11. La tana del lupo.

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"Eccole il resto, grazie signorina, arrivederci."
Il fotografo di fiducia mi tende una busta di carta alla cassa, al suo interno c'è un blocco compatto di foto appena stampate e un nuovo album da riempire.
"Fammele vedere dai." Insiste Damiano cercando di sfilarmele dalle mani fingendo un abbraccio.
Batte le lunghe ciglia e mi fa il labbruccio, ruffiano come pochi.
"Ma che vuoi vedere tu, mica ci sono foto tue qui eh!" Lo rimprovero, fallendo miseramente nel tentativo di rimanere seria.
Ti stai mentendo da sola, come pretendi che lui ti creda?
Guarda come ha inarcato le sopracciglia :
t'ha sgamata alla grande.
"E va bene dai, allora me le farai vedere più tardi."
Accelera il passo verso la macchina sculettandomi avanti con quel fare da diva offesa che lo contraddistingue.
"Perché ora dove andiamo?" Ripongo la macchina fotografica nella custodia.
"In un posto dove le foto escono davvero bene."

[...]
Il vento soffia fresco e piacevole sulle nostre gambe e sulle nostre braccia, troppo bello per non goderselo abbassando le maniche della felpa.
Se qualcuno mi chiedesse "come stai" io risponderei
"Adesso, ad esempio, mi sento viva."
Il cielo è una pennellata d'azzurro chiarissimo e cipria, il sole ancora alto sulla sinistra sta pian piano girando dietro le antiche strutture ad archi che proiettano ampie ombre.
Le persone intorno a noi riposano sotto gli alti alberi, c'è che gioca a pallone, chi si gode questa luce che comincia a tendere all'arancione.
Tra questi ci siamo io e Damiano, seduti su un telo di fortuna trovato nel portabagagli della sua macchina, reduce dall'ultima vacanza al mare dell'estate appena passata.
"Non hai freddo con sti leggins?"
Damiano mi posa la mano calda e venosa sulla coscia, un nuovo brivido mi pervade il corpo.
Non mi ci abituerò mai, è scontato?
"Un po', ma va bene così." Mi stringo le ginocchia al petto.
Aspiro dalla mia sigaretta in questo pomeriggio a Parco degli Acquedotti e soffio fuori cerchi di fumo che pian piano si rompono e si dissolvono via.
"Quante partite se semo fatti qui." Sospira
Damiano con la faccia contro il sole e dispettoso rompe un mio anello di fumo con l'indice ingioiellato.
"Io poche volte ci sono venuta, mi ero dimenticata di quanto fosse bello."
Il fumo il gola mi gratta via le ultime parole.
"Manco quanno facevi sega a scola?"
Scuoto la testa mentre aspiro nuovamente sotto il suo sguardo deluso.
" 'N sai che te sei persa." Il petto gli si scuote per una risata sommessa e per un ricordo impertinente.
Si aggiusta per bene sul naso gli occhiali specchiati e il suo sorriso abbozzato nasconde tutte le esperienze dei primi anni di liceo,
dalle mattine senza scuola ai pomeriggi con le ragazze.
Chissà che c'avete combinato qui tu e 'a combriccola tua.
Già ve vedo, simpatiche canaglie.
Che mi so persa, eh? Dai dimmelo.
Perché c'hai segreti co' me?
Che facevi mentre te cercavo senza trovatte mai
pe' i corridoi?
Non appena schiocco la lingua pensando a quelle giornate passate a mordere le matite, a sentire l'eco del suo nome nei bagni delle ragazze, Damiano caccia dallo zaino due bottiglie di birra e le stappa con l'accendino.
Ma vuoi sapere quante ragazze parlavano di te all'intervallo?
Vuoi davvero sapere che si dicevano quando ti vedevano fare il quadro svedese?
Ma forse già lo sai, avrai il telefono intasato di richieste su Instagram.
Le stesse ucciderebbero per stare qui,
e invece ci sono io,
che ucciderei se ti portassero via da me.
Scuoto la testa per mandar via i pensieri e torno ad osservare Damiano : è davvero felice adesso, quel tipo di felicità che si raggiunge con la pace dei sensi, con il rallentare dell'attimo.
Ogni sua cellula è definizione di idilliaca quiete.
Le labbra secche e spaccate da ore di prove di canto incessanti e gli occhi rossi di chi scrive di notte hanno lasciato posto ad un sorriso rilassato e
ad occhi riposati più limpidi.
Il vento gli passa tra i boccoli castani al sole, nastri d'oro al vento, e a me viene invidia perché vorrei passarci io con le dita.
"Cheers."
"A cosa brindiamo?" Domando curiosa.
"A noi - schiarisce la voce - a noi due."
Facciamo collidere i vetri delle birre con un sonoro brindisi e buttiamo giù il primo sorso ghiacciato e ristoratore.
"Ah, ce voleva proprio."
Damiano porta indietro le braccia ed incrocia le caviglie.
Ma tu sei bello davero come te metti te metti.
Potresti essere Apollo con la giacca di jeans ed io la tua Dafne con le Vans.
Ma io non fuggo.
Voglio star qui e tenere quest'istante fermo per sempre, come la scultura.
Non ho marmo e scalpello, mi accontento di quello che ho.
"Puoi rimanere così?" Gli chiedo mentre afferro la macchina fotografica.
"Me voi fa 'no shooting?" Si abbassa gli occhiali per guardarmi meglio negli occhi ed inarca le sopracciglia in quel modo che mi mette sottosopra la psiche.
"Rimani così." Gli ordino dopo avermi lasciato un bacio alcolico sulle labbra.
"Rimani fermo."
Nel regolare il fuoco dell'obiettivo il cuore mi va in gola ricordando la prima volta che l'ho fotografato al museo.
Te lo ricordi Mà?
Volevi fissare quel momento per sempre,
come adesso, ma adesso?
"Dovrai farmi delle foto con quell'affare che porti al collo." mi scrivesti sulle note del telefono.
Scatto e sento già le guance scottare.
"A proposito, ma le foto de prima?"
Chiede mentre è intento a girarsi in una cartina il mio tabacco.
Sfilo dallo zaino il pacchetto, glielo porgo e lui si sfrega le mani prima di iniziarle a sfogliare tutto incuriosito.
"Bella questa, è sempre un David?" Domanda indicando la statua nella foto.
"Del Bernini, molto diverso da più famoso di Michelangelo, ma in un certo senso lo preferisco."
E poi ci sei tu.
"Bello davero... e questa come me la spieghi?"
Gira la foto nella mia direzione e sbarro gli occhi.
Lui dall'altra parte del complesso dell'Apollo e Dafne, il giorno in cui ci siamo conosciuti.
Eccallà, come gliela spieghi?
"È stato uno sbaglio." Giustifico mentre cerco di strappargliela dalle mani.
"Uno sbaglio?! Ma sentila! Eri già cotta di me, come darti torto poi." Si sventola con la stessa foto vantandosi.
"Ma non è vero!" Mento di nuovo con voce più acuta.
Non sono più credibile.
"Dai, dimmi la verità." Si avvicina con l'orecchio teso e la sua smorfia di soddisfazione.
"Colpevole, mi avevi colpito e ti ho scattato questa foto." Alzo le mani.
Damiano mi sbuffa addosso compiaciuto il fumo e mi accarezza dalla tempia al mento.
"Adoro sto fatto che ti fai tutta rossa quando ammetti qualcosa, davvero.
Non smette mai che sei sincera."
Il cielo si è fatto completamente arancione, il tramonto è al suo culmine.
Ogni nuvola è impregnata di luce vermiglia e tutto si colora di oro e rosa intorno a noi.
Mi invita sotto la sua stessa giacca e sento le mani solleticarmi sul fianco.
Alle altre mica ce facevi così?
A me così non l'ha mai fatto nessuno.
O per lo meno nessuno me te.
Damiano allora risale il mio collo con dei baci che mi fanno smettere di pensare e mi trascina con sé sul telo.
"Ti squilla il telefono." Mi fa un po' scocciato, con i baci negati tra i denti.
Leggo sulla chiamata d'entrata "mia sorella."
"Ohi dimmi." Rispondo alzando gli occhi al cielo.
"Marta ciao, ascoltami : Cami non mi può ospitare pure questa notte ed io ho intenzione di fare una cena con tutte le ragazze stasera visto che mamma e papà non ci sono.
Rimangono a dormire, quindi tu..."
Sapevo io.
"Io me ne devo andare scommetto."
"Si per favore, ieri sera tu, oggi io."
"Hai ragione, dai ... mo' vedo che fare."
Ci salutiamo e chiudo la chiamata sbuffando e lanciando il telefono nello zaino.
"Pare che dovrai venire da me stasera."
Ripone via gli occhiali da sole e prende un altro sorso di birra.
C'hai n'espressione che me convince poco, sappilo.
"Così pare. Come faccio con i vestiti, il caricatore?"
"Ehi, ho messo due volte i tuoi vestiti,
stavolta metterai tu i miei, e di caricatore ne ho uno in più, de che te preoccupi?"
"Sicuro non sia un problema? I tuoi? Tuo fratello?"
"Se te lo sto dicendo vuol dire che non c'è problema, mo' però tu torni qui - indica al suo fianco - che nun me lasci così senza baciamme."

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