Sempre il cattivo

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Ero seduto attorno al tavolo di casa Sakiridov, con Martina sulle gambe e con Ilian al mio fianco. Avevamo finito di mangiare e ora i bambini stavano giocando tutti insieme, mentre i miei fratelli erano sul divano a parlare con Alexander e Katerina. Io ero rimasto in disparte perché Martina, quella sera, era intrattabile e non ne voleva sapere di calmarsi; così me l'ero messa sulle ginocchia e la intrattenevo nei più disparati modi.

Ilian accanto a me non so che si era messo a fare, visto che non mi rivolgeva la parola, limitandosi invece a sgranocchiare noccioline e altra frutta secca. La cena per fortuna era stata tranquilla, i miei fratelli avevano mangiato tutto senza fare capricci e non era nato nessun argomento imbarazzante, come l'ultima volta che ero stato a cena dalla famiglia Sakiridov.

David era riuscito a inventarsi non so quale gioco con Francesco, Daniele e Andrea e non facevano altro che inseguirsi e acciuffarsi per tutto il salotto. Con tutta onestà, non mi davano fastidio – forse perché ero abituato a quel caos – ma Ilian, invece, cominciò a innervosirsi. Per prima cosa lanciò occhiate cariche di odio a suo fratello, poi sbuffò sonoramente, tuttavia quando si accorse di non star ottenendo attenzione da lui, lo chiamò per nome.

«David!» urlò. Il bambino, arrivato proprio dietro la sua sedia, si fermò a guardarlo. «Stoy na meste: ty delayesh' adskiy besporyadok.»

David, affannato, inghiottì. «Opravdaniye» rispose. Poi si avvicinò a me, sorrise a Martina. «Giochi con noi?»

«Lasciala stare» si intromise Daniele, fermatosi anche lui per le grida di Ilian.

«Vuoi giocare?» le chiesi io, invece. Sarebbe stato fantastico se avesse accettato, perché davvero non ce la facevo più e non sapevo più come fare con lei. Quando le prendevano quei momenti di seccatura di solito era perché aveva sonno e allora la costringevo a mettersi il pigiama e ad andare a letto, ma in quel momento non potevamo e sarebbe stato da maleducati andarsene.

Lei, per fortuna, annuì e scese dalle mie gambe. David le strinse la mano e insieme agli altri andarono a giocare, col permesso di Alexander, in camera di David e Ilian.

Sospirai, sollevato, mentre Ilian sbuffava infastidito.

«Che ti prende?» gli domandai.

«Niente. Non mi prende niente.»

«Sicuro? Sembri... infastidito e forse anche un po' arrabbiato.» Ilian aveva passato gran parte della cena in silenzio e con l'espressione incupita, come se gli fosse successo qualcosa o come se fosse, appunto, infastidito da qualcosa. Non che Ilian fosse chissà quale grande oratore, ma avevo notato un certo cambiamento.

«Non sono arrabbiato» replicò, prima di girarsi verso di me per guardarmi negli occhi e smettere di giocare con le bucce degli anacardi.

«Sicuro? E quella di prima come la chiami, se non rabbia?» Indicai un punto impreciso, ma comunque in direzione della sua camera da letto, dove ora c'erano i miei fratelli e David.

«Quello» e replicò il mio gesto, «si chiama avvertimento.»

«Sei esagerato con lui.»

«Non lo sono affatto» si difese. «Anche perché posso assicurarti che, se non metto un freno a quello lì, quello lì» fece cenno con la testa a suo padre, «agisce senza nessun avvertimento.»

«Mi stai dicendo, quindi, che questo è il tuo modo di difenderlo?»

Lui abbozzò una risata che gli fece comparire le fossette sulle guance. «Sì, esatto. Sono molto protettivo nei confronti di mio fratello, anche se pensi il contrario.»

«Penso solo che sei, anzi, che siete troppo duri con lui. È un bambino buonissimo e invece voi lo trattate come se fosse incontrollabile. Ti posso assicurare che preferirei mille David a un solo Daniele o a un solo Francesco... per non parlare di quando fondono le loro teste.»

Io e i miei sette fratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora