gli scompiglio il ciuffo.
"Io devo scappà, ci vediamo più tardi in sala prove?"
"Certo." Affermiamo io e Victoria.
Accompagno Thomas alla porta e sulla soglia mi ricordo di dover dire qualcosa di più importante oltre a "Daje Tommà, daje forte co 'a pischella."
"Dì a Ethan che forse ho la canzone, ve la faccio sentire più tardi."
Ma Thomas annuisce frettolosamente, ha la mente altrove e sale in sella al motorino salutandomi con un paio di colpi di clacson.
"Hai la canzone quindi?"
Victoria è sulle scale che portano alle camere e  mi guarda curiosa , come una gatta, tutta sdraiata sinuosamente sulla ringhiera.
Metto le mani in tasca e pian piano risalgo le scale inumidendo di tanto in tanto le labbra.
Servita così su un piatto d'argento, come non faccio a divertirmi un po'? Come faccio a contenere questo ego spropositato che si nutre di narcisismo e desiderio altrui?
Fateme giocà finché si può.
"Senti, io me devo fa na doccia, se vuoi vieni in bagno e ne parliamo." Le arrivo ad un palmo dal naso, serrando il sorriso più innocente che ho in repertorio.
Victoria fa saettare i suoi occhi ovunque, ovunque tranne che nei miei.
"So che davanti a Thomas non parli, tantomeno davanti ad Ethan. Che voi fa?"

C'è sempre stata una certa confidenza data dai nostri caratteri totalmente disinibiti che star nudo davanti a Victoria non mi ha mai creato problemi.
Lei d'altra parte, non si è mai scandalizzata più di tanto.
Quel disinteresse mi ha reso a tratti insicuro , come se all'improvviso tutta la mia convinzione di essere irresistibile venisse trapassata e lacerata con una fredda freccia di indifferenza.
Ciò che mi rende pieno di me invece è come si arriva alla situazione.
È quella semi innocenza che Victoria si porta da sempre prima dell'atto, quel suo sviare controvoglia, quella lotta tra pudore, rispetto, e desiderio carnale
che mi fa eccitare così tanto, quasi da non volerla scambiare per nessuna al mondo in questo nostro gioco.
Entro in bagno, metto su uno di quei pezzi rock inglesi che fanno tremare le pareti e lascio che il pigiama mi cada giù per le gambe mentre ancheggio un po' a ritmo.
Slego i capelli e a tempo mi calo i boxer.
Faccio uscire l'acqua mentre mi lavo i denti.
Ste chitare me pompano in modo assurdo, e se ce penso, vorrei scoparci su.
Non appena sistemo l'accappatoio sul lavandino sento bussare sopra lo scroscio e la musica.
Parte "Wishing Well" dalla mia playlist e a tempo pattino sul pavimento fino alla porta.
"Damià?"
Apro uno spiraglio e Vic ha in mano i vestiti che avevo scelto prima.
"Thank you sweetie, vuoi entrare o rimani sulla porta?"
"Ma... sei nudo?" Balbetta.
"Sono sempre pronto, è diverso." Le ammicco ridendo come mio solito.
Victoria è rossa, ride per non menarmi e le tremano le ginocchia per l'indecisione.
Entra e non mi guarda mai né dal petto in giù né dalle ginocchia in su.
Con un passo di swing entro nella doccia e la vetrata a poco a poco si appanna, lei seduta sullo sgabello degli asciugamani che batte il tacco delle sue Clarks da inglesina, io che faccio colare il bagnoschiuma alle mandorle dalle clavicole in giù.
Si dimena un po' su quello sgabello, accavalla prima l'una e poi l'altra gamba, struscia le punte delle scarpe lucide, si gratta la nuca e tenta di essere il più discreta possibile.
"Quindi che vuoi chiedermi?" Le domando a voce alta sotto il getto bollente.
"La canzone che hai scritto è per lei?"
La sua domanda mi arriva lenta, scandita e carica di sospetto, come arrivano le domande su cui si medita una vita e si ha una sola possibilità di porle.
"Sì, dopo che l'ho riportata a casa m'è venuta in mente e l'ho scritta." Rispondo strofinando bene lo shampoo.
Victoria fa schioccare la lingua e scuote la testa.
Il bagno è una nuvola di vapore, non riesco a vederla da dietro il vetro con la condensa, ma so che espressione ha.
Sta sorridendo con una punta di gelosia e due gocce di incredulità.
"Hai perso la testa per lei."  Sputa fuori.
Distinguo le sue braccia che si incrociano al petto, e mentre mi passo il balsamo sui miei lunghi capelli le rispondo "Non posso darti torto."
"La conosci da una settimana." Alza la voce stizzita.
Chiudo l'acqua, esco dalla doccia ed infilo l'accappatoio.
"Victoria, mi spieghi che problema c'è?" Chiedo tutto gocciolante mentre lego la cinta dell'accappatoio.
Vic si alza e posatasi sul lavandino inizia
"Si può sapere che ti è preso?
Con una settimana te sei innamorato de una?
La conosci appena e fai robe impensabili.
Tra un mese che fai? Te la sposi?
Vacce piano Damià. Vacce piano."
Butto la testa all'indietro, infilo la lingua in mezzo ai denti e sospiro sonoramente.
"Apprezzo il fatto che te preoccupi pe' me, ma-"
"Non voglio che ti illuda. Non voglio che in un modo o nell'altro qualcosa possa andarti storto."
Conclude con voce rotta, distoglie lo sguardo, gira la testa dall'altra parte e tenta di nascondere tutta la tensione e la paura.
"Ehi -le poso un dito sotto il mento per farla tornare a guardarmi- non è come le altre volte, è diversa."
"Me lo auguro, non voglio che tu soffra per una che non potrebbe meritarti."
"Victoria mia, io faccio quel che mi sento, e ti dirò, mi sento come un ragazzino : sono felice."
"Mi preoccupo per te, non voglio-"
"Prova a non fare indagini al di sopra di ogni sospetto." La interrompo e le faccio un verso per cercare il suo consenso sorridendole e prendendo il suo volto tra le mani.
Victoria mi si scioglie tra le dita e mi abbraccia, posandosi sul mio petto imperlato di gocce sparse.
"Andrà tutto bene." Le sussurro tra i boccoli biondi.
"Non voglio che tu stia male come è successo in precedenza, ti meriti il meglio, non devi soffrire..."
"Non succederà."  Mando giù un nodo alla gola.
"Ci tieni davvero eh?" Si distacca per leggermi negli occhi.
Annuisco e mi porto i capelli umidi indietro, così che lei possa vedere chiaramente con quanta sincerità la guardo.
Victoria torna a sorridermi, un po' più fiduciosa, più tranquilla.
"Me prometti de chiederle na cosa?" Mi chiede con voce bassa e bambina.
"Cosa?"
"De non esse gelosa di me? Insomma -alza le mani- siamo fratelli."
Ed io sono nudo in bagno con te.
"Sarà fatto."  Rido passandomi l'asciugamano sui capelli.
"E tu promettimi di non darle la camicia leopardata: quella è mia, pure se lei è la ragazza tua."

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