Tamponai ancora un po' il viso di Daniele con l'acqua ossigenata e poi mi assicurai che il sangue avesse smesso di scendere. Per fortuna non si era fatto molto male e il mio cuore aveva ripreso a battere a un ritmo normale, ora che mi ero reso conto che non era successo nulla di grave. Daniele stava bene, aveva solo qualche graffio, ma ero lo stesso molto arrabbiato con lui.
Lo guardai di sbieco, cercando di intimorirlo, ma lui non ne voleva sapere di abbandonare quello sguardo deciso e fermo.
«Allora, mi dite che è successo?» riprovai. Mi scansai da Daniele e incrociai lo sguardo anche del ragazzino con cui mio fratello aveva fatto a botte: David. «Uno dei due deve muoversi a parlare e subito.»
I due, però, avevano le labbra cucite. Intanto, Corrado li aveva portati da me uno con lo zigomo graffiato e l'altro con il mento sbucciato. Si erano azzuffati e avevo dovuto medicarli, ma non ne avevano voluto sapere di dirmi il motivo. Corrado era uscito un attimo dalla sala e li aveva trovati a terra, uno sopra l'altro.
Temevo che la colpa fosse di entrambi e che quindi non volessero dirmelo per quel motivo.
«Parlate» continuai.
Daniele tirò un respiro profondo e per fortuna cominciò a dire: «Stavamo facendo gli esercizi per l'apertura insieme e lui è impazzito.»
«Non è vero» scattò l'altro.
«Sì, che è vero!» esclamò Daniele. «Hai fatto tutto tu.»
«Net.»
«Sì, invece!»
«Basta» m'imposi io. «Daniele, non credo proprio che David sia scattato senza motivo. Che cosa vi siete detti?»
Daniele scrollò le spalle. «Niente, io gli ho detto solo che la sua apertura non era un granché...»
Non servì che Daniele aggiungesse altro, perché capii tutto subito. Rivolsi un'occhiata comprensiva a David e lui abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, in imbarazzo. Nella mente, quando Daniele aveva pronunciato quella frase, mi erano subito ritornate le parole che Ilian aveva detto circa il fratello e la sua apertura. Evidentemente, non era la prima volta che Ilian faceva un commento simile e forse non era nemmeno la prima volta che David se l'era sentito dire, solo che stavolta, con mio fratello, non aveva avuto la pazienza di lasciar perdere.
Dato quello a cui avevo assistito qualche giorno prima, non mi sembrava nemmeno tanto strano che fosse così nervoso.
«Va bene, forse vi siete capiti male» dissi. «Che non capiti più. Andatevi a cambiare.» Entrambi saltarono giù dalle sedie sopra le quali li avevo fatti sedere, ma trattenni David. «Resta un attimo» lo fermai, mentre mi assicuravo che Daniele andasse nello spogliatoio. «Devo parlarti.»
Feci risedere di nuovo David sulla sedia e mi appoggiai col sedere alla scrivania che era alle mie spalle.
«Senti, David» cominciai, «lo sai che io sono costretto a dire ai tuoi genitori cos'è successo.» Se anche avessi voluto tacere sulla loro "rissa", i segni sul viso di David erano evidenti e i genitori avrebbero di sicuro chiesto spiegazioni, dato che prima di venire alla scuola di danza non li aveva.
Tuttavia, l'idea di quello che sarebbe potuto accadere a David, se Alexander avesse saputo che suo figlio aveva picchiato mio fratello, mi faceva stringere lo stomaco in una morsa. Al solo pensiero mi sentivo male e proprio non avrei voluto essere la causa di altre botte che avrebbe potuto prendere.
«Lo so» mormorò lui, abbassando di nuovo gli occhi sul pavimento.
Sospirai. Avrei potuto essere giusto e sincero e dire tutta la verità; oppure avrei potuto mentire e magari dire una mezza verità.
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Io e i miei sette fratelli
General Fiction*** PREQUEL DI IO E I MIEI SETTE FRATELLI MAGGIORI*** Donato Leonardi ha solo diciannove anni quando i suoi genitori muoiono in un incidente d'auto lasciando lui e i suoi sette fratelli minori orfani. Il lutto sconvolge le loro vite e li costringe...