Viziati

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Ero grato ai miei zii e ai cugini di mio padre per essersi presi cura dei miei fratelli. Negli anni in cui avevamo vissuto separatamente non avevo fatto altro che ringraziarli per l'onere che si erano presi, ma ora, mentre Martina, Daniele e Francesco giocavano seduti sul tappeto di casa dei miei zii, tanto grato non ero.

Avevano comprato loro altri giocattoli, sapendo che saremmo andati a trovarli, e io ero stufo del fatto che continuassero a viziarli. Inoltre, i loro armadi erano sommersi di giocattoli e non avrei saputo dove metterne degli altri.

«Allora, Donato, come stai?» mi chiese zio Valerio, prendendomi in disparte. Zio Valerio era uno dei fratelli di mio padre, più piccolo di lui di due anni. Non gli somigliava molto, se non per qualche dettaglio del viso, come il naso fine e le mascelle pronunciate.

«Mh...» mormorai, lanciando un'occhiata ai tre che ancora mostravano il loro entusiasmo per i regali ricevuti. «Così e così. A volte sono tranquilli, a volte di meno. Sono molto in ansia per la visita dei servizi sociali, comunque. Ci siamo trasferiti da quasi un anno, ma la casa è ancora un casino. Non riesco mai a pulirla come vorrei e il disordine è ovunque.»

«Posso immaginare, magari puoi pagare una donna delle pulizie, oppure qualche volta possiamo venire ad aiutarti, anche se, con il lavoro, non credo ci riesca molto facile...»

«Assolutamente no, non preoccuparti» risposi. «Non vorrei mai darvi altri fastidi. Vedrò come fare.»

«Non è mai stato un fastidio per noi, lo sai.» Zio Valerio si girò a guardare i miei fratelli e un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo volto. «Sono contento di avervi aiutati. Mi rende felice vederli sorridere.»

«Anche a me, zio» concordai. «Però non avreste dovuto comprare loro altri giocattoli, ne hanno abbastanza.»

«Oh, sciocchezze!» esclamò lui, accompagnando la frase da un gesto con la mano. «Sono delle sciocchezze. Poi magari quando Andrea si sentirà meglio e verrà a trovarci ne compreremo uno anche a lui.»

«Zio, ti ripeto: non è necessario» continuai, mentre in realtà pensavo al fatto che Andrea avesse di nuovo la febbre.

«E io ti ripeto che non è un problema e che...»

Però zio Valerio non continuò perché entrambi sobbalzammo a sentire Daniele e Francesco gridare. Ci voltammo nella loro direzione e capii che stavano bisticciando per uno dei giochi che avevano ricevuto. Gli zii non erano stati molto previdenti nel regalare loro tre giochi diversi. Avevano fatto una differenza con Martina, comprandole una bambola, ma non avrebbero dovuto farla per Daniele e Francesco. Considerando che mai e poi mai gli avevo visti scambiarsi i regali, o si comprava loro lo stesso giocattolo, o avrebbero finito per scannarsi, come infatti stava accadendo.

Mi fiondai su Daniele un attimo prima che potesse colpire Francesco con il trenino che aveva ricevuto.

«Daniele!» lo rimproverai, prendendolo per la maglietta e tirandolo indietro. «Non si fa!»

«Non vuole darmi il suo giocattolo» replicò lui, carico di collera.

«Sì, perché è mio! Tu hai il tuo!»

«Voglio giocarci lo stesso. Dammelo!»

«No!»

«Daniele, basta!» mi intromisi io. «Tu hai avuto il tuo giocattolo e Francesco il suo. Tu fai giocare Francesco col tuo?»

Daniele sembrò rifletterci per qualche secondo, ma poi, invece di rispondermi, scoppiò in un pianto a dirotto. Batté i piedi per terra come un forsennato, urlando e dimenandosi perché a tutti i costi voleva il giocattolo di Francesco. Martina, al sentire Daniele piangere, cominciò a tirare su col naso e gli occhi le si riempirono di lacrime. Subito, le presi le mani e le dissi che andava tutto bene, che non c'era nessun motivo valido per piangere.

Io e i miei sette fratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora