14. Lucky Strike alla menta

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"Let's get it started."
Ed è così che è cominciata.

"Il ragazzo tuo è un fenomeno, cazzo!"
"Ma quanto sono forti sti Måneskin ao"
"Hai capito Marta, eh?"
Lancio uno sguardo allo schermo del telefono che continua ad illuminarsi mentre spengo la televisione con le dita sporche di sale e paprika.
È appena terminato il primo live e ho un sorriso radioso che mi ingioiella tutto il viso,
tutto merito di Damiano e dei ragazzi che sono stati a dir poco mozzafiato nell'esibizione di stasera.
Sono ancora scalpitante e visibilmente emozionata.
E mo' chi te la toglie sta canzone da 'a testa?
Si te batte er core così mo', alla finale che fai? Arresto cardiaco?
Mia madre, che ha esultato fino alla fine, mi accarezza dolcemente la guancia,
vede in me, oltre che la prima fan del gruppo,
la fidanzata più orgogliosa e fiera al mondo.
"Ti rende così felice..." mi sussurra mentre scorro la miriade di messaggi che mi arrivano.
Alzo lo sguardo e la vedo sull'orlo delle lacrime.
"Tanto felice mammì, tanto."
Cerca di nascondere il viso nella vestaglia di pile e chiede
"Le amiche e gli amici tuoi che dicono?"
Continua a dissimulare la commozione.
"Si stanno tutti complimentando, ma rispondo più tardi, sono ancora troppo elettrizzata."
Te credo, non smetti de ride.
Rilassa i muscoli.
Ah no? Ngnià fai, ve?
Che te fa sto Damiano tuo, eh?
Corro in camera con mani e gambe che tremano,
gli occhi rossi di gioia, le guance che vanno a fuoco.
Vorrei gridare per il fatto che non posso chiamare o scrivere a Damiano, chiuso ora nel loft dei concorrenti, senza contatti con il mondo esterno,
ma qualcosa all'improvviso mi conforta, come se ricevessi da lontano, a chilometri da me, il suo pensiero, una vibrazione positiva che mi culla, come quando mi tiene e mi fa dondolare tra le sue braccia.
Infilo con difficoltà il pigiama e sprofondo sotto le coperte, in questo novembre gelido che è entrato senza bussare.
Non riesco a tenere in mano il telefono che vibra ogni quarto di secondo e tutta questa esaltazione la reggo a malapena.
Eh si... Arriva mo' la finale.
Se c'arrivo.
Forse me devo solo abituà.
Abituare a vederlo solo dallo schermo,
a dimostrargli quanto mi manca solo votandolo dall'app ufficiale del programma o dal tasto verde del telecomando,
a canalizzare la sua mancanza fisica in qualche modo.
"È stato solo il primo live" - mi ripeto -
"tra poco questa lontananza cesserà di separarvi."
Appena sento il battito normalizzarsi decido che posso prendere in mano il computer senza rischiare che lo schianti a terra.
Fisso il desktop luminoso e solo ora mi accorgo di una cartella che metaforicamente è rimasta lì a prendere polvere.
Ho quasi timore di farvi doppio click per aprirla,
ma un senso di nostalgia e di curiosità guida la freccia per visualizzare il contenuto.
Sono le vecchie foto del liceo.
Mo' se divertimo.
Traggo un respiro profondo e comincio a scorrere.
C'è tutta la mia adolescenza qui sopra.
Grazie a Dio documento tutto, come se la mia memoria di ferro un giorno decidesse di tradirmi.
La prima uscita didattica,
io e la mia compagna di banco del terzo superiore, Lello con la fidanzata del tempo seduti sulla panchina fuori scuola.
Paride che compra la prima cravatta.
Paride al KFC, Paride che guarda "il Divo" di Sorrentino.
Foto di lattine di coca cola e due libri sul tavolo per sentirsi meno in colpa.
Serate rappresentate da muretti con un numero imbarazzante di birre.
Il motorino appena comprato.
Lellino che si fa un giro sul mio motorino ancor prima che ci mettessi mano io.
I muri della classe segretamente trasformati in pagine di diario con tutte le frasi delle canzoni con cui ero in fissa.
Gli outfit delle prime feste studentesche.
I miei capelli rasati.
I calzini della Huff, le Vans consumate, i reggiseni sformati.
Balli imbarazzanti, occhiali rubati non ricordo a chi, lividi esageratamente vistosi.
Graffiti, zaini con scritte fatte con l'Uniposca , iPhone 4 rotti e colorati nelle crepe sul retro.
Skinny neri strappati alle ginocchia, camicie a quadri, skate di seconda mano e Dr. Marteens opache.
Gli Arctic Monkeys, gli NSP, Gemitaiz, i BMTH, Vasco Brondi.
Il dilatatore, le cannette e gli accendini  di Charlotte.
Le tinte, i primi pacchetti di sigarette e le prime sbronze con Alice.
I disegni sulle mani, i disegni sui quaderni.
I compiti in classe copiati ed inviati a F., al tempo seduta al banco davanti al mio.
L'occupazione, le ricreazioni passate ad elemosinare due tiri.
I permessi per entrare a seconda ora, le corse sotto la pioggia per entrare alla prima campanella, la pizza mai pagata.
La mia adolescenza, dal 2012, era tutta lì.

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