Capitolo 13 - Try

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Con il terzo drink pensavo che potesse passarmi la mia attuale situazione di nervosismo ma adesso che l'alcol infestava il mio pensare lucidamente forse lo ero ancora di più. Sospirai e mi alzai dal bancone, forse con il groppo in gola, forse con troppo coraggio dato dalla vodka, forse con stupidità, forse con un sacco di cose che alla fine non andavano molto bene. Mi avvicinai ai due e guardai il tizio con un sorriso.

«Puoi girare a largo, per favore?» Chiesi 

«Come?» Chiese lui.

«Vattene, aria!» Affermai minaccioso.

«Vai, per favore, non è niente» disse Alex mordendosi il labbro inferiore.

Ci guardammo per un paio di minuti, lei era visibilmente arrabbiata, probabilmente io sembravo un idiota, sentivo la testa leggere e dolorante, mi sentivo abbastanza stordito ma sentivo ancora la morsa al cuore che speravo di eliminare con un paio di vodka, feci un sorriso ironica.

«Cosa ti ha dato il diritto di comportarti così?» Mi chiese mettendosi a braccia conserte.

«Nessuno ma tu non hai il diritto di provarci con altre persone dopo aver rifiutato me!» Affermai mettendomi una mano sul viso «Non è carino, non è bello... Non è okay»

«E chi ha detto ch...»

«Senti... Adesso ti dico il mio punto di vista... Tu hai paura di soffrire per amore, ma... Nella vita si soffre, di molte cose ma secondo per che cosa vale la pena soffrire? Credo che soffrire per amore ne vale la pena perché ci sono più benefici che altro. Fa male quando ci si spezza il cuore ma, ne vale totalmente la pena per tutto quello che ne guadagni. Se non per amore per cosa vorresti mai soffrire?» Spiegai guardandola «Io ti chiedo di... Provarci, se mi rifiuti ancora, ti lascerò in pace, te lo prometto.

Lei mi guardò forse affascinata, forse ferita, non riuscivo a capirlo, ero molto stordito. Cerci di fare un sorriso rassicurante ma lei storse la bocca e se ne andò senza dire niente. La guardai andare via un'altra volta, aprii la bocca per dire qualcosa ma non uscì nulla. La lasciai andare di nuovo, forse con il cuore più distrutto. Eppure non sapevo la risposta, non ne avevo ricevuta alcuna. Mi misi le mani sul viso disperato, con lei era sempre tutto un casino, non ci stavo capendo nulla di nulla, stavo impazzendo. Volevo demolire il locale quindi l'idea più razionale che potevo avere era andarmene con Hearth. Lo raggiunsi e lo portai fuori furioso, non avevo nemmeno voglia di esalare nessun tipo di respiro, non volevo dire nulla, perciò comunicai con il linguaggio dei segni mentre andavamo alla macchina.

«Voi che sentite vi perdete un sacco di cose perché date troppa importanza al rumore delle parole» affermò Hearth fermandosi e guardandomi negli occhi.

«Che cosa intendi dire?» Chiesi perplesso.

«Che le parole più importanti sono quelle che non si sentono» affermò lui sorridendo.

«La rendi più complicata del previsto!» Replicai sospirando «Io non la capisco, Hearth»

«Qual è il problema? Non la capire allora» disse lui facendomi l'occhiolino. «Lei ho capito che è così, come va e va, non stare lì a ragionare, fai e basta»

«Tu dici che questa potrebbe esser una probabile soluzione?» Chiesi sospirando.

«No, come ho detto è... tutto casuale, non puoi prevedere nulla, mettitelo in quella testa dura che ti ritrovi e smettila di deprimerti, accidenti.» rispose lui stirandosi. «Quando capirai questo allora potrai trovare la tua tranquillità e pace»

Strinsi i pugni nervoso e salii in macchina senza dire altro. Avviai la macchina diretto verso casa, o meglio verso il letto. Volevo andare a dormire e svegliarmi il mese prossimo dove magari la mia famosa cotta sarebbe sparita, ma mi conosco e non è così semplice per me almeno. Hearth ogni tanto si girava a guardarmi, forse si aspettava che dicessi qualcosa ma non c'era niente da dire al momento. Avevo anche lasciato Blitz da solo, ma ero abbastanza egoista da infischiarmene. Dopo aver parcheggiato mi massaggiai le tempie assorto e forse anche più triste del dovuto. Non sapere fa più male di una risposta secca. Salendo a casa mi buttai tra le coperte esausto mentalmente e fisicamente, sospirai fino a farmi male il petto e schiacciai la faccia contro il cuscino, probabilmente mi addormentai quasi immediatamente ma è stato un sonno quasi impercettibile, sembrava essere durato pochi secondi, eppure era pomeriggio passato. Mi alzai senza dire buongiorno oppure buon pomeriggio, andai diretto in bagno a lavare via i miei pensieri anche se quel giorno non ne avevo di pensieri, non pensavo a niente soltanto a fare le cose come un automa. Dopo aver finito andai in salotto e come sempre trovai Hearth e Blitz sulla poltrona il primo a leggere e il secondo a guardare la tv. Appena Blitz mi vide si alzò immediatamente e mi fece un caldo sorriso non proprio corrisposto. 

Ho dato uno scopo alla mia vita: l'amore (Fierrochase)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora