Promessa

1K 71 57
                                    

La sera che baciai Ilian per la seconda volta, non dormii per niente. Le nostre effusioni non c'entravano niente con la mia insonnia, però. Il vero motivo era l'ispirazione improvvisa che mi era venuta per risolvere i nostri problemi. In realtà parlare di improvvisa non è proprio esatto, visto che ci avevo spesso pensato ma avevo sempre abbandonato l'idea.

Tuttavia grazie a David e alle reazioni dei miei fratelli mi ero deciso a metterla su carta e ora, con i miei fratelli seduti attorno al tavolo davanti a me, avrei dovuto esporla. Avevo fatto un casino infernale, tra fogli, penne, cartoncini e quant'altro e loro osservavano il tutto stupiti e forse anche un po' impauriti. Simone, Corrado e Giovanni non sapevano ancora niente, ma ero sicuro che avrei avuto il loro appoggio.

«Allora» cominciai, in piedi e con un ginocchio poggiato sulla sedia che di solito occupavo durante i pasti. «Stanotte ho pensato ad alcuni cambiamenti che da ora in avanti metteremo in atto. Tutti, dal primo all'ultimo.»

«Donato, hai dormito?» mi interruppe Giovanni.

«No, non proprio» continuai, ignorando l'occhiata che mio fratello lanciò a Corrado di fianco a lui. «Come dicevo, ci saranno dei cambiamenti, ma soprattutto delle regole. Sono stanco del caos che regna in questa casa, di non essere ascoltato da voi e soprattutto di non vedere miglioramenti nella nostra convivenza, perciò adesso si fa come dico io.»

Mi fermai per osservare le loro reazioni e magari rispondere a domande, ma non avvenne e allora proseguii. L'assenza di sonno mi aveva reso adrenalinico, come drogato, e se davvero nessuno di loro avrebbe opposto resistenza, avrei discusso per ore e ore sulla mia idea.

«Bene, vedo che è tutto chiaro. Ci ho pensato molto e la cosa che mi ha dato di più fastidio è stato constatare che solo noi grandi svolgiamo le faccende domestiche e questo fa sì che questa casa sia sempre sporca e disordinata. Mi rendo conto che siete piccoli e che di certo non potete fare chissà che, ma una mano in casa dovete iniziare a darla anche voi. Qui» e indicai lo schema delle faccende, «ho diviso i compiti in base alla frequenza, alla difficoltà e al tempo di impiego. Ogni giorno cambieremo turno così che tutti faranno tutto, nei limiti del possibile, s'intende.»

Mi staccai dalla tavola, presi il foglio su cui avevo segnato tutto il mio piano e feci cenno ai ragazzi di seguirmi. I più piccoli erano quelli più incuriositi, ma comunque nessuno parlava.

Li portai nella camera da letto di Martina, Daniele e Francesco e dissi loro che ogni mattina, prima di andare a scuola, avrebbero dovuto rifare il letto. Promisi a tutti loro, anche ad Andrea, che avrei insegnato loro a farlo, ma che poi avrebbero dovuto cavarsela da soli. Se non avessero imparato, avrebbero dormito in un letto messo a soqquadro, perché nessuno di noi li avrebbe aiutati. Lo stesso discorso valeva per i giocattoli, con la variante che, se non li avessero riposti, non li avrebbero più trovati. La cosa, come supponevo, spaventò a morte Daniele e Francesco.

Poi li condussi in bagno, dove spiegai loro dove mettere i vestiti sporchi, che dopo essersi lavati i denti o comunque dopo aver sporcato il lavabo dovevano passare uno straccio per pulire velocemente il tutto, evitando così di lasciare dentifricio incrostato e quant'altro.

Ritornammo quindi in cucina e lì feci capire loro che dopo aver mangiato ognuno doveva riporre il proprio piatto tra quelli da lavare e che poi, col tempo, avrebbero dovuto imparare anche loro a lavarli.

«È tutto chiaro?» dissi, fermandomi al centro del salotto. Avevo esposto tutte le mie idee e ora aspettavo solo una conferma da loro.

«Sì» sussurrò un timido Giovanni.

Mentre Daniele andrò dritto al punto, chiedendomi: «E se non facciamo tutte queste cose?»

Sorrisi.

Io e i miei sette fratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora