Capitolo 2 - The man who sold the world

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Tra i vari link che mi mandò Elettra passai il mio relativo tempo che passava in attesa della cena. Dovevo anticiparmi qualcosa da studiare, oppure recuperarmi la lezione persa di oggi pomeriggio ma non ne avevo molta voglia di conseguenza sprecai quel poco tempo a bazzicare su internet. Sentito il richiamo gutturale di Blitz sulla nota -stonata- di Stevie Wonder in "Sir Duke", mi alzai e mi diressi dove Hearthstone stava leggendo, per fortuna non sentiva quanto fosse stonato Blitzen a cantare e lo scossi da una spalla come segno muto per invitarlo a tavola. Dopo essermi seduto sbuffai di fronte al piatto e guardai storto Blitz.

«Omelette, sei serio?» Chiesi allargando le mani.

«Cosa hanno che non va?» chiese a sua volta confuso

«Ah, non lo so, è il quinto giorno di seguito che le fai!» sbraitai nervoso.

«E quindi?» replicò mettendosi a braccia conserte

«E quindi?» ribattei nervoso «Uova, burro e olio per cinque giorni, non ci vedo nulla di male, hai ragione!»

«Non ci metto il burro, ma la margarina!» precisò lui ad alta voce.

«OH, grazie, adesso mi sento meglio, sicuramente con la margarina non succederà niente di male!» commentai sarcasticamente «Sono la stessa cosa, Blitz!»

«Non è vero, è vegetale!» disse lui sbattendo i pugni sul tavolo

«Si, ma dopo la completa lavorazione diventa dannoso quasi quanto il burro, è come lo zucchero di canna!» sbraitai nervoso.

«Ma sentiti, sapientone!» mi sbeffeggiò Blitz

«Basta omelette! Basta uova e ci hai messo troppo sale, la ritenzione idrica!»

«La rite-che?»

«Basta, sto a digiuno! Mi hai fatto passare l'appetito»

Hearth sospirò finendo di mangiare e ci guardò entrambi sorridendo, che equivaleva alla sua risata normale, quando rideva a crepapelle sembrava un palloncino che si sgonfiava, per fortuna che non si poteva sentire.

«Sono buone le omelette, non litigate» spiegò Hearth guardandoci.

«Visto, sono buone! Lo dice Hearth» disse Blitzen mangiando «Squisite»

Incominciai a battere velocemente la forchetta sul piatto nervoso.

«Mangia, su! Non puoi andare a letto senza mangiare» disse Hearth dandomi una pacca sulla spalla.

«E va bene!» risposi iniziando a mangiare.

Andava a finire sempre così: io che mi lamentavo con Blitzen e iniziavamo a litigare per poi farci calmare da Hearth. Se non ci fosse lui non saprei che cosa sarebbe potuto accadere in questa casa. Anche se non mi andavano giù le omelette dopo il quinto giorno che le ingurgito. Ci tenevo all'alimentazione ma a cena arrivavo spesso sfinito e mi toccava mangiare ciò che cucinava Blitz e lui cucinava in base alla sua ispirazione. Se un giorno gli viene bene qualcosa ne abuserà almeno per una settimana per esserne gratificato, per poi cambiare i propri interessi. Mente piuttosto labile, non statica quanto alla mia che non crede più nell'universo. Ho passato parte dei miei pochi anni di vita nel trovare uno scopo a questa vita, ma non volevo uno scopo assoluto o scientificamente provato, ma uno scopo tutto mio che mi permettesse di basare la mia vita su qualcosa, così è piuttosto noioso. Finendo di mangiare era il mio turno di fare i piatti, perché sì, avevamo stabilito dei turni e magicamente quando toccava ad Hearth se la cavava sempre nel farlo fare o a me o a Blitzen. Odiavo lavare i piatti, mi faceva schifo toccare i resti di cibo ma era un lavoro che dovevo fare, anche se avevo intenzione di sistemarmi in futuro, di avere qualcuno al mio fianco, figli ecc... E ho conosciuto fin troppe femministe -colpa di Blitz- da convincermi che forse dovrei lavare i piatti e non fare il maschio patriarcale. Finito di fare tutto mi andai a lavare per poi iniziare la prossima giornata meglio di quella di oggi. La mia filosofia era sempre di migliorarsi ogni giorno e sperare che vada meglio del precedente. Crearsi dei preconcetti precisi migliora l'aspetto della vita, quello psicologo non era del tutto matto da legare, eppure era il primo psicologo che conoscet ad essere dichiarato gay o altro. Mamma premeva che ci andassi prima di andare all'università e come al solito doveva spingermi ad andare dal migliore. Sistemai la sveglia più presto del solito, forse riuscivo a non arrivare in ritardo a lezione come al mio solito. Sappiate che i professori dell'università spesso si impuntano su queste cose e si ricordano di chi fa ritardo o di chi non frequenta, così all'orale passate le pene dell'inferno, ne sapevo qualcosa.

Ho dato uno scopo alla mia vita: l'amore (Fierrochase)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora