«No, Daniele, fermo!» gridai, mentre nel frattempo toglievo dalle mani di Francesco il regalo. Lui mi guardò male e io mi affrettai a far spostare anche Daniele dai regali. «Prima dovete fare colazione.»
«La facciamo dopo» propose Francesco.
Con cautela mi feci spazio tra le loro gambe e presi Martina in braccio, poi tirai su per la manica del pigiama Andrea e feci segno a Daniele e a Francesco di seguirmi. «Prima facciamo colazione tutti insieme e poi apriamo i regali.»
Loro si lamentarono, ma poi si misero a tavola; lasciai che Corrado si sedesse con loro e li controllasse, mentre con l'aiuto degli altri preparavo la colazione. Non potevo lasciare che aprissero prima i regali, o poi avrebbero voluto giocarci e quella mattina dovevamo fare mille cose, tra cui andare presto alla scuola di danza per preparare le ultime cose per lo spettacolo.
Non li avevo mai visti mangiare così in fretta, ma almeno ero riuscito a fargli fare una colazione completa. Seduti attorno all'albero di Natale, con gli occhi pieni di speranza e i sorrisi pieni, erano uno spettacolo. Cercai di impormi di ricordare quell'immagine per sempre e forse ci riuscii.
I bambini scartarono prima i regali che avevano chiesto a Babbo Natale e furono tutti contenti, poi io, a uno a uno, porsi un extra, un regalo che non avevano chiesto.
A Martina diedi dei walkie talkie, così che avrebbe potuto parlarci anche di notte, se ne avesse avuto il bisogno. In questo modo, come aveva scritto nella lettera, non avrebbe dovuto preoccuparsi per noi.
A Daniele diedi l'Allegro Chirurgo, così che avrebbe potuto esercitarsi, come aveva chiesto, nel caso in cui qualcuno di noi si fosse rotto un osso.
A Francesco diedi un finto kit di pronto soccorso, così che non saremmo dovuti andare all'ospedale, ma ci avrebbe pensato lui.
E infine, ad Andrea, dissi di seguirmi in camera mia. Il suo regalo era stato quello più impegnativo, soprattutto da nascondere, ma alla fine ce l'avevo fatta.
Accesi la luce della mia stanza con alle spalle tutti i miei sei fratelli; Andrea era accanto a me e tratteneva il respiro. Non se ne accorse perché era coperta da un telo, ma quando lo tolsi e vide la scrivania ne fu stranito, mi fu chiaro che non sapeva bene cosa dire e se gioire o no.
«È tutta tua» gli dissi. «Puoi venire qui per studiare o per tutto quello che vuoi.»
«Davvero?» chiese, mentre si avvicinava per vederla meglio. Era una scrivania di legno chiaro, che avevo montato insieme a Simone. Sopra, poi, ci avevamo messo anche un portapenne, una lampada e un diario. Sotto consiglio dello psicologo, infatti, l'avrebbe aiutato per migliorare sempre di più, dato che le sedute si erano concluse.
«Sì, ti piace?»
«Molto.»
Andrea mi abbracciò, prima di mettersi seduto alla scrivania. Daniele e Francesco borbottarono qualcosa sulla stranezza di Andrea, sul fatto che non comprendevano la bellezza del regalo, ma Corrado li mise in riga con un ceffone ben assestato dietro la testa e loro la smisero.
«E adesso tocca a te» dissi a Giovanni.
«A me?»
Giovanni arcuò un sopracciglio, stranito. Avevamo deciso, solo per quell'anno, di non scambiarci regali tra noi grandi, ma avevo fatto un'eccezione per Giovanni, o meglio l'avevamo fatta tutti.
«Già, vieni.»
Titubante ma curioso, Giovanni mi seguì fino in salotto, dove gli porsi il regalo che avevo nascosto dentro la credenza. Era un pacco piccolo e leggero.
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Io e i miei sette fratelli
Художественная проза*** PREQUEL DI IO E I MIEI SETTE FRATELLI MAGGIORI*** Donato Leonardi ha solo diciannove anni quando i suoi genitori muoiono in un incidente d'auto lasciando lui e i suoi sette fratelli minori orfani. Il lutto sconvolge le loro vite e li costringe...